Corriere della Sera - Io Donna
Righe tempestose
Per sorridere della vita
Le scelte di Serena Dandini
Di emozioni abbiamo bisogno come il pane, una favola al giorno è un rimedio omeopatico contro la malinconia di questi giorni d ’ansia e di incertezze
Dentro un poeta si nasconde sempre un bambino, ma nel caso di Guido Catalano - come afferma lui stesso - di bambini se ne nascondono «cinque di dieci anni». Una convivenza difficile per lo scrittore più rock del panorama italiano. Chi ha amato i suoi romanzi d’amore, ironici e disincantati, non può perdersi questo nuovo libro di Fiabe per adulti consenzienti (Rizzoli): 100 favole illustrate dai bellissimi disegni di Marco Cazzato che raccontano di principi azzurri con il sogno di diventare principesse rosa o di ghiri che non riescono a prendere sonno. Se anche voi avete problemi di insonnia in questo momento carico d’ansia e di incertezze, invece di ricorrere agli ansiolitici provate una favola di Catalano al giorno per riconciliarvi con il mondo, sono brevissime e quindi facili da assumere come un rimedio omeopatico contro la malinconia.
Quasi una decina d’anni fa il filosofo Miguel Benasayag, parafrasando Spinoza, definiva il nuovo secolo l’epoca delle “passioni tristi”. Credo che ora toglierebbe d’ufficio la parola “passioni” lasciando semplicemente la tristezza che, come cantava Guccini, oggi ci avvolge come miele mentre per fortuna questi preziosi antidoti letterari rendono più leggero il nostro cammino.
Catalano, dopo aver attinto al patrimonio tradizionale di draghi e folletti, si lascia andare alla sua immaginazione e narra di ragni affetti da aracnofobia che non riescono a trovare l’anima gemella o maghi smemorati che non ricordano più neanche una formula magica, mentre per tutti c’è l’impresario turco specializzato nel cercare lavoro ai personaggi immaginari. Se le fiabe dei fratelli Grimm spesso facevano paura, quelle di Guido Catalano sono tenere e spietate e, anche quando non hanno un lieto fine, fanno sempre ridere. Non possiamo che essere riconoscenti. Guido si definisce “un poeta professionista vivente” ma un hater sui social lo ha definito “criminale poetico seriale” e lui ha adottato con orgoglio questa definizione. Il poeta voleva fare la rockstar, ma poi ha optato per la letteratura che si avvicina alla magia: in fondo non fa una grande differenza perché «i poeti sono come quei maghi che hanno un libro in mano e leggendo quelle formule fanno accadere qualcosa nella realtà. Non puoi sollevare un’auto, ma far scaturire emozioni sì e questo è piuttosto miracoloso». Di emozioni abbiamo bisogno come il pane, così come di quella sottile ironia che sempre pervade i suoi testi perché sorridere della vita e delle sue assurdità ci aiuta ad amarla, nonostante le brutte sorprese che ci riserva.
Sembrava bellezza
L’ultimo romanzo di Teresa Ciabatti ci trascina nell’eterna lotta tra bellezza e decadimento fisico: un libro difficile e graffiante, fin dal titolo. La protagonista di Sembrava bellezza si racconta senza pudori, mettendosi completamente a nudo: scrittrice di mezza età, all’apice della carriera, ritrova un giorno Federica, la migliore amica dell’adolescenza. Con lei riaffiorano i ricordi che la spingono a perlustrare il proprio passato alla ricerca della verità: i piani temporali si confondono ed ecco riapparire Livia, sorella di Federica e ragazza più bella della scuola, invidiata e ammirata da tutti. Fino alla notte dell’incidente, in cui la sua giovinezza rimane cristallizzata per sempre nella mente di un’eterna ragazza.
La Ciabatti ci porta a fondo in una caduta libera fatta di invidia, vergogna e desiderio. Non ci permette di riappacificarci con i rimorsi e le mancanze ma ci costringe a ricordare tutte le volte in cui siamo state zitte o in cui ci siamo voltate dall’altra parte. La tenerezza e il perdono arriveranno solo quando riusciremo a scindere i nostri errori dall’identità profonda che ci portiamo dentro: rivelandoci per quello che siamo, imperfette ma reali.
