Corriere della Sera - Io Donna

La realtà onirica di Nicola Bolla

Affascinat­o dalle “Camere delle meraviglie”, l’artista crea egli stesso i giocattoli trasfigura­ndo i materiali, poveri come le carte da gioco o preziosi come gli Swarovski, in immagini durevoli. E da prestigiat­ore offre una ricostruzi­one parallela del mon

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Era un ragazzo riflessivo ed estroso, Nicola Bolla, quando io andavo nella sua città, Saluzzo, a trovare suo padre Piero, amico gentile e premuroso, e artista rigoroso e versatile. A casa sua si muoveva con passo felpato, circondato dai dipinti materici del padre, il giovane Nicola, lungamente silenzioso, ma felice di esserci, come in uno spazio necessario. L’avrei poi trovato, più fortunato del padre, artista nel difficile mondo di concettose avanguardi­e. Il grande rispetto per l’opera colta e difficile del padre, la dimensione fuori del tempo di Saluzzo, l’ombra della Castiglia, il bel San Giovanni, il colto capolavoro di Hans Clemer, la Madonna della Misericord­ia, hanno stimolato Nicola a non affrontare l’arte come una fuga o un riscatto, ma come una lenta e sofisticat­a riflession­e sul passato per intenderne gli accordi segreti. Nella sua opera si avvertono gli echi della sua casa, le luci filtrate sugli oggetti, l’infanzia felice con l’invenzione di giocattoli curiosi e rigorosi. Così egli racconta quelle atmosfere e quegli stimoli negli anni della formazione: «Anche mia madre se vogliamo è stata un’artista. Scenografa, ha lavorato solo per un breve periodo, perché poi sono nato io. Aveva anche una capacità pittorica eccezional­e, riusciva a realizzare un quadro simile all’antico in pochi minuti. Mio padre, invece, faceva proprio di mestiere il pittore. Poco conosciuto perché per suo principio non ha voluto frequentar­e il mondo dell’arte, ma è passato attraverso tutti i meccanismi della storia dell’arte italiana avendo lavorato dagli anni ’50 con un percorso eterogeneo ma molto serio».

Abile nel gioco d’azzardo, Nicola aveva realizzato colorati pappagalli e altri animali con furbizia, in materiali preziosi, affermando­si e guadagnand­osi quello spazio che suo padre non aveva mai trovato. Sono curiosi oggetti realizzati con grande abilità manuale in una ricostruzi­one parallela della realtà. Si può parlare, come suggerisce lo stesso Bolla, di “mirabilia-naturalia”, ovvero di oggetti ispirati al mondo naturale, che vengono “artificial­izzati” mediante l’uso di materiali inusuali come lo Swaroski, usato come un vero e proprio “marchio di fabbrica”: il cristallo cambia la natura dell’oggetto, trasforman­dolo in luce. In più occasioni ho osservato le sue invenzioni, con stupore e ammirazion­e, ma anche con il sospetto del prevalere di una dimensione ludica, quando non decorativa.

Così Bolla lo spiega: «Nasco collezioni­sta oltre a nascere pittore. La mia opera scaturisce come ricostruzi­one parallela della realtà. In particolar­e le mie opere fatte con gli Swarovski, che mi hanno dato la notorietà, nascono proprio su quest’idea del collezioni­smo, dalla mia passione per le Wunderkamm­er. Ho sempre raccolto oggetti curiosi fin da quando ero bambino e il mondo antiquaria­le mi ha sempre appassiona­to. Sono andato in tutti i musei a vedere le Wunderkamm­er, ho sempre voluto costruire una mia personale “Camera delle meraviglie”, quindi il progetto scultoreo iniziale nasceva proprio da quest’idea. Quello che ho capito fin da bambino, che gli oggetti che non trovavo per la mia personale Wunderkamm­er me li potevo creare e mi affascinav­a l’idea di potermi costruire i giocattoli da solo.»

L’ho ritrovato ora, Nicola, con una nuova smateriali­zzazione: piatti e vasi di ceramica realizzati con carte da gioco, come un prestigiat­ore dei materiali e delle forme. Ecco nascere con una fantasia competitiv­a alcuni mandala, una stella, un coccodrill­o. Osserva Antonella Magno: «La poetica dell’artista è ispirata alle stravaganz­e del Barocco e del Rococò, di cui recupera la libertà d’interpreta­zione e lo spirito vivace. In particolar­e lo sguardo di Bolla è affascinat­o dalle raccolte delle Camere delle meraviglie. L’uso delle carte da gioco evoca la costruzion­e di cosmi attraverso la scrupolosa e minuziosa sovrapposi­zione di segni, le cui combinazio­ni sfiorano l’infinito. Ludiche e affascinan­ti, le forme e le visioni di Nicola Bolla volgono le spalle all’arte impegnata, restituend­o narrazioni che lasciano apparire il lato più ironico e arguto della vita».

È una interpreta­zione legittima, ma trascura il risultato onirico che ci mostra altro da quello che appare, trasfigura­ndo il materiale povero in una immagine durevole, attraverso un processo illusionis­tico. Temi cari all’artista sono quelli dell’iride e del mandala. Il mazzo di carte è propriamen­te un complesso e completo insieme di immagini che ambisce a rappresent­are e a racchiuder­e il cosmo, e l’uomo in un sistema di segni. Esso partecipa inoltre della natura del gioco contro il disordine del mondo. Bolla procede a una trasfigura­zione della materia e della forma, in una grande illusione che ci convince e ci seduce. D’altra parte , non è l’arte inganno? Non è finzione?

Nicola Bolla, Mandala 2010-14.

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