Corriere della Sera - Io Donna
Come rinasce l’anima di uno stile
Quando un irriverente marchio milanese incontra un designer concettuale e giramondo, cosa può accadere? Si scopre nel nuovo corso creativo di Frankie Morello
Yoga, rilassamento, meditazione… Oggi, ogni tecnica è buona per ritrovare se stessi. La cosa più importante? Individuare subito un buon maestro. Sembrerebbe averlo trovato Frankie Morello, marchio milanese che vanta oggi la guida di Damir Doma, (ex) enfant prodige della moda che 14 anni fa lanciò propria maison. Come direttore creativo di Frankie Morello, per la sua prima collezione Damir ha scelto non a caso un nome dal fascino mistico: “Soul Searchers”. I cercatori dell’anima. «Ho pensato in primis a Milano, città d’origine del brand, dove sempre più persone organizzano viaggi a metà tra vacanza e ritiro spirituale in posti come Bali. Poi ovviamente, c’è l’anima del marchio. L’abbiamo cercata, la stiamo plasmando, guardiamo all’archivio per creare qualcosa di totalmente innovativo». Tutto inizia a giugno dello scorso anno, quando Doma
Damir Doma, direttore creativo di Frankie Morello. Il marchio ha inaugurato una nuova boutique in via Verri, a Milano. viene chiamato per infondere nuova linfa. Un’estate di lavoro, guardando a vecchi bozzetti per crearne di nuovi, studiando passate stravaganze per rivoluzionarle: «Pensi che a Ginevra, ad agosto, mi sono anche sposato!» esclama Damir, 38 anni, padre di un bambino di tre. Origine croate, studi a Berlino, un apprendistato ad Anversa e anni di lavoro a Parigi: in lui, di anime, ne convivono tante. Ma se nel suo marchio eponimo spicca un’essenziale indole avant-garde, qui le parole d’ordine sono differenti. «Il vocabolario giusto mi aiuta a concentrarmi, a capire che ispirazioni sviluppare. Frankie Morello per esempio è audace, ironico, sensuale, urbano. Emerge in questo modo anche il carattere della nostra clientela, il desiderio di non passare inosservati, di essere originali. Conquistata da dettagli inaspettati come bordi effetto cerniera, patch staccabili, frange di perline».
Una sfida? Sì, ammette, spiegando che senza un po’ di rischio è difficile evolversi dimostrando cosa, come creativo, è davvero in grado di realizzare. «Sono sempre stato definito ultra-minimale, ma come tutte le persone cambio con gli anni, e così si modifica anche il mio stile: in un disegno esprimo un lato di me, in altri modelli lascio emergere tutt’altro. Proprio come nella mia casa: è colorata, ricca di opere d’arte e di design che da poco ho iniziato a collezionare... Non certo spazi lineari in bianco e nero!». Damir ha la moda nel sangue: merito di una madre stilista e degli anni passati nel suo atelier in Germania, guardandola lavorare. Finita la scuola, nessun dubbio sul fatto che il fashion system sarebbe stato il suo futuro. «Ho una grande volontà, forse perché sono del Toro, la tenacia mi è stata data dallo zodiaco... Scherzi a parte, non mi sono mai considerato un designer tedesco, belga o francese. Ma se nel mio marchio spesso penso “Adesso cosa posso togliere”, in Frankie Morello dico: “Cosa posso aggiungere di divertente?”. E così ho giocato con applicazioni di maxi-corolle, stampe floreali sfocate o maglie dai disegni geometrici, i cui intarsi concettuali nascondono una visione grafica del nostro simbolo: lo scarabeo». Tanta la ricerca, anche nei musei dove ama intrattenersi nel tempo libero («Ma lo stress lo scarico al mattino, cerco di allenarmi tutti i giorni»). L’ultima mostra interessante? «A Parigi, la retrospettiva su Charlotte Perriand. I viaggi di questa designer lasciarono una traccia nel suo lavoro senza cambiarne lo stile, semplicemente ispirandola. Come creativo è stato illuminante comprendere che, per creare qualcosa di bello, basta poco: non sempre è necessario inventare qualcosa di completamente nuovo».