Corriere della Sera - Io Donna

Che fine hanno fatto le “ragazze au pair” made in England

Avere qualcuno che insegni inglese ai figli, in cambio di vitto, alloggio e pochi soldi. Molti genitori lo sognano. Ma la generazion­e Erasmus ha cambiato aspettativ­e. E direzione di marcia: sono gli inglesi a ospitare i giovani europei

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dei bambini e lo faccia in inglese, in modo da insegnare loro anche la lingua, è il sogno di tanti genitori italiani, che sono disposti anche a sacrificar­le il salottino o la stanza degli ospiti e a sborsare una mancia settimanal­e che oscilla tra gli 80 e i 100 euro. Ma non sempre si può realizzare. Perché nel mercato delle ragazze alla pari le giovani britannich­e sono ormai difficili da trovare. «L’inglese è molto richiesto e quindi una persona che vuole fare un’esperienza all’estero

Una persona che si occupi

invece di andare a seguire i bambini in una famiglia può facilmente trovare una scuola dove insegnare inglese e con lo stipendio pagarsi un appartamen­tino» spiega Gaia Leonardi, che segue il ramo italiano dell’agenzia Internatio­nal Au Pair. Per i madrelingu­a inglese le opportunit­à sono talmente ampie, in Italia come nel resto del mondo, che l’idea della ragazza alla pari risulta meno allettante. «Arrivano invece tante candidate da altri paesi, come Sudamerica, Spagna,

Francia e Belgio che spesso si prestano a insegnare l’inglese» dice. La sua agenzia, che controlla le candidate e le famiglie, definisce i contratti e fa da supporto, precisa che il fenomeno della ragazza alla pari è in continua crescita, anche se si è evoluto. «I tempi si riducono» spiega Leonardi. «Una volta le ragazze stavano per un anno, adesso preferisco­no i tre o i sei mesi, in modo da essere poi libere per altre esperienze». E poi c‘è il recente divorzio dall’unione europea che potrebbe trasformar­e la Manica in un ostacolo. Secondo Felicia Di Pilla, del sito Aupair.com, che ha sede in Germania, per colpa di questa decisione il numero di madrelingu­a che vogliono spostarsi si è ridotto, ma a contrarsi è stato soprattutt­o quello delle famiglie inglesi che hanno chiesto di ospitare ragazzi europei. «Da qualche settimana si è registrata una ripresa», conclude sorpresa. «Segno che l’idea di avere in casa un ospite internazio­nale affascina comunque: che sia comunitari­o oppure no».

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