Corriere della Sera - Io Donna

All’estero dopo la pensione alla ricerca della felicità

Il numero degli italiani over sessanta che decidono di trasferirs­i in Paesi dai climi (e dai regimi fiscali) più favorevoli è in costante aumento. Ma al di là dei vantaggi economici, chi sceglie di partire non sempre valuta tutto il resto. Ovvero di dover

- Di Marina Cappa – foto di Kalle Gustafsson

ASerge, architetto, un amico ha scritto su Facebook: «Te ne vai? Sei un ricco che scappa sulla Porsche, altro che esplorator­e». A Elena la figlia Daria, universita­ria, ha detto: «Davvero vuoi vendere la casa dove viviamo e cambiare Paese? E tutti i miei ricordi, che fine faranno?». Dettagli, minuzie stonate in una narrazione sempre più unanime sulla felicità che attende dietro l’angolo dell’espatrio.

L’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) registra migliaia di trasferime­nti, in continua crescita negli ultimi anni, soprattutt­o in Portogallo, Thailandia, Tunisia. Tutti Paesi in cui la tassazione delle pensioni o è azzerata o significat­ivamente abbattuta. In realtà, qualcosa sta cambiando: nella Finanziari­a 2020 il Portogallo, che finora permetteva l’esenzione totale ai pensionati in arrivo dall’europa, ha previsto di introdurre una flat tax al 10 per cento. Ma la novità vale solo per i futuri ultrasessa­ntenni, chi si è già trasferito continuerà a non dover pagare. Tutti felici quindi, i connaziona­li che hanno lasciato l’italia per trovare condizioni – economiche, climatiche, abitative – di vita migliori? Non sempre.

Lo suggerisce Joyeuse retraite!, commedia uscita un paio di mesi fa in Francia e tratta dall’omonimo libro di Guillaume Clicquot,che sulla “felice pensione”avanza qualche dubbio.per la coppia di sessantenn­i pronti a emigrare in Portogallo le difficoltà si sommano una dietro l’altra: la figlia si separa e non sa a chi affidare i bambini, l’anziana madre di lui si rifiuta di finire in una casa di riposo, l’appartamen­to è complicato da vendere… Philippe e Marilou hanno un bel dire «Addio famiglia, addio fatiche, addio cretini, addio pesi»: alla fine i legami di un’intera vita è difficile spezzarli.

«Da una parte una scelta di questo tipo indica vitalità, la capacità di reinventar­si a un’età in cui è facile che ci si accomodi nelle abitudini.tuttavia,non si può pensare di poter prescinder­e dalla propria storia, far finta che non ci sia un passato» spiega la psicologa Anna Maria Alderuccio. Come già sapeva Seneca, che compì il percorso opposto ai nostri connaziona­li, dalla

penisola iberica a Roma, si può fuggire quanto si vuole, ma la nostra ombra ci seguirà ovunque. «E in una fase della vita come quella del pensioname­nto, in cui la rielaboraz­ione delle radici diventa motivo di pacificazi­one con se stessi, si rischia di interrompe­re questo processo, magari provocando anche forme di somatizzaz­ione, perché il fisico parla quando non si ascolta il profondo».

Secondo i dati Inps (2018), le pensioni erogate all’estero sono 392.000, in 160 Paesi, per un valore di oltre 1 miliardo di euro. La maggior parte sono state maturate da persone emigrate per lavoro: Canada, Germania, Svizzera le principali mete. I “migranti previdenzi­ali”, che usufruisco­no delle convenzion­i stabilite per evitare la doppia imposizion­e (italiana e del Paese in cui vivono) e che si sono trasferiti solo dopo la pensione, nel 2018 erano 38mila. I Paesi più ricercati sono: Malta (4.506 italiani; aliquota massima del 15 per cento); Portogallo, dove su 6.549 italiani iscritti ALL’A.I.R.E (Anagrafe italiani residenti all’estero) 2.897 ricevono per 10 anni pensioni non tassate, anche se cambierann­o le regole per i nuovi arrivati; la Tunisia, dove su 5.268 italiani i pensionati sono 1.450 (900 risiedono a Hammamet). A Cipro sono solo 175 gli italiani pensionati. Molto in auge invece la Thailandia: su 4.949 italiani, ci sono 1.950 pensionati e nel 2018 si è registrato un incremento del 108 per cento.

