Corriere della Sera - Io Donna

Smascherat­a

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ortare gli occhiali è fastidioso. Indossare la mascherina è scomodo. Ma mascherina più occhiali, a luglio, per le vie della città, negli uffici, sui mezzi, è quasi una tortura. Soffochi, ti scaldi, sbuffi, e intanto il calore gonfia, sale, e va ad appannare gli occhiali, che già scivolavan­o via sopra il tessuto e si incastrava­no malamente con gli elastici. Le orecchie diventano a sventola, i capelli meglio raccolti sennò è tutto un groviglio, e l’unica cosa che si vede davvero sono gli occhi. E soprattutt­o le occhiaie.

Per qualche giorno, illusa!, avevo pensato che avrei provato la libertà di girare velata: nessuno ti guarda, nessuno ti vede, sei praticamen­te invisibile. Ma a meno che tu sia un’eroina dei fumetti, una pericolosa spia o al Carnevale di Venezia, la perdita di identità nella vita di tutti i giorni è di scarsa utilità. E si accompagna alla mancanza di fiato.

Se poi gli occhi li usi molto ma non li curi affatto, sono guai. Da quando una make up artist mi ha fatto notare, implacabil­e ma alla fine utile, che i miei occhi non avevano nulla di speciale, e che avrei dovuto colorare piuttosto la bocca e rinforzare le labbra sottili, la mia routine bellezza è stata, se non efficace, almeno semplice. Una passata veloce di rossetto senza nemmeno guardarmi allo specchio, come fanno i bambini col burro di cacao, e una tinta accesa, scura nelle giornate invernali, appena un filo più luminosa d’estate.

Ma se il tuo punto di colore è tutto concentrat­o sulla bocca, e lì c’è il veto perché sennò imbratti tutto, ti senti davvero una tavolozza senza tinta. E siccome la mascherina la dimentichi spesso e poi la prendi al volo prima di uscire, la metti sulle scale perché snobbi l’ascensore per fitness o per paura, e la sistemi nevroticam­ente per strada, non c’è trucco che tenga. Se hai gli occhioni vellutati e lungociliu­ti, sei comunque maliarda. Se sei stanca e sciupata, lo sei ancora di più. Senza le labbra a sdrammatiz­zare, il dramma c’è.

Poi sei cittadina cosciente e coscienzio­sa e ubbidisci. Ne tieni una a portata di mano in ogni borsa. Hai imparato a riconoscer­le: tecniche, egoiste, vezzose, logate, basic, bio, vegane, tuttifrutt­i, fintotutto, lavabili ma mai lavate, usa e rimetti, casalinghe, multistrat­o. Hai deciso come abbinarle, in tinta con le scarpe o in tinta con la borsa, sportiva in bici, neutra in ufficio, a righine al mare, a fiorellini in campagna, camouflage in montagna. Hai destinato un angolo di casa a comparto mascherine, in pigna per gradazione di colore le maniaco ossessive, per peso le precisine, e vicino la scorta di guanti fatta per tempo perché non si sa mai. Hai fatto tutto quello che dovevi e lo farai fino a quando non ti diranno stop. Ma non vedi l’ora di tornare nuda. Senza essere additata come pericolosa nudista. Con la tua risata aperta, il mezzo sorriso di condiscend­enza, la risatina di sottecchi. E persino il risolino nervoso delle situazioni difficili. Con tanto di rossetto scuro.

P

Cara direttrice ho letto l’editoriale, Maturo? del numero 26 tutto d’un fiato: ieri era il giorno della maturità classica di mia figlia. Oggi è “il primo giorno del resto della sua vita” e anche della mia.

Ieri il cordone si è decisament­e reciso (finalmente!, sottolinea mio marito) quando l’ho vista entrare dalla porta del liceo, per l’ultima volta, testa alta, decisa, passo dopo passo verso l’aula dove la commission­e l’attendeva.

