Corriere della Sera - Io Donna
Molestia fisica
o il ricatto
vedi riquadro nella pagina successiva). Un aiuto dalle Consigliere
Effettivamente strumenti e tutele sono tanto sconosciuti alle vittime quanto, almeno sulla carta, efficaci. «Giuridicamente la molestia sessuale è inquadrata come una forma di discriminazione e ciò mette le vittime nella condizione di poter contare su figure forti e su rimedi giuridici potenti», chiarisce Marzia Barbera, docente di Diritto del lavoro e Diritto antidiscriminatorio all’università di Brescia. E spiega:«per esempio, se non vogliono rivolgersi a figure interne all’azienda come il responsabile sindacale o quello per la salute e la sicurezza, possono appoggiarsi alle cosiddette “Consigliere di parità”, figure istituzionali diffuse sul territorio e che, pur in un quadro di ristrettezze economiche, sono molto attive, offrendo tra l’altro la loro attività gratuitamente. A loro la legge ha assegnato parecchi poteri giuridici: per esempio, se una donna non vuole esporsi al trauma di un processo, la Consigliera può - insieme a lei o facendosi delegare - tentare una conciliazione con l’azienda per trovare una soluzione soddisfacente, e ribadisco soddisfacente, perché nella mia vita professionale ho visto aziende proporre il sommo paradosso di allontanare chi subisce la molestia», aggiunge la professoressa, che è stata per diversi anni proprio Consigliera nazionale di parità.
«Nel caso invece in cui una donna decidesse di ricorrere in giudizio, la legge ha previsto un regime di onere della prova agevolato, favorevole a chi ricorre: ovvero non dovrà provare che c’è stata una molestia, bensì provare fatti idonei a far presumere una molestia e toccherà poi all’altra parte dimostrare che la molestia non c’è stata. Ma potenti sono anche i rimedi giuridici: oltre al risarcimento del danno