Corriere della Sera - Io Donna
79,2% degli incarichi istituzionali è in mano agli uomini
ve, donne preoccupate da questo clima».
Il ddl Pillon è un altro punto caldo e l’8 marzo di quest’anno non può non tenerlo in agenda, mentre sulla proposta del senatore leghista continuano le audizioni in Parlamento. «Il nostro allarme non è rientrato anche se il testo verrà probabilmente modificato» commenta l’avvocata Manuela Ulivi dalla Casa delle donne maltrattate di Milano.
Pillon: ritorno al passato
«Psicologi, assistenti sociali, alcuni magistrati, molti avvocati, la rete dei centri antiviolenza, tantissime associazioni di donne hanno giudicato non emendabile una proposta che è un pesante ritorno indietro e che, dietro la bandiera della bigenitorialità, abolendo l’assegno di mantenimento per i figli e imponendo la mediazione, si traduce in un peggioramento nella vita dei bambini e in una ulteriore difficoltà al momento della separazione per le donne» continua Ulivi. «Va ricordato, infatti, che in Italia lavorano meno degli uomini, sono pagate peggio e si occupano di più del lavoro di cura, per non dire di quelle che vivono relazioni violente. Fino a quando non ci sarà un chiaro segnale politico, la mobilitazione non si fermerà».
Se questa è la più stringente attualità, i ritardi antichi della situazione delle donne italiane - i bassi tassi di occupazione che ci vedono al penultimo posto in Europa, la disparità salariale oggetto della campagna di Valore D # nopaygap, i numeri ancora esigui della rappresentanza politica - sono il fulcro dell’attività di associazioni e gruppi di donne, già noti o che arrivano adesso alla ribalta. È il caso del neonato network - finora conta 35 associazioni tra professioniste di vari setto-ri, giovani digitali e sigle storiche - che, sotto l’hashtag Inclusione donna, ha elaborato un documento per chiedere al governo un’interlocuzione sulle questioni del lavoro femminile e della rappresentanza politica. «Abbiamo cercato ciò che poteva unire in un impegno comune le associazioni e le consulte delle donne», spiega la manager Sila Mochi che da mesi lavora alla costruzione di questa alleanza insieme a Claudia Torlasco, presidente di Aidda che riunisce dirigenti d’azienda e imprenditrici, e a Caterina Mazzella che presiede la Fidapa. Basta giocare in difesa
«Tutte insieme chiediamo al governo di agevolare il lavoro femminile, l’effettiva parità in termini di opportunità, conciliazione e salari. L’altro tema è la rappresentanza: oggi su 63 membri di governo ci sono solo 11 donne, il 79,2 degli incarichi istituzionali è in mano agli uomini e c’è bisogno di un Ministero delle pari opportunità che si occupi di tutto questo» continua Mochi. «È necessario battere un colpo, si rischia di tornare indietro», spiega così la sua adesione dall ’Università Bocconi la docente Paola Profeta, esperta di economia e diseguaglianze di genere.infine se si chiede ad una voce segui- ta in rete, Giulia Blasi - suo l ’hashtag # quellavoltache che nel 2017 ha dato vita al Metoo italiano scoperchiando attraverso un diluvio di risposte un pervasivo mondo di molestie e sessismo - se l’8 marzo ha ancora un senso la risposta è un chiarissimo sì. «Per anni mi ha irritato vedere le comitive di donne che uscivano la sera dell’8 marzo: mi sembrava svilente. Poi ho capito che me la stavo prendendo con il bersaglio sbagliato. C’è da lottare, tanto più adesso: c’è un potente revanscismo che ci costringe a giocare in difesa, mentre le voci del femminismo sono confinate anche dal punto di vista mediatico in una nicchia. Però, sia in rete che presentando in giro per l’italia il mio Manuale per ragazze rivoluzionarie, vedo altri segnali: la risposta delle giovani che hanno bisogno di una comunicazione accessibile e aperta com’è stata # quellavoltache e l ’affacciarsi di uomini giovani che non vogliono più essere solo alleati delle donne ma cominciano a mettere in discussione il modello maschile».