Corriere della Sera - Io Donna
L’eleganza, le arti, la schiettezza
Come era solita dire Carla Fendi, Karl Lagerfeld era il sesto fratello. Conosciuto nel 1965, era entrato nella loro vita creando il celebre logo della doppia F e non ne è più uscito. Il suo occhio era eccellente: raccontavano che nella Capitale, dopo aver disegnato abiti da “romana”, soleva dire: «Bene, ora disegniamo qualcosa per le milanesi!». La prima volta che l’ho incontrato è stato a Roma, nel
1982, per intervistare una Catherine Deneuve impellicciata e preceduta da una introduzione di Kaiser Karl. Chiarì rapidamente che: 1. Deneuve era un’attrice importantissima. 2. Fendi era un marchio importantissimo. 3. L’occasione che avevo avuto era importantissima... Mi si gelano le mani al ricordo. Lo rividi anni dopo per intervistarlo in quel ruolo di fotografo che tanto amava, durante la prima mostra dei suoi lavori a Milano: non poteva sapere che sarebbe stato così ammirato anche in quella veste. «Mi piace parlare di immagine, ritratti, luce. Per una volta, mettiamo i vestiti in secondo piano». Penso spesso che la massima espressione di sé l’abbia raggiunta fuori dalla moda, tra le sue passioni: arte, libri, foto, musica. Solo lì, nel “suo” mondo, poteva trovare un po’ di pace. Un’altro grande amore fu il teatro; nel 1984, in occasione della Bohème diretta da Ken Russel allo Sferisterio di Macerata, per Fendi realizzò gli splendidi ventagli che vennero offerti in regalo; con premura teutonica, si fermò a chiedermi se l’opera mi era piaciuta. Non mancarono i piccoli incidenti: per intervistarlo a Parigi, dopo una sfilata Chanel Haute Couture, mi arrampicai sulla passerella, la gonna si strappò. Si offrì di farla ricucire, ma non l’avrei mai lasciato dopo aver faticato tanto a raggiungerlo: proseguii con le domande, ma la sua attenzione mi aveva commossa. Lo rividi tempo dopo a pranzo nella sua maison particulière parigina nel periodo del suo grande dimagrimento, e ci tuffammo su un piatto di verdure. Osservarlo muovere la forchetta con eleganza settecentesca era un piacere sottile, anche perché intanto parlava con durezza dell’allora amministratore delegato di Fendi. Lo riportai fedelmente sul Corriere Economia e successe un mezzo disastro. Ma come osservò Lagerfeld: lo penso, e l’ho detto.