Corriere della Sera - Io Donna
La grandezza di essere modesti
Confusa con la povertà (di mezzi e di esprit), è l ’attitudine che sta guadagnando consensi in vista del 2020. Perché permette di guardare il mondo da un diverso punto di vista: quello di chi si lascia sorprendere
La modestia è la più elusiva delle qualità. Perché se ce l’hai veramente, non lo sai. E se dici di esserlo, modesto/a, già vuol dire che non lo sei. Quindi è una specie di trappola. Quando invece usiamo l’aggettivo per definire altro o altri da noi – “una persona modesta”, “una casa modesta” – stiamo solo prendendo alla larga un problema: non abbiamo in testa la declinazione di una virtù opposta alla superbia, bensì “una persona non proprio brillante” nel primo esempio e nel secondo “una casa di poveracci”. Se ne deduce che è impossibile parlarne senza infingimenti. E che, in ultima analisi, la modestia non è mai stata (altrimenti non si sarebbero sedimentati tutti questi significati camuffati) un traguardo nell’evoluzione degli esseri umani.
Nicolas Bommarito, professore di filosofia negli Stati Uniti, alla modestia ha dedicato gran parte della sua attività accademica. Inner Virtue è il suo ultimo libro, Seeing Clearly il prossimo, in uscita nel 2020: l’idea di fondo è che se riuscissimo a “vedere chiaramente”, appunto, scopriremmo che “la virtù interiore” più conveniente è proprio la capacità di essere modesti. Modesty is life affirming è la sua tesi: la modestia è appagante, piena di vita, porta con sé positività, ottimismo. Ha a che fare con un’attitudine aperta verso il resto del mondo: quando pensi, osservi, senti “modestamente”, ciò che conta è l’esperienza che si genera e che tu affronti con fiducia. Il non modesto, al contrario, misura le esperienze secondo una logica autoreferenziale: la sua unica metrica è il confronto. Questa scelta o azione aggiunge punti alla mia reputazione? Questa persona vale più di me? Come sarò giudicato per quello che sto facendo? L’ansia di essere/diventare il migliore svuota il piacere di apprendere, stringe lo sguardo, abbatte la curiosità.
Ma tutto questo non conduce a un elogio della decrescita felice. Bommarito dimostra come i veri modesti non siano affatto dimessi o rinunciatari e siano lontanissimi dai costumati pudibondi: sono quelli tra noi che hanno capito come stare al mondo senza che le ossessioni e le insicurezze personali si mettano di mezzo. Sono i più forti e consapevoli.
In Song of Myself, l’io poetico di Walt Withman sembra immodesto quando proclama “I’m large” - sono vasto, sono grande e grosso - ma la verità è che quella vastità è piena di moltitudini: “I contain multitudes”.
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La rubrica torna l ’11 gennaio 2020.