Ce l’ha fatta senza il mio perfezioni­smo e la necessità di avere tutto sotto controllo. Allora è possibile! Lei così diversa, così disponibil­e verso la vita, aperta al fato e serena. Cosa farà da grande?

Fortunati i bambini che potranno averla come insegnante.

Grazie Anna. Forse è stata anche la mia maturità.

Buona vita a tutti i nostri ragazzi.

Barbara Ballotti

Cara Mirella, figlia mia, oggi compi 18 anni. Se potessi scattarti una foto, sarebbe proprio simile all’immagine che mi ha colpita su io Donna n. 28 del 13 luglio 2019: le modelle su scogli a picco sul mare. Te la farei in una bella giornata di sole, quasi a mezz’aria tra la luminosità del cielo incolore e l’azzurro della distesa bassa dell’acqua. Solo da poco hai guardato la roccia dalla riva calcolando la misura della sua altezza pronta a sfidarla.

Non ti sei fidata delle apparenze, non sono bastate le consuetudi­ni.

Hai accettato di passare in rassegna le tue forze: coraggio, anti noia, anti sonno, anti fretta, e poi gli anti disertori, gli anti lagna, e infine gli anti alibi.

Alla fine di questa parata, sicura e tranquilla, hai cominciato a salire silenziosa. E ora che sei finalmente scattare questa bella foto e farti gli auguri.

Buon compleanno, figlia mia.

Silvana Simonelli

Cara Danda, vivo da poco in un paesino della Toscana e il 1° giugno, tornando da una passeggiat­a, trovo davanti al portone di casa un piccolissi­mo uccellino, che non sapevo neppure a che specie appartenes­se, avendo sempre vissuto in grandi città. Finalmente, con un giro di mail, scopro che l’uccellino, che avevo chiamata June, era un balestrucc­io, difficile da salvare perché si nutre solo di insettini. Determinat­a a farla sopravvive­re andavo a caccia di zanzare, finché, con l’aiuto della veterinari­a e dell’amica Paola, sono passata a nutrirla con la carne cruda.

Passavano i giorni e June veniva da sola sul palmo della mia mano, sensazione indescrivi­bile: ogni ora la imboccavo e mi cinguettav­a con suoni mai sentiti.

Se non voleva più bere scuoteva il capino, questo mi divertiva molto!

Cominciai a chiedermi come fare per esercitare le sue ali per il volo verso la libertà, dato che presto oltretutto non avrebbe più voluto la carne cruda. Perciò, costruito un “nido” con un contenitor­e trasparent­e, la misi in terrazza per farle vedere i suoi simili. Non le sfuggiva alcun piccolo movimento e suono!

Il 16 giugno June ha spiccato il volo dopo avermi salutato con un cinguettio che non dimentiche­rò più!

Debora Fede

Gentile redazione, ho letto sul numero 23 il bell’articolo firmato da Sabina Pignataro I nostri saggi e il futuro che verrà. Appartengo alla generazion­e falciata dal Coronaviru­s e sono una di quelle poche ancora in attività.

Sono mamma di tre figli ormai adulti e nonna di cinque nipoti che vivono nel mio stesso stabile. Faccio ricerche storico-artistiche, scrivo di tanto in tanto per i giornali locali come La Città legata a Il Resto del Carlino, mi occupo ancora di tante cose. Come ho sempre fatto!

Ho scritto anche un libro intitolato “Memorie arsitane ... e non solo”: vi racconto in sintesi e con l’aiuto di foto d’epoca (furono scattate in parte da una nota fotografa sfollata da Pescara) la mia storia di bambina di paese con esperienza di collegio (per studiare), trapiantat­a poi a Milano per l’università. Nella mia città di adozione (Teramo) e nel mio paese natio quel volumetto ha avuto un certo successo e con il ricavato della vendita ho potuto far restaurare un busto settecente­sco della chiesa parrocchia­le di Arsita. Cordialmen­te.

Carla Tarquini

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L’editoriale Maturo? (su io Donna n° 26).

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