Corriere della Sera - Io Donna
Troppe donne credono ancora che l’amore vero è quello travagliato. Ma non è così. Abbiamo tutti diritto alla serenità
un rapporto inevitabilmente imperfetto e sbilanciato, che si rivela dannoso per entrambi». Chiunque può finire in una trappola simile se incontra un partner sbagliato per sé, a ogni età; tuttavia come precisa Telfener, «le donne fra i 30 e i 40 anni sono le più a rischio. Le ventenni o le cinquantenni non tollerano altrettanto facilmente un uomo “carnefice’” e se ne vanno, le donne nell’età di mezzo sono più attratte dall’idea “io ti salverò” sottesa a molte relazioni tossiche. È come se il desiderio di un figlio, soprattutto se non è stato espresso, le rendesse capaci di sopportare sofferenze da cui altrimenti fuggirebbero».
Mai trascurare gli amici
Perché di vero dolore si tratta, anche quando non si arriva alle botte o alle violenze fisiche (che pure, purtroppo, punteggiano molti rapporti malsani). Le relazioni sbagliate sono infatti relativamente facili da riconoscere: non portano gioia ma infelicità, ci si sente spesso tristi, rassegnate, ansiose, a volte anche invidiose delle altre coppie. L’autostima cola a picco, in qualche caso compaiono perfino i segni di un disagio mentale, dalla depressione ai disturbi alimentari.
Le relazioni con gli altri cambiano e come specifica Glass, «quando non si pensa più a se stesse ma ci si occupa solo di lui, trascurando familiari e amici, significa che si è oltrepassata una linea di non ritorno. Se gli altri ci fanno notare che qualcosa non va, non sottovalutiamolo: spesso chi si trova in una relazione tossica è l’ultima a rendersene conto». Le “bandierine rosse” per accorgersi che il rapporto cammina su un binario rischioso quindi sono tante, ma il meccanismo sottostante è sempre «un gioco di potere improprio», come lo definisce Telfener. «Questi rapporti si riconoscono perché c’è uno dei due che abusa del suo ascendente, in modo esplicito arrabbiandosi o denigrando ma anche in maniera più sottile e implicita, per esempio squalificando costantemente l’altro. Una litigata non è certo patologica, ma se il conflitto diventa costante e si ripete nel tempo lo diventa, eccome. E fa malissimo: la vittima si sente colpevole,
insicura. Sono vere molestie morali».
Come un ragno che tesse la tela
Un lui “tossico” si riconosce perché spesso ha due facce: è amorevole ma poi accusatorio, un giorno guarda con occhi innamorati e quello successivo con odio da persecutore. «Questi atteggiamenti altalenanti, da dottor Jekyll e mister Hyde, sono tipici così come una grande capacità manipolatoria» dice Telfener. «L’uomo tossico è come un ragno che tesse la tela, dice alla sua donna di avere bisogno di lei, di trattarla male perché è più forte di lui e di essere disperato per questo. Un tratto tipico e riconoscibile dei partner tossici (che sono più spesso uomini ma, è bene ricordarlo, possono anche essere donne e ci sono pure nelle relazioni omosessuali, ndr) è l’incapacità di leggere se stessi e i propri traumi, di riconoscere gli errori; sono anche abilissimi a rivoltare la frittata, capaci di dichiarare tutto e il suo contrario. La tendenza ad accusare e a far sentire in colpa l’altro innesca nella vittima reazioni altrettanto tipiche: ci si sente sbagliati, incapaci di amare e di dare abbastanza. Tutte le sensazioni negative vengono concentrate su di sé, il partner si dà per scontato che sia perfetto; semmai può aver bisogno di essere “salvato” dalle sue debolezze, ma siamo noi a non essere capaci di farlo. Il risultato? La paralisi: riconoscere una relazione tossica è facile, uscirne è difficilissimo».
Importante saper chiedere aiuto
Una via di fuga invece c’è sempre ed è necessario trovarla sciogliendo prima di tutto l’equivoco a cui troppe ancora credono, secondo cui l’amore vero è quello travagliato, che fa soffrire ma regala grandi emozioni.
«Dovremmo impararlo fin da piccoli: ciascuno di noi ha il diritto alla serenità e l’amore deve far stare bene. Quando in coppia ci si sente infelici qualcosa non va e dobbiamo mettere in discussione il rapporto, non noi stessi: non dobbiamo pensare “io lo cambierò”, ma capire che cosa non ci rende sereni e affrontarlo» raccomanda Telfener. «Quando una relazione è chiaramente tossica, per uscirne serve chiedere aiuto: può occorrere un lavoro psicoterapeutico su se stessi, ma a volte può bastare anche la condivisione della propria esperienza con un’amica o un amico. Non mettere a tacere le difficoltà e il dolore, non vergognarsene con chi ci è più vicino è il primo passo: parlarne con gli altri significa attingere a loro per trovare dall’esterno la forza di spezzare le catene di un rapporto malato» conclude la psicologa.