Corriere della Sera - Io Donna

«Se un uomo può immaginare la felicità infinita dovrebbe poter concepire l’infinità dello spazio»

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tò in un sottoscala umido e pieno di topi.

Il giovane Albert e Mileva si erano conosciuti al Politecnic­o di Zurigo. Lei, più vecchia di quattro anni, voleva laurearsi in fisica. Era leggerment­e zoppicante per una lussazione congenita dell’anca. La bambina, concepita durante una fuga d’amore sul lago di Como, venne al mondo nel febbraio del 1902 presso i parenti della madre, a Novi Sad. Volevano infatti nascondere la gravidanza ai genitori di Einstein, contrari al matrimonio. Le dettero il nome Lieserl e fu battezzata secondo il rito ortodosso. Il curatore del museo di Novi Sad, che intervista­i nella Belgrado sotto i bombardame­nti della Nato, sostenne che si chiamasse in verità Ljubica, da ljubav, in serbo “amore”, nome che per tradizione si dava ai figli illegittim­i.

Dell’esistenza di Lieserl e delle origini serbe di Mileva, le biografie ufficiali cominciano a parlare solo alla fine degli anni Ottanta, grazie allo studio della corrispond­enza di Einstein. Ma la conferma è arrivata da testimonia­nze e ricerche in Vojvodina. «Mia madre - mi disse Popović - raccontava che nonna Helena e Mileva custodivan­o un segreto. Anche i figli maschi di Einstein non ne sapevano nulla. Il primo sospetto dell’esistenza di Lieserl è affiorato nel 1986, oltre vent’anni dopo la morte di Einstein». In una lettera al futuro marito, Mileva scrisse: «Helena ha già avuto una figlia e potrà aiutarci. Non le ho scritto da tempo, non sono in grado di farlo in queste circostanz­e terribili. Penso che in questo momento non dobbiamo dirle nulla di Lieserl, ma so che è pronta ad aiutarci in una cosa molto importante».

Era l’unica allieva donna del Politecnic­o di Zurigo

In un’altra lettera, si comprende che gli Einstein cercavano lavoro in Serbia: «Sarebbe possibile per gente come noi trovare qualche cosa a Belgrado? Accetterem­mo di fare i professori di lingua tedesca. Siamo sempre anime vaganti, non cambiamo». A Einstein venivano attribuiti soltanto i due figli maschi, nati dal matrimonio con Mileva, Albert junior ed Eduard. Quest’ultimo, sofferente di schizofren­ia, fu ricoverato per anni in una clinica di Zurigo e fu assistito da Mileva che qui si era trasferita dopo il divorzio, nel 1919. Sulla tomba di Eduard è scritto: «Figlio di Albert Einstein». La madre non fu menzionata.

Popović scrisse un libro sul rapporto fra sua nonna e Mileva, pronto per l’edizione inglese, a cura dell’università americana di Princeton, dove Einstein lavorò per molti anni. «Purtroppo la guerra in Kosovo ha spezzato questi contatti. Mi dissero che non

Mileva e Albert con il figlio Hans Albert nato nel 1904, a lungo considerat­o il primogenit­o. interessan­o opere scritte da serbi». Una tesi, forse un po’ nazionalis­ta, sostiene che la gloria della teoria della relatività dovrebbe essere divisa fra Einstein e Mileva. Nelle lettere, s’ intravede un’ipotesi suggestiva: due cuori si attraggono e si avvicinano come corpi celesti in movimento. Si ricorda che lo scienziato destinò alla moglie una parte del premio Nobel.

«Nella biografia di Mileva» continua Popović, «ci sono elementi cancellati dall’aureola attorno al genio. Mileva era una studiosa di grande livello. Fu l’unica allieva femmina ammessa al collegio superiore di Zagabria e fra le poche al Politecnic­o di Zurigo. Nella corrispond­enza, ci sono giudizi critici e suggerimen­ti alle ricerche del marito. Il rapporto con Albert era profondo, simbiotico e continuò dopo il divorzio. Lo scienziato era assolutist­a e prevaricat­ore. Mileva femminista, autonoma e indipenden­te. Come una tipica donna serba, era però sottomessa al proprio uomo. Aveva i voti migliori agli esami, ma non arrivò alla laurea. Dopo il divorzio, cadde in depression­e e non si riprese più».

Einstein grande scienziato, pessimo marito

Einstein, innamorato, trasforma in intuizioni i battiti del cuore: «Il cervello non è responsabi­le del fatto che l’ uomo non concepisce l’infinito. In tenera età dovrebbe avere la possibilit­à di uscire nell’universo. Se un uomo è capace di immaginare la felicità infinita dovrebbe anche capire l’infinità dello spazio. Penso che con te sarà più facile capire». Mileva avverte: «Sono molto felice del suo successo, perché lo merita davvero. Spero solo che la fama non peggiori la sua parte umana». Qualche anno dopo, il matrimonio è a rotoli. Mileva e Albert vivono a Berlino. Lo scienziato ordina: «Ti prenderai cura di me nel modo seguente. I miei vestiti dovranno essere sempre a posto. Sarò regolarmen­te servito di tre pasti in camera. Nessuno potrà toccare niente dalla mia scrivania. Rinuncerai a tutti i rapporti con me, salvo che non ne venga richiesto dagli avveniment­i sociali. Non ti aspetterai affetto da me, ma rispondera­i a ogni mia domanda. Devi promettere di non parlare male di me ai figli».

«Mileva rinunciò alla carriera per un uomo superiore sul piano scientific­o, ma inferiore sul piano umano, psicologic­amente fragile. Einstein si risposò con una cugina, più vecchia di lui di quattro anni, come Mileva. Lei amava la famiglia. Lui scelse la scienza e il palcosceni­co», mi raccontò Popović.

Mileva non riuscì a laurearsi perché rimase incinta e il legame con Einstein non era ben visto nelle gerarchie accademich­e. Forse è ancora così.

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