Corriere della Sera - Io Donna
Quello che le donne raccontano
Contro la fuga dal velo, le suore chiedono regole certe e diritti
Di loro sappiamo troppo poco. Che consacrano la propria vita alla preghiera o la dedicano alla cura degli “ultimi” nei posti più sperduti del mondo o anche accanto a noi. Nell’immaginario collettivo le suore sono in grado di portare sulle spalle questo enorme carico con la sola forza della fede. E spesso è così. Ma nella Chiesa cattolica il crescente allarme per la crisi delle vocazioni femminili, scese dal 2010 di diecimila all’anno (oggi le suore sono meno di 650 mila per un miliardo e 313 milioni cattolici) lascia intuire che c’è qualcosa che non va. Certo, un tempo molte vocazioni erano “indotte” dalle famiglie che mandavano le figlie in convento perché ricevessero un’educazione o perché non riuscivano a mantenere tutti i figli. Ma non si tratta solo di questo. Ci sono anche molti abbandoni, alcuni dei quali sono causati dalla sindrome da stress lavorativo o dal disturbo da stress post traumatico. Entrambi possono derivare da contesti abusanti, oppure da abusi di potere o sessuali.
Sono ipotesi avanzate dall’unione internazionale delle superiore generali che ha fatto una cosa rivoluzionaria: prendere sul serio il fenomeno istituendo una commissione triennale per studiarlo. Maryanne Lounghry, psicologa e religiosa australiana, intervistata sul tema dal settimanale femminile dell’osservatore Romano, Donne, Chiesa, Mondo, individua già tra le cause la disparità di genere e l’assenza attuale di regole. «È fondamentale - dice Lounghry - che una suora sappia cosa può chiedere e cosa non può esserle chiesto. Ciascuna dovrebbe avere un codice di condotta, una lettera di accordo con il vescovo o con il parroco. Un contratto negoziato rende più forti». E ancora: «Non avere il controllo della propria vita, non poter programmare, mina la salute mentale. Lavorare nell’ambiguità, senza regole certe, può far sentire bullizzata, abusata, molestata». Lounghry va oltre, chiede di investire sul benessere delle suore fissando degli standard: due settimane di ferie, una retribuzione, una situazione abitativa decente, l’accesso a Internet, momenti ricreativi, anni sabbatici. Insomma, anche per le suore è tempo di avere il pane ma anche le rose.