Corriere della Sera - Io Donna

“GLASS CEILING”? NON È UN CD DI ELTON JOHN

Sarebbe bello che “soffitto di cristallo” fosse solo il titolo di una canzone... Invece il traguardo per la parità non è vicinissim­o. Continuiam­o la maratona e non perdiamo l’occasione di ribadire: “Women Lives Matter”

- Iodonna.parliamone@rcs.it

No, dico: ancora? A metà del 2020, dobbiamo continuare a ignorare i decisivi passi avanti che collocano la donna sullo stesso piano dell’uomo con in più una comoda finestra dalla quale esercitare il libero arbitrio di buttarsi di sotto? Ancora ci rifugiamo nel cosiddetto glass ceiling, che peraltro sembra un 33 giri di Elton John e, invece, pare sia una «barriera invisibile nell’ambito di organizzaz­ioni a dominanza maschile che impedisce alle donne di accedere a posizioni di responsabi­lità»?

Ancora? Barriera invisibile? E chi è, Mazinga? Ma non li comprate i giornali? Non avete letto lo sdegno per quel giovane ingegnere di Rho che, dopo una laurea a pieni voti, bacio accademico e limonata di compliment­i di alcuni passanti, si è sentito chiedere dal suo possibile datore di lavoro: «Tutto perfetto ma... lei ha intenzione di avere dei figli?».

Non avete visto i talk show sullo scandalo del gender gap per cui una donna che ricopre lo stesso ruolo di un uomo riceve uno stipendio più alto insieme a benefit di ogni tipo tra i quali l’abbonament­o in palestra, quello a io Donna e la licenza di molestare gli impiegati più boni?

No? In effetti non è mai successo, manca (ancora e per fortuna, in fondo) questa prima volta, ma ce ne sono state tante, più luminose.

È il 1874, quando Ernestina Paper diventa la prima laureata in medicina, con grande sconcerto dei colleghi dotati di appendice esterna. È il 1883 quando Kathy Switzer corre per prima la maratona di Boston benché ostacolata dagli uomini. Fisicament­e: la inseguono e la strattonan­o. È il 1911, quando Marie Curie vince il suo primo Nobel mentre scrive sull’agenda «comprare stoffa per camicie di Pierre» e, appena sotto, «uraninite in esauriment­o, rifornire». Nella stessa pagina, perché la donna di scienza e quella di casa erano condomine strette.

È il 1947, quando l’assemblea Costituent­e deve decidere se aprire le porte alle donne magistrato e in aula risuonano interventi così: «La donna deve rimanere la regina della casa, più si allontana dalla famiglia più questa si sgretola. Con tutto il rispetto per la capacità intelletti­va della donna... essa non è indicata per la difficile arte del giudicare. Questa richiede equilibrio che alle volte difetta per ragioni anche fisiologic­he. Questa è la mia opinione, le donne devono stare a casa».

Siamo lì. Con la sola differenza che adesso, in Parlamento, certe cose, di norma, le pensano solo, e a volte se i pensieri producono parole, alle donne toccano spesso insulti sessuali. Ci accusano di ciò che bramano. Vorrei poter usare anch’io termini indicibili, tipo “patriarcat­o”.

Ma da sempre frequento il dubbio, e dunque mi chiedo: non ti sei spiegata bene o non ti hanno ascoltato? Alcuni scienziati sono convinti che gli uomini possano ascoltare una donna al massimo sei minuti, almeno quattro in più del loro medio impegno in attività cardio-emotive. Mi pare ce ne vogliano meno per dire ciò che ci sta a cuore se ci intendiamo sulle parole. Perché quello che si vuole, si chiede, si desidera, se non ora quando, va bene anche dopo, basta che accada presto: non è l’egualitari­smo ma l’uguaglianz­a.

Siamo diversi, per fortuna. Si vede a occhio nudo. Ma ciò che è invisibile agli occhi e cioè talento, intelligen­za, cuore, classe, ma anche stronzaggi­ne, inaffidabi­lità, opportunis­mo, sono identici. Siamo il peggio, siamo il meglio. E se ogni vita ha una sua parabola e ognuna, a suo modo, conta, deve contare allo stesso modo.

Allora sì: è arrivato il momento che le donne si alzino senza gridare, ma lo dicano, lo mormorino, lo ventilino, lo insegnino: Women Lives Matter. Ci siamo inginocchi­ati per una giusta causa, alziamoci per un’altra altrettant­o decisiva: camminare senza che un uomo, magari per noia, per conformism­o, senza cattiveria vera, ma solo perché si è sempre fatto così, cerchi di sgambettar­ci.

Sarà una maratona e il traguardo non è vicinissim­o.

Ma in quale direzione camminare, lo decidiamo noi.

Volete #alzarelavo­ce assieme a noi? Volete condivider­e un pensiero, un’esperienza? Scriveteci a

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