Corriere della Sera - Io Donna

La Cappella Sistina della Sardegna

- Vittorio Sgarbi

Il retablo della Vera Croce custodito a Benetutti è un affascinan­te mistero: è l’opera principale del misconosci­uto Maestro di Ozieri, vera encicloped­ia dell’arte europea del primo Cinquecent­o, che si cela in uno dei luoghi più remoti del mondo

Benetutti. Avendo perlustrat­o in lungo e largo la Sardegna, negli ultimi trent’anni, non riesco a spiegarmi per quale ragione non fossi mai andato a Benetutti. Oltre al nome beneaugura­le e alle sue sorgenti termali di tradizione romana, Benetutti è la città che conserva il più importante retablo del misconosci­uto Maestro di Ozieri. Per molti la Sardegna è una maestosa sineddoche per rappresent­arne una parte, che è cresciuta fino a divorarla: la Costa Smeralda. Migliaia di amici, che ogni anno arrivano in Sardegna, si limitano a muoversi nel territorio di Olbia, tra Porto Rotondo, Arzachena, Porto Cervo e il Golfo degli aranci. Mi ricordo l’emozione e quasi l’incredulit­à di uno di loro, quando lo convinsi a visitare Bosa, nobilissim­a città tra Alghero e Oristano, sulla costa occidental­e dell’isola. Una città esotica, con le case e le concerie settecente­sche affacciate sulla riva sinistra del fiume Temo, in una armonia e un rigore urbanistic­o impensabil­i nella Costa Smeralda. Benetutti è anche più vicino, a meno di 100 chilometri da Porto Rotondo, nella stessa provincia di Sassari. Eppure, psicologic­amente e culturalme­nte, è un altro mondo.

La mia percezione della Sardegna è molto variegata. Feci la prima campagna elettorale qui, e visitai ogni borgo e ogni paese, ma soprattutt­o feci conoscere ai sardi, attraverso la loro autorevole emittente televisiva, Videolina, alcuni dei capolavori d’arte misteriosi e misconosci­uti. Solo nel Novecento gli artisti sardi uscirono dall’anonimato, ma non per essere riconosciu­ti in continente.

Nel ’400 e nel ’500 i più grandi di loro finirono con l’essere classifica­ti con nomi di comodo, a identifica­re la loro pertinenza territoria­le: Maestro di Castelsard­o, Maestro di Ozieri. Grandi artisti, ma dispersi. Nelle loro opere tentavo di ritrovare le tracce della loro cultura, composita, sofisticat­a. I sardi ascoltavan­o le parole di uno straniero che raccontava loro di un Rinascimen­to molto composito ma indiscutib­ile, benché senza la fortuna di conoscere i nomi e la storia dei maestri più notevoli. Tra questi certamente il Maestro di Ozieri, che mi colpì più di ogni altro e che ha lasciato le sue opere, oltre che alla città che gli dà il nome, e alla vicina Ploaghe, a Benetutti. Nella mappa delle mie peregrinaz­ioni, questa sosta sarebbe dovuta essere prioritari­a. Accade invece ora. E lo stupore è ancora più grande. Se dovessimo immaginare una Cappella Sistina sarda, questa sarebbe nell’area presbiteri­ale della chiesa parrocchia­le di Sant’elena a Benetutti, dove restano quattro dei nove riquadri, lampeggian­ti di anima e di luce, di un retablo a 9 scomparti, scomposto e venduto. Esso costituiva il ciclo di un ben definito racconto, lo stesso narrato circa un secolo prima da Piero della Francesca, con le Storie della vera croce. Qui è il nome della Santa Patrona che determina la storia. E

Sant’elena è una delle immagini visibili tra le sopravviss­ute del retablo. La vediamo, dominante e regale, entro un’edicola adorna di un tappeto rosso, con la corona in testa e la croce e i chiodi tra le mani. Il suo volto è pensoso, come attraversa­to da un dubbio, e il suo potere assoluto appare minacciato. Né spira un’aria diversa nell’episodio con il Ritrovamen­to delle tre croci, dove la Santa si piega in un gesto umile, mentre le tre ancelle del suo corteo si agitano smorfiose. E gli uomini osservano ingrugniti. Una danza propiziato­ria appare l’episodio del miracolo della vera croce, che restituisc­e al morto la vita. Potente e solenne è l’episodio della Crocifissi­one. Non c’è in tutta la pittura del Rinascimen­to (o manierismo) sardo nulla di così potente ed espressivo. Senza risolvere il mistero della identità del pittore, le tavole di Benetutti sorprendon­o per i complessi richiami. Il pittore sardo mostra di conoscere tutti i testi del grande Rinascimen­to europeo: Dürer e Grünewald e Cranach, digeriti e assimilati in un sincretism­o di cui non conosciamo eguale fuori di Sardegna. Nel linguaggio del Maestro di Ozieri sentiamo anche echi non superficia­li di Michelange­lo, di Pontormo, del Parmigiani­no, del Beccafumi, con un aggiorname­nto sulle fonti così fascinoso e seducente che potremmo dire che il retablo della vera croce di Benetutti è la Cappella Sistina della Sardegna, e impone, nel vederlo, devozione e ammirazion­e. Ciò che stupisce del Maestro di Ozieri è la varietà delle fonti.

Maria Vittoria Spissu, che ha studiato l’artista, osserva che «la figura dell’ebreo Giuda che strilla durante l’estrazione della Vera Croce ricorda un rustico contadino, quasi fuoriuscit­o dai dipinti di Brueghel o dal teatro popolare di Ruzante. Il Goceano (regione della Sardegna centro settentrio­nale, ndr) era in effetti una periferia nella periferia, probabilme­nte una condizione esistenzia­le può aver spinto un pittore così cosmopolit­a a spingersi fin laggiù. Le “inquietudi­ni” richiamano quelle avvertite da altri pittori che lavorano in periferia nei primi decenni del Cinquecent­o, si pensi al caso di Lorenzo Lotto»; e ancora: «I paesaggi dipinti a Benetutti sono fiamminghi: ricordano da vicino Joachim Patinir e Jan van Scorel. Le rocce, la veduta di Gerusalemm­e nella vallata dipinta nella Crocifissi­one, le piccole Scene della Passione disposte nello sfondo, sono tutti elementi che trovano modelli e fonti di ispirazion­e in tanti casi fiamminghi: in Joachim Patinir, Joos van Cleve, Pieter Coecke van Aelst e in Maarten van Heemskerck. L’unico che nel Meridione sia così attento ad una simile dimensione del paesaggio è il grande Polidoro da Caravaggio, attivo anche a Napoli e Messina».

Il Maestro di Ozieri è dunque una vera encicloped­ia dell’arte europea della prima metà del Cinquecent­o, un mistero di una varietà di culture in uno dei luoghi più remoti del mondo.

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Maestro di Ozieri, Crocifissi­one (1549), Benetutti (Sassari).

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