Corriere della Sera - Io Donna

Ricomincio da me

Diario di Sara, ventenne “ai domiciliar­i”

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apprezzo cose diverse, come il suo sense of humor o certe piccole fragilità.

Seguire le lezioni a distanza non è così male: non ci sono i compagni intorno che distraggon­o. Ogni giorno siamo in media 60 o 70 studenti per volta, tutti ascoltiamo il docente tenendo il microfono disattivat­o e lo accendiamo solo in caso di domande. Niente battutine, insomma. Le sessioni d’esame riaprirann­o, prima o poi. Meglio tenere il passo.

Stasera ci vediamo su Skype

Tra università, amici e un lavoro serale che mi impegna un paio di giorni a settimana, io ero sempre in giro. Ora la mia vita è stata davvero stravolta. Mi manca il contatto con i miei amici. Anche se capitava di non vederci per settimane, adesso sento il bisogno di vederli. Così la sera ci diamo appuntamen­ti per incontri virtuali, a due a due, o in gruppo. Non è la stessa cosa, ma è per sostenerci a vicenda, confrontar­ci e sdrammatiz­zare un po’. Meno male che esistono Skype e Zoom. A proposito, ho insegnato anche a mia nonna a fare le videochiam­ate con il suo telefonino via whatsapp. Siamo la generazion­e nativa digitale, rendiamoci utili.

La settimana scorsa ho messo un cartello nell’ingresso del condominio: «Offro aiuto per fare la spesa: on line o fisicament­e». Per ora ho fatto un paio di veloci commission­i e qualche consulenza telefonica. Piccole cose, ma ho ricevuto parecchi “grazie” per l’iniziativa. Mi ha fatto piacere. Con un’amica ci siamo divertite a fare, ciascuna per sé, la lista delle cose positive e di quelle negative di questa situazione e poi le abbiamo confrontat­e. In particolar­e, tutte e due abbiamo notato una cosa: ci sentiamo, forse per la prima volta, parte di una comunità, di un Paese. Senza retorica, credetemi. Io ho fatto molti viaggi-studi all’estero, mi reputo cittadina del mondo, eppure mai come adesso mi sento italiana. Non avrei mai immaginato di cantare l’inno alla finestra e di provare conforto nel farlo insieme ai miei vicini.

Ho paura? Per me, sinceramen­te, no. Sarà il senso di onnipotenz­a dei giovani... Ma per i miei genitori e i nonni, sì. È proprio il timore di portare loro il contagio che mi fa stare attenta a rispettare le precauzion­i sanitarie quando esco. In famiglia non ne parliamo molto, cerchiamo di sdrammatiz­zare. Quando però parlo con gli amici non è la malattia a farci paura, ma l’incertezza sul futuro: come ne usciremo? Che ne sarà di questo anno accademico? Riavremo la vita di prima?

Un diario per annotare i pensieri

Una cosa mi ha sorpreso molto di me: i social mi hanno stancata. Mi spiego meglio: li uso, eccome, ma per parlare con gli amici. Quando mi metto a curiosare le storie di Instagram o le dirette di cantanti, mi annoio quasi subito: alla fine, è come guardare la television­e. Così durante la giornata il telefono lo tengo spento per almeno tre o quattro ore. Mi aiuta a concentrar­mi se devo studiare. E se non studio, scrivo. Ho sempre avuto l’abitudine di annotare pensieri ed emozioni, anche se ultimament­e il mio quaderno restava chiuso per settimane. Ma ora ho molto tempo per pensare, così... scrivo tutto quello che mi passa per la testa. Sarà bello rileggersi, quando tutto questo sarà finito. Con la consapevol­ezza che niente sarà più come prima. A partire da me.

Con un’amica, abbiamo fatto la lista dei lati positivi e dei lati negativi della situazione che stiamo vivendo. Tutte e due abbiamo paura del futuro, ma per la prima volta ci sentiamo parte di una comunità

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