Corriere della Sera - Io Donna
Quello che le donne raccontano
sare anche dai gabinetti pubblici. Dite che esagero? Leggo sulla rivista Usa che nel 1987, in California, un senatore, dopo aver visto per quanto tempo sua moglie e sua figlia avevano dovuto aspettare, rispetto a lui, per entrare nella toilette di un teatro, ha introdotto una legge per garantire alle donne proporzionalmente più servizi igienici.
L’attuazione della “potty parity”, espressione spero intuitiva, si basa sul dato empirico che le donne hanno bisogno di più tempo per espletare i propri bisogni fisiologici, specie in alcuni giorni del mese. E che spesso spetta a loro, in famiglia, portare i figlioletti al bagno, dove questi imprimeranno l’impronta delle loro “zampette” proprio là dove non dovrebbero essere, neanche fossero sulla Per non parlare dell’abitudine di fare del bagno femminile quello per i disabili, a prescindere dal loro sesso. Una modalità che gli stessi disabili trovano assolutamente barbara.
Certo, allargare i servizi costa. Per questo in alcuni campus degli Usa hanno escogitato una soluzione economica: la scritta sulla porta del bagno degli uomini è stata cambiata da “men” in “all gender”. In questo modo quella toilette continua a funzionare per lo più per gli uomini. Ma quando la domanda aumenta, anche le donne, che conservano comunque la propria toilette “women”, possono accedervi. Sempre che ne abbiano il coraggio.