Corriere della Sera - Io Donna

Pe“ r me, e per i miei figli, il nuoto è stato lo strumento per coltivare l’armonia personale, lo spirito di sana competizio­ne e le amicizie, che li hanno aiutati a gestire la crisi „ dell’adolescenz­a

- Nadia Arch. Luca Guerra io Donna io Donna), Danda Santini Maria Teresa D. S.

Nadia Ciao Danda,

non potendo armonizzar­e il mio corpo con tante discipline sportive, a causa di un handicap, ho focalizzat­o l’unica in cui potevo cimentarmi, il nuoto, che mi ha fatto ritrovare la mia armonia. La stessa che ho cercato poi di infondere ai miei figli. Anche loro hanno tratto vantaggio dallo sport: e ne hanno ricavato quello spirito di gruppo e di sana competizio­ne, quelle belle amicizie che hanno evitato loro di gestire in solitudine la crisi dell’adolescenz­a. Noi donne etichettat­e come “quelle che non ne capiscono di sport” sappiamo invece apprezzare il bel gioco e il rispetto fra avversari: forza ragazze!!! Gentilissi­ma direttrice,

le scrivo perché mi sono accorto che l’apertura del giornale è stabilment­e occupata da servizi dedicati ad attrici e attori, mentre vi sono altre categorie in cui le donne primeggian­o. Si tratta di una scelta consapevol­e o casuale?

Non ho nulla contro attori e attrici, anzi, sono un appassiona­to di cinema. Ma penso, magari sbagliando­mi, che il settimanal­e da lei diretto possa fare qualcosa di più per infrangere il soffitto di cristallo di genere. Ad esempio, con articoli dedicati a donne di “successo” che non siano solo attrici. proprio il loro mestiere, non è il più facile del mondo, la competizio­ne è tanta, il successo dura poco, ma mi piace sempre ricordare che, in fondo, quello della modella è uno dei pochi mestieri dove le donne guadagnano più degli uomini. Il soffitto di cristallo, qui, non esiste. Ma nel resto del mondo sì: per questo su

troverà sempre storie di donne famose o meno, di successo o comunque ben realizzate in ciò che fanno, e a corredo consigli, aggiorname­nti, inchieste a tema lavoro e carriera.

Perché concordo con lei: un giornale come il nostro deve fare il massimo per sostenerle. E sono felice che i nostri lettori più illuminati - come lei - la pensino come noi e siano così proattivi nel supportare il percorso profession­ale delle colleghe. Anche in architettu­ra. Proprio di recente ho ricevuto una segnalazio­ne del gruppo Rebelarchi­tette italiano. Organizzan­o dibattiti e manifestaz­ioni per sottolinea­re come le donne in architettu­ra siano sempre di più in tutto il mondo, ma con un distacco notevole rispetto ai colleghi in termini di guadagno, visibilità e rispetto. A maggior ragione quindi, grazie per l ’attenzione con cui segue il giornale e le donne. Egregia signora,

a proposito di famiglia tradiziona­le e non (ne ha scritto sul n° 17 di vorrei aggiungere che ci sono persone come me, dotate di buon senso, che osservano sgomente l’attuale deriva morale. Non mi è chiaro quali siano le «difficoltà e i pregiudizi» che ammorbano il Paese rispetto al tema della procreazio­ne.

A questo proposito, le faccio notare che sono soprattutt­o i bambini ad avere pregiudizi radicatiss­imi. La mia nipotina di tre anni, trovata una foto di suo padre piccolo abbracciat­o alla sua mamma, è corsa a comunicarm­i raggiante: «Tu sei la mamma del mio babbo!».

E con ulteriore entusiasmo mi ha fatto sapere che il nonno era il babbo del suo babbo. Era come se avesse scoperto una riserva di amore più ricca, uno spazio di sicurezza più vasto.

Nella nostra famiglia questo modo di pensare non ha impedito a suo tempo l’adozione di bambini abbandonat­i. L’amore vero non genera mai, per fortuna, “una famiglia tradiziona­le”, ma oggi ogni parola dovrebbe essere riesaminat­a con attenzione, per strapparne il velo dell’ipocrisia, dell’egoismo, della malafede imperanti. Gentile Maria Teresa,

grazie per la sua riflession­e che estendiamo volentieri a tutte le lettrici e i lettori. Il tema è caldo, vivo, appassiona­nte. Ma credo sia troppo facile accusare chi non la pensa come noi di grave deriva morale. I tempi cambiano, le situazioni e le condizioni anche. Continuo a pensare che fare uno sforzo per capire il presente, che non è mai uguale nemmeno al nostro passato prossimo, sia una forma importante di rispetto nei confronti delle nuove generazion­i e del loro futuro.

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L’editoriale Forza ragazze! (su io Donna n° 17).

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