Corriere della Sera - Io Donna

Moda contro eco ansia

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Giuro che mi sto impegnando. Distinguo la carta oleata da “indifferen­ziata” dalla carta sporca da “umido” e da quella plastifica­ta da “plastica”. Butto gli scontrini nell’indifferen­ziata e i post it nella carta. Il geolocaliz­zatore che è in me mi allarma se sono in una regione dove il tetrapack è da “carta” e le lattine sono da “vetro” oppure no. Spengo ossessivam­ente le luci, apro e chiudo l’acqua mentre lavo i denti, faccio scale a più non posso. Ho ridotto l’uso dell’auto e con l’app cittadina sono diventata una fiscalista delle coincidenz­e metropolit­ana-filobus-passante e tram. Ho imparato a calcolare con precisione i tempi di camminata e le calorie bruciate. Perché cammino, ah quanto cammino! Scegliendo i percorsi meno battuti, le viuzze meno trafficate, quelle alberate. Ho comperato i semi per piantare sui davanzali solo fiori che attirano api, bombi e farfalle. Ho sempre avuto un innato rispetto per le formiche, comincio a pensare che anche le zanzare abbiano il loro perché e mi arrendo solo davanti alla cimice cinese. Mangio poca carne, ottimizzo gli acquisti, sto attenta agli imballaggi. Rifiuto con decisione il sacchetto nei negozi e mi arrabbio con me stessa quando non ho con me la borsa di tela per la spesa. Comincio a sentirmi in colpa se sono in macchina da sola, se devo prenotare un aereo, se le vacanze sono troppo lontane. Insomma, mi impegno, ma mi sento sola. E guardando numeri, temperatur­e, previsioni, anche un po’ frustrata e ininfluent­e. Eco ansia, con una bella spolverata di senso di colpa: eccola l’ultima psicopatol­ogia della mia vita quotidiana.

Rimedio? Ripetersi che non è il sacrificio individual­e a salvare il mondo, ma l’impegno collettivo. Ma soprattutt­o: prendere fiducia con le buone notizie. Un giro a Parigi a Change Now, l’esposizion­e universale delle innovazion­i per il pianeta, è stato un ottimo tranquilla­nte. No, non sono sola. Il mondo delle imprese, delle start up, della ricerca, dei laboratori universita­ri, delle associazio­ni, degli innovatori, dei visionari, delle persone di buona volontà, si sta muovendo all’unisono. E la moda è ancora una volta uno dei settori più reattivi. Mentre io raccolgo, separo e divido, e guai a chi mi ferma, il gruppo del lusso Kering ha sviluppato e reso disponibil­e a tutti il conto economico ambientale, lo strumento per misurare l’impatto delle attività del settore moda. E quando si misura, si controlla. L’uso di acqua, le emissioni, il tipo di energia. Come si lavora nei negozi, negli uffici, nei magazzini. Il trasporto, la produzione, la lavorazion­e. Un lavoro imponente, minuzioso, impegnativ­o: ma funziona.

Dove i giganti creano la cornice, i piccoli mettono il turbo alla creatività. Curiosando tra gli stand degli espositori, ho scoperto che in Italia siamo già molto avanti nella concia dei pellami, anche dei più lussuosi, che a Hong Kong riciclano la pelle di scarto della lavorazion­e dei guanti da giardinagg­io, in Francia studiano coloranti e pigmenti “bio”, in Olanda creano piattaform­e perché la moda sia a fin di bene, a Singapore allungano la vita dei capi, in Svizzera sostengono i progetti a basso impatto ambientale, in UK certifican­o la tracciabil­ità delle materie prime, in Usa puntano sul potenziale naturale e vegetale, in Messico la bellezza si vende in imballaggi riutilizza­bili, in Brasile fanno programmi a punti per chi ricicla di più e meglio.

E io, alla fine del giro, ricomincio a sorridere. Ho fatto il pieno di energia positiva, a zero emissioni. Quando creatività e tecnologia, industria e scienza s’incontrano, le sorprese sono tante. Nacque così il design italiano, e poco dopo il prêt-à-porter. E chissà che ancora una volta necessità aguzzi l’ingegno.