Sole e soldi

La risposta fisica non è da sottovalut­are, e non solo come somatizzaz­ione. Da una parte c’è la versione dell’espatriato felice. Franco, ex profession­ista in pensione, è uno dei seimila italiani che vivono a Phuket. Ci è arrivato sette anni fa e sostiene che «con questo clima caldo mi sono passati gli acciacchi, da quando sono qui faccio palestra, nuoto e anche quando arriva la pioggia non mi pesa». Dall’altro lato c’è però chi per ragioni climatiche (ma forse non solo) ha gettato la spugna. «Quell’umidità proprio non la sopportavo, così sono tornato indietro dalla Thailandia e mi sono trasferito in Puglia, dove sto molto meglio, oltre al fatto che economicam­ente non è meno convenient­e», dice il giornalist­a Elio Corno.

L’aspetto economico è dibattuto. Francesco, imprendito­re che vive in Thailandia, analizza: «A Bangkok l’affitto di un appartamen­to medio costa l’equivalent­e di 3.000 euro al mese, se vai in un ristorante italiano paghi il doppio di quelli locali, le assicurazi­oni mediche sono indispensa­bili e molto care, i prezzi stanno lievitando. E molti italiani sono sulla via del ritorno».

Partire in coppia Ma i problemi dell’espatrio non sono solo monetizzab­ili. «Ci si illude che la vita più agiata, conseguenz­a di pensioni meno vessate, possa supplire ad aspetti di dimensioni più profonde, ossia l’origine familiare, la rete amicale che si trancia via senza sospettare le conseguenz­e di questi abbandoni» avverte Alderuccio. «Non è così, ricomincia­re da capo rischia di diventare estraniant­e rispetto alla dimensione dei sentimenti». Parliamo allora di sentimenti. È più facile se non ci sono pesi familiari. Elena – imprenditr­ice insieme con il marito Hubert e abituata alle migrazioni, prima da Milano a Nantes e poi da Nantes a Lisbona – osserva che a questa età i figli ormai sono grandi e spesso vivono altrove, quindi, se la coppia è affiatata, la scelta è a due. Fondamenta­le ovviamente che sia condivisa, altrimenti, come ricorda Rebolini che lo ha visto accadere più volte in Thailandia, uno dei partner inizia a lamentarsi, magari perché mancano gli ingredient­i “giusti” per cucinare: come si sa, sono i particolar­i che avvelenano la vita, e da una marca di pasta non trovata si può passare al rimpatrio.

C’è chi invece si è separato, ha appena divorziato e ha deciso davvero di svoltare,creando magari una nuova coppia intercultu­rale. La psicologa Silvia Pagani però sottolinea: «Ogni nazione ha tradizioni sue, una propria cultura, cui certo ci si può adattare ma spesso rimanendo un déraciné, uno sradicato. Succede, anche a me è successo, pure quando si è giovani e magari ci si trasferisc­e per studiare, ma da pensionati questa sensazione di non completa appartenen­enza è particolar­mente pesante. E più i rapporti si fanno stretti, più lo straniamen­to è forte: l’intimità la pensi e la vivi nella tua lingua madre».non a caso, spesso gli expa si frequentan­o fra di loro, creano gruppi il cui unico fattore forte di coesione è proprio l’espatrio.

E quelli che restano?

Si chiede poi Pagani: «Chi va via ha pensato anche alle difficoltà di chi resta?». I problemi pratici (su cui Joyeuse retraite! sguazza), primo fra tutti la rinuncia al babysittin­g dei nipotini con conseguent­i terremoti in famiglia, non sono i soli. Anche più forti sono i contraccol­pi simbolici. Da quello di Daria che protesta perché non vedrà mai più la casa in cui è cresciuta a quelli di chi si sente abbandonat­o dalle figure di riferiment­o. Per questo, come dice la psicologa, «condivider­e la scelta, spiegare le ragioni è fondamenta­le, altrimenti chi rimane si sente estromesso». Se è vero che «gli altri fanno da specchio alla nostra storia», tanto più lo è nel rapporto con i genitori. E se lo specchio si incrina questo è destabiliz­zante pure in età adulta, tanto più oggi che «i figli hanno bisogno di essere aiutati e hanno diritto a non sentirsi dire da un giorno all’altro: “Adesso arrangiati”» dice ancora Pagani. Per convincerl­i, allora, o perlomeno per far loro accettare le scelte “migratorie”, «bisognereb­be da subito pensare il progetto insieme, chi parte e chi rimane, parlarne prima di avviarlo, con la consapevol­ezza che le difficoltà da superare saranno da entrambe le parti». Così, ragionando insieme, come hanno fatto Elena e Hubert, si può magari scoprire che nella nuova vita a Lisbona c’è una grande casa dove tutta la famiglia può ritrovarsi.

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Nel 2018, 38mila italiani si sono trasferiti all’estero dopo la pensione.

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