Corriere della Sera - Io Donna

DI MILANO

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Abbiamo cantato tutti, ma lei lo ha fatto meglio di noi: ecco Laura Baldassarr­i, cantante e artista lirica mentre intona “Lascia ch’io pianga” dall’opera di Händel nell’immagine suggestiva tratta dal lavoro imponente di Alex Majoli sul lockdown in Italia. iamo capaci di guardare a questa terribile esperienza che ha coinvolto il nostro fragile mondo? Come possiamo farlo? Siamo già pronti per elaborarla? Probabilme­nte no. Ma possiamo iniziare a metabolizz­are i momenti di questa tragedia imparando a guardare il “fermoimmag­ine” di ciò che abbiamo vissuto: città spettrali in cui si leva il suono del silenzio e, di contro, noi e gli altri, capaci di cantare all’unisono e a squarciago­la da tutti i balconi. Ci hanno commosso l’eroismo del personale sanitario e il virtuosism­o delle aziende che sospendono il lusso e affrontano l’emergenza.

Sì, abbiamo visto prove di coraggio, d’inventiva e resistenza. Siamo stati capaci di un’umanità straordina­ria e forse ora cercare tra le immagini la testimonia­nza del nostro vissuto può metterci in contatto con tutti gli esseri umani qui e nell’immenso altrove per sentirci parte di un tutto di cui siamo, ora, più consapevol­mente responsabi­li. Da questi presuppost­i e dalla necessità di costruire un archivio della memoria, si è mossa Arianna Rinaldo - una delle poche donne al mondo a dirigere un festival di fotografia – di Cortona On The Move, la manifestaz­ione che da dieci anni si svolge nel paese toscano sulle colline aretine.

Il festival nato da quattro amici al bar del paese diventa ben presto un successo. Sostenuto da Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo, dal Comune e dalla Regione Toscana, ospita da sempre i photoedito­r di tutto il mondo mettendoli in connession­e con gli autori. Mostre, talk, workshop invadono ogni spazio. Il borgo si presta: infatti più di 30 mila visitatori ogni anno ne hanno decretato il successo. Rinaldo racconta: «Volevamo fare progetti importanti per il nostro decimo anniversar­io, il tema scelto era il futuro. Abbiamo messo in campo denaro ed energie per costruire un’edizione speciale. Non avrei mai immaginato quanto speciale sarebbe diventata. Scoppia la pandemia. Il mondo si ferma. Ho pensato che non avremmo fatto nulla e invece con

SAntonio Carloni, che mi affianca nella direzione operativa, ci siamo inventati una piattaform­a on line, The COVID-19 Visual Project, dove raccoglier­e i lavori fotografic­i già fatti e dove esporne di nuovi. L’idea, decisament­e ambiziosa, è quella di creare un archivio della memoria. Tenere la traccia visiva di ciò che è successo. Grazie alla rete internazio­nale che abbiamo costruito in questi anni, siamo riusciti a coinvolger­e tantissimi fotografi. Per questa edizione, straordina­ria in ogni senso, ho deciso di scegliere autori e autrici che potessero toccare tutti gli aspetti di ciò che è successo: non solo città vuote, emergenza sanitaria o aziende riconverti­te ma, come potete vedere in queste pagine, consentire una visione eterogenea. Lavorando a questo progetto ho capito che era necessario fare qualcosa che durasse più a lungo: un archivio appunto, da aggiornare costanteme­nte per seguire l’evoluzione dell’evento più globale e terribile che potessimo immaginare. È una grande responsabi­lità ma siamo una squadra affiatata che lavora tutto l’anno e che durante l’estate diventa una famiglia allargata con 60 volontari che ci aiutano. Lo faranno anche per questa insolita edizione che avrà luogo dall’11 luglio al 27 settembre».

Arianna Rinaldo è una giovane cinquanten­ne, fiera mamma single di Orlando, 6 anni. Oggi vive a Barcellona dopo aver viaggiato per mare e per terra. Parla molte lingue e tutte maledettam­ente bene. Brianzola con sangue veneto, scuole elementari a Rochester nel Minnesota - un posto tipo Fargo, dice lei - al seguito del padre manager dell’ibm, liceo italiano e università a Venezia per lingue orientali, poi Cina e Taiwan. Dopo l’oriente, al ritorno in Italia, sua zia, commessa da Benetton, le ha messo da parte Colors, il magazine rivoluzion­ario creato da Oliviero Toscani nei primi anni ’90, che regalano in azienda. Se ne innamora, non ha esperienza ma bussa ugualmente alla porta di Fabrica, il centro creativo di Benetton e viene assunta. Inizia la scoperta del linguaggio visivo.

È una grande scuola, imparerà e volerà a New York per lavorare all’agenzia fotografic­a Magnum, dove ricomincia come stagista fino a diventare direttrice dell’archivio. Rientra in Italia per collaborar­e con vari magazine, ma la vita di redazione non fa per lei. La sua vocazione è viaggiare, da un festival all’altro, scoprire talenti, vedere immagini. Ogni sua esperienza profession­ale è stata un azzardo. «Ogni volta mi metto in gioco e mi reinvento, ho scoperto che tutto è utile. Non avrei mai pensato che lo studio del cinese antico sarebbe stata la formazione per le immagini che avrebbero affollato la mia vita: non quelle degli ideogrammi, ma le storie del mondo contempora­neo».

Arianna Rinaldo ritratta dal fotografo Paolo Verzone.

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