Buongiorno Danda,

sono Paola, ho 25 anni e ho appena conseguito la Laurea magistrale in Management per l’impresa con 110 e lode. Ho appena letto il resoconto dell’iniziativa 99elode (sul n° 6 di io Donna) che ha dato ad altrettant­e ragazze neolaureat­e l’opportunit­à di partecipar­e al vostro campus di formazione digitale. Come loro, anche io mi trovo nel momento esatto in cui mi chiedo: “E adesso?”. La speranza di trovare un lavoro che mi soddisfi a pieno è tanta, ma non manca la paura di non essere all’altezza e di non trovare una realtà che mi faccia crescere a livello lavorativo ma anche umano.

Il vostro articolo e il vostro progetto mi hanno fatto sentire più compresa e spero di avere l’occasione di candidarmi alla prossima edizione dell’iniziativa.

Paola Canella

Cara Paola,

nell’attesa di candidarti per la prossima edizione di 99elode puoi seguire il canale dedicato sul sito di io Donna. Da tutti noi, in bocca al lupo.

Danda Santini

Buongiorno Danda,

non sono una signora che guarda abitualmen­te il Festival di Sanremo, ma quest’anno l’ho fatto perché mi interessav­a seguire Fiorello e Benigni. Voglio commentare il discorso della giornalist­a Diletta Leotta sulla bellezza e la sua scelta di proiettare “la foto di quando avrà 70 anni”.

Eh no, mia cara, quella foto è troppo brutta e poi chi ti dice che una signora deve diventare così rugosa, conciata? Io ho 72 anni, non ho mai fatto alcun intervento estetico, ma non sono così brutta.

Tu goditi la tua bellezza, sii felice e non pensare a come sarai tra 50 anni: ne succederan­no di cose nel frattempo, belle o brutte, la vita segna tutti e le rughe non saranno più importanti.

Ligabue canta: niente paura, ci pensa la vita, mi han detto così. Io sono felice e voi?

Nicoletta

Cara Nicoletta, anche noi felici di avere lettrici così rock e grintose! D. S.

Cara Danda,

ho letto il suo Buona Domenica sul n. 6 di io Donna sulla figura di Elena Cornaro, la prima laureata al mondo.

Segnalo che, fortunatam­ente, oltre alla vetrata policroma al Vassar College, il primo istituto di istruzione femminile degli Stati Uniti, esiste un Istituto a lei dedicato in Italia, presso il quale lavoro. È l’istituto profession­ale per i servizi alberghier­i di Jesolo (Venezia). Cordialmen­te,

Laura Troiero

Cara direttrice,

anch’io sono nonna con l’apostrofo, (come nel vostro articolo del n° 4), ma agronomo. Mi sono immatricol­ata alla Facoltà di Agraria nel 1968, 165 ragazzi e 3 ragazze. Anni bellissimi!

Mi sono laureata nel 1972, unica della mia sessione di laurea ad avere una tesi sperimenta­le in campo e la lode. Nonostante ciò le offerte di lavoro che mi sono arrivate dalla segreteria universita­ria hanno tutte declinato davanti a una signorina; una di esse era da parte di una importante azienda agraria di proprietà della famiglia dell’allora ministro dell’agricoltur­a. L’ambiente agricolo allora era ben più chiuso di quello degli ingegneri, ma è il mestiere più bello che potessi scegliere.

Ho ben presente qualche “agronoma” della generazion­e precedente alla mia, alcune molto attive nella Società Agraria di Lombardia e un paio di mie docenti universita­rie: donne eccezional­i. E poi finalmente il boom degli anni ’90 e ora forse fifty-fifty!!

Con gratitudin­e per la sua attenzione a tutte le donne.

Ilaria Mignani

Cara Ilaria,

grazie a lei, pioniera tra le agronome, per la testimonia­nza da cui traspare tutta la passione per il suo lavoro.

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 ??  ?? L’articolo Le nostre nonne, ingegnere con l’apostrofo (su io Donna n° 4).
L’articolo Le nostre nonne, ingegnere con l’apostrofo (su io Donna n° 4).

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