Corriere della Sera - Io Donna
NEL NOME DI ELIO FIORUCCI
Impazzivamo tutte per i suoi angioletti e per i JEANS DALL’ANIMA RIBELLE. Eclettico, libero di spirito e di gusto, ELIO FIORUCCI ha inventato la moda pop in Italia. Una cronista che lo ha conosciuto bene ce lo racconta, in vista di una mostra che ne riper
Come in una società segreta, i “fioruccisti” si conoscono tutti. Collaboratori, talenti e amici dello stilista sono rimasti tutti in contatto
Come una società segreta, i fioruccisti si conoscono tutti: per rapporti personali, passaparola, relazioni che si intrecciano tra collaboratori, amici, talenti un po’ bislacchi che fondono comportamenti, punti di vista, uno stile. Caratteristiche molto milanesi e, insieme, internazionali, che si rispecchiano in Elio Fiorucci e in tutta la sua vita nella città “che ama il nuovo” e dove trovava “un sostrato dell’america”.
Per questo il libro-catalogo che accompagna la mostra Epoca Fiorucci (23 giugno-13 gennaio 2019, Galleria Internazionale d’arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia. Editore Consorzio Museum Musei) è un piccolo monumento di 450 pagine, al quale hanno contribuito venti tra critici e testimoni di quel mondo. Compreso Gillo Dorfles, uno dei più originali studiosi italiani, con quello che forse è stato il suo ultimo intervento.
Il caso vuole che abitassero anche vicini, Fiorucci a Porta Venezia, Dorfles in Piazza Lavater, conosciuta nella topografia della golosità perché ospita una buona gelateria. Alla quale Elio Fiorucci regolarmente faceva visita prima di presentarsi con il suo bottino a casa del professore. Con il tempo erano diventati amici ed era-
Elio Fiorucci fu rivoluzionario nella sua “divisa” borghese composta da pantaloni grigi e blazer blu
no legati da una stima profonda, tanto che Dorfles lo chiamava “il nostro Duchamp” e si erano anche regalati qualche viaggio insieme - mi ricorda l’architetto Aldo Colonetti, discepolo di Dorfles - anche se a lui forse non sarebbe piaciuto sentirlo definire così - e ideatore della mostra. Era Colonetti a organizzare queste spedizioni all’insegna dell’eclettismo che sono stati il segnale stesso della loro libertà di spirito e di gusto.
Di quest’uomo sorprendente che è stato Fiorucci, rivoluzionario nella sua divisa borghese composta da pantaloni grigi e blazer blu, ognuno ha ricordi diversi. I miei, che per anni avevo frequentato l’ufficio stile e l’effervescente gruppetto che si occupava della comunicazione, diventano personali agli inizi degli anni Ottanta. Quando organizza un omaggio a Brigitte Bardot e alla sua vita spericolata, sempre un passo oltre i pensieri e le abitudini correnti. «Mi piace come vive, come pensa, il suo rispetto per gli animali, il suo coraggio. E la sua bellezza», mi spiegò davanti a una tazza di caffè.
LE SUE PASSIONI: GLI ANGELI E B.B.
Aveva scelto per l’ invito una foto in bianco e nero, stampata in un gran deformato orizzontale, dove B. B. in adere ntissimi pantaloni alla caprese e maglietta seconda pelle a maniche lunghe, ballava a piedi nudi in mezzo a un gruppo di amici. «Andiamo a trovarla?» mi chiese. «Potremmo partire subito». Era venerdì, dovevo consegnare il testo lunedì mattina, termine ultimo perché Epoca, il settimanale dove allora lavoravo, andava in edicola tra mercoledì e giovedì. Ho impiegato tempo a convincerlo e quando sono uscita dagli uffici dell’ammezzato in Gal- leria Passarella di fronte a quell’antro delle meraviglie cheera il suonegozio, eravamo amici.
Fu lui a farmi conoscere la Lipu (Lega italiana protezione uccelli), che sosteneva con entusiasmo. Ancora lui a parlarmi di CBM, Christian Blind Mission, e l’impegno sostenuto dai suoi dottori per ridare la vista a chi rischia di perderla nei Paesi svantaggiati. Melidescrisse semplicemente come “angeli”: non a caso uno dei simboli che più amava e che l’immaginazione di uno dei più ammirati art director italiani, Italo Lupi, già nel 1970 aveva rielaborato da un’immagine vittoriana trasformandola nel suo celebre marchio. Come celebre fu negli anni Duemila il magico nanetto di Love Therapy, dipinto anche sulla saracinesca del negozio-ufficio di Viale Vittorio Veneto, nel palazzo dove abitava all’ultimo piano. In una casa né bella né brutta, con il tavolo ingombro di integratori e pillole della salute delle quali si riforniva negli Stati Uniti.
L’AMORE PER GLI ANIMALI
Franco Mirabelli, che è stato il direttore creativo dei negozi Fiorucci da quando nel 1972 allestì il reparto del fashion jeans - in Galleria Passerella, tutto in abete bianco, tavoli quadrati che poi furono ripresi nello store di New York, lampade stradali - racconta che il vegetariano Fiorucci negli ultimi tempi era diventato vegano. Così convinto di questa scelta che, contattato da Aldo Colonetti per disegnare una pentola per Alessi, preferì rispondere di no, non avendo la sicurezza che non sarebbe stata usata soltanto per le verdure. Eppure non lo imponeva ad altri, non ne faceva uno strumento di propaganda, si limitava a darne un esempio personale. Con quella gentilezza che l’ha sempre caratterizzato. Non so se fosse facile vivere con lui, o se passasse come un ciclone sui sentimenti degli altri, avviando e interrompendo storie d’amore. Era a suo modo un uomo con la dolcezza degli innocenti, e come gli innocenti non rispettava alcuna regola che non corrispondesse al suo cuore.