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Autore amatissimo dai ragazzi, Matteo Corradini terrà un corso di scrittura. Perché “raccontarsi significa osservare le proprie emozioni e provare a dar loro un nome”
Matteo Corradini risponde al cellulare dalla sua casa vicino a Piacenza, affacciata sulla campagna. «Mi rasserena questo paesaggio così tranquillo. Ieri ho visto tra gli alberi anche alcuni cerbiatti» dice con voce allegra. Forse è questa serenità del paesaggio ad accentuare il suo sguardo vitale, la fantasia, la capacità di amare che resistono anche nella paura, incontrate nei suoi studi sulla Shoah: «Anche nei campi di prigionia – scrive – ci sono stati lampi di umanità».
Ebraista e scrittore che si occupa di Didattica della Memoria, Corradini, sa che è l’immaginario l’architrave che sostiene il mondo dei ragazzi al quale è rivolta la sua attenzione. Anche per questo ha organizzato un webinar per 11-14enni, Il cuore della giraffa, su come scrivere una fiaba. «È un corso di scrittura ed espressione per ragazze, ragazzi, giraffe e giraffi. Le parole dei maestri della letteratura, il mio modo di esprimere ciò che sento e vedo passando attraverso le immagini dei libri che amo. E allenando la mia voce a dirlo. Raccontarsi significa provare a capirsi, osservare le proprie emozioni e provare a dar loro un nome. Per scrivere una fiaba, e trasformarla in podcast» (corso gratuito, iscrizione obbligatoria, andersensestri.it oppure eventbrite.it ).
Per questo scrittore, che ha vinto il Premio Andersen nel 2018, e per la coerenza che lo guida,«inventare si può, ma spesso è preferibile raccontare». Con questa mano lieve, ha costruito un libro Luci nella Shoah (De Agostini) presentato nel Giorno della Memoria. Sottotitolo: Le cose che mi hanno tenuto in vita nel buio. Sono piccoli lampi di umanità: nei lager c’è chi li ha trovati disegnando su fogli di cartone con i pastelli rubati. Chi ricucendo una bambola di pezza o suonando uno strumento musicale mezzo scordato, chi stringendo al petto una lettera d’amore. «Raccontare la storia di queste ragazze e ragazzi del passato significa lasciarsi illuminare oggi dalle loro minuscole luci. Perché possano ispirare anche noi» commenta Corradini.
Sono molte le opere che questo studioso, al quale si deve la cura filologica e lessicale della nuova versione del Diario di Anne Frank (Bur), ha dedicato a Terezin. Il ghetto in Repubblica Ceca dove i nazisti internarono oltre 15mila tra bambini e ragazzi: alla fine della guerra ne erano rimasti in vita 142. Corradini l’ha visitato per la prima volta il 30 gennaio 2002, e anche se sembrerà strano si è affezionato a questo luogo che in qualche modo gli parla. Ma più del coraggio che dell’abbandono, dell’esistenza più che della distruzione. «Per questo ci ritorno ogni anno. E certi anni anche più di una volta».
Per i ragazzi di Terezin ha scritto La repubblica delle farfalle (Bur), La pioggia porterà le violette di maggio (Lapis Edizioni), Siamo partiti cantando (Rueballu) commentato dalle straordinarie illustrazioni di Vittoria Facchini. Di questa artista capace di dare ai suoi disegni una bellezza spietata, è il racconto per immagini di Fu Stella (Lapis Edizioni) marchio dell’odio per il nazismo che l’ha imposta, e segno indimenticabile dello sterminio. Matteo Corradini la racconta in versi. Rime terse e strazianti alle quali è affidato un compito: «La sola speranza di tutta la Storia/è perdere il conto ma non la memoria».
Giusi Ferré
Anne Frank Diario di Matteo Corradini Bur pagg. 512, euro 10.