Corriere della Sera - Io Donna
CHE BELLO L’ASILO SE NONÈ O BBLIGATORIO
Di Cristina Lacava
immagine della disperazione è il bambino incollato al finestrone dell’asilo che dà sul giardino, occhipieni di lacrime, singhiozzi convulsi, e dall’ altro lato i genitori angosciati, mentre la maestra cercadi far capire che devono andarsene, nel giro di due minuti passerà. Ha ragione, certo. Mach i non ha mai pensato: lo prendo e lo porto via? Tanto, l’ asilo non è obbligatorio. In Italia, come in Francia, la qua sito talitàdeib ambinitrai 3 e i 6 anni frequentala scuola dell’ infanzia. Ma in Francia dal 2019 l’ eco le mater nelle sarà obbligatoria. L’hadecisodi recente il presidente Emmanuel Macron: l’asilo è parte integrante del sistema formativo ed è il primo luogo dove si realizza l’uguaglianza, si sviluppa il linguaggio esi dà spazio alla crescita del bambino ,« in modo dolce, senza forzarlo », spiega Marco, dirigente italiano che abita a Parigi .« Mai francesi lo sanno già. Per
loro, il primo giorno di scuola non è co meda noia 6 anni, maa3. Le foto che restano sono quelle dell’ ingresso all’ é cole matern elle, coni genitori emozionati ». In Italia, l’asilo statale ha appena festeggiato 50 anni. Grazie alla legge 444 del 1968, infatti ,« lo Stato interveniva là dove serviva, senza sovrapporsi» spiega Susanna Mantovani, docente emerito di Pedagogia all’ università di Milano Bicocca. A Milano e in tante città c’eranogià gli asili comunali, o quelli parrocchiali .« Fin da subito è stata una buona legge, e oggi la scuola dell’ infanzia funziona: è inclusiva, legata alla comunità. C’ è collabora- zio ne tra pubblico statale, comunale e paritario ». In quanto all’ obbligatorietà, la pedagogista è scettica :« Preferisco una scuola garantita a tutti i bambini piuttosto che una scuola obbligatoria. Siamo già al 95% di iscritti: se l’obbligo servisse a trovare le risorseper arrivare al 100%, sarei d’accordo. Lo stesso se garantisse a tutte le maestre il contratto statale, più vantaggioso in termini economici e d’ orario. Se invece obbligo significa più rigidità, allora meglio dino ».
Sul fatto che l’ asilo sia un bene, sono tutti d’ accordo: oggi in Italia 1 milione e 100 mila bambini ne frequenta uno pubblico, mentre 433mila sono quelli iscritti alle strutture private( tra questi, oltre 110 mila in Lombardia ). Ma è davvero indispensabile frequentarlo per 3 anni? Qualcuno ne dubita, soprattutto al Sud ,« dove resiste una rete familiare di supporto con nonni e zii che viene considerata un’ alternativa valida» interviene Alessandro Giuliani, direttore del quotidiano online La tecnica
della scuola. Basta un’ influenza, qualche capriccio e la decisione è presa: «Mio figlio preferisce restare a casa, coni nonni e i suoi giochi, fare il riposino. Io lavoro solo al mattino. Perché forzarlo alla socializzazione se per ora non ne ha bisogno?» si chiede Cristina, di Catania. «Magari settembre ci ripenserò». Molto più al Nord, la situazione è diversa: in Lussemburgo l’ obbligo scolastico parte dai 4 anni .« E se fai assenze, ti devi giustificare» racconta Angela, tornata da poco a Milano .« Funziona un po’ come un apre scuola, e ora che mia figlia è in una silo italiano devo ammettere cheèavanti rispettoai compagni».
Ma la funzione dell’asilo, ribattono altri, non dev’essere di imbottire il cervello di conoscenze. A quello ci penserà (fin troppo) la scuola vera e propria, con il suo corredo di stress e valutazioni al decimale. Quel che conta, tra i 3 e i 6 anni, è giocare( imparando alcune regole ).« Così si stimolala psicomotricità e la capacità di negoziazione» interviene Andrea, romano, papà arcobaleno di 3 figli .« Soprattutto in un Paese di figli unici come il nostro ». Qualcuno obietta che con la socializzazione si perde il gusto dell anoia, e del silenzio .« Balle» replica Andrea. «L’alternativa è lasciare i figli soli con il tablet, o davanti alla tv. Oggi le occasioni d’ incontro sonorare fatte, soprattutto in città. Chi scende più in cortile a giocare ?». Certo serve gradualità nell’inserimento, e rispettodei tempi di ognuno. «Ma le maestresanno farlo. E se si impara a 3 anni a essere puntuali, meglio» aggiunge la pedagogista. In Francia il dibattito neanche si pone :« Entrambi i genitori lavorano, il figlio è sempre affidato a qualcuno fuori dalla famiglia, ancheperché i nonni spesso lasciano la città. Non cambia niente», diceMarco.
Da noi, qualche perplessità la parola obbligo la suscita («Poverini, costretti ad andare a scuola a 3 anni!»). Ma tranquilli: non succederà. «Vent’anni fa Luigi Berlinguer voleva anticipare l’obbligo scolastico a 5 anni, per un riordino dei cicli», dice Alessandro Giuliani. «LaBuona Scuola ha accolto la proposta della senatrice Francesca Puglisi sul riordino del sistema 0-6, ma l’obiettivo è soprattutto diffondere i nidi d’infanzia. Nessunobbligo». Tanto, dovetrovare i soldi?
Serve gradualità e rispetto dei tempi di ciascuno. E imparare qualche regola in tenera età non fa male