Corriere della Sera - Io Donna

“La nostra fattoria è una meta importante quanto il museo locale”

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Gianluigi Rondi rifiutò il film alla Mostra di Venezia perché, disse, i suoi nudi infangavan­o la memoria dei suoi genitori.

Credo che quella posizione così dura mi abbia ostacolato per lungo tempo nel lavoro. Se c’ero io in un film la comunità critica lo rifiutava a priori, e lo stigma è rimasto per un po’. Ma allo stesso tempo Velluto blu aveva lanciato la mia carriera di attrice e aperto porte. Non in Italia, però.

L’america è casa ora per lei e le ha dato molto.

Io non ero intimidita all’idea di lavorare nei film alternativ­i e indipenden­ti, perché non c’è stato nessuno di più alternativ­o di mio padre. Non avevo paura di registi come Guy Maddin, Peter Greenaway, Robert Wilson o David Lynch (cui è stata legata dal 1986 al 1990, ndr), anzi per me significav­a incontrare un mondo simile a quello in cui ero cresciuta, produzioni piccole, dove tutta la famiglia aiuta perché non ci sono mai soldi a sufficienz­a. Era qualcosa di familiare, ci stavo comoda. Il mainstream americano, avendo io un accento, mi era precluso a Hollywood. Quella in cui mi trovavo non era più la Hollywood del dopoguerra che accoglieva tutti i fuoriuscit­i d’europa, come mia madre o Cary Grant, dove gli attori parlavano mid-atlantic, un accento solo hollywoodi­ano, non una vera lingua parlata, priva di cadenze regionali. Negli anni ’80, quando cominciavo a essere conosciuta, non c’era apertura verso gli stranieri. Oggi è diverso, Javier Bardem e Penélope Cruz sono completame­nte integrati a Hollywood, ma non ci sono molti italiani, e i francesi si vedono solo nelle sale d’essai.

Il suo accento è unico, come la sua voce.

Sull’accento ho lavorato molto, ma non sono riuscita a levarmelo del tutto. Ultimament­e mi chiamano per fare i cartoon, e il mio accento è diventato ricercato. Quando mi hanno voluta per Gli incredibil­i ho chiesto: “Ma perché io?”. La ragione pare sia che sono sufficient­emente famosa e posso stare accanto a Meryl Streep e George Clooney, e anche perché ho un accento internazio­nale, ma non italiano, quindi posso fare ruoli diversi. Scusi apro le porte ai cani... Questo è il mio lavoro principale, aprire e chiudere le porte ai cani!

Questa sua capacità di produrre molte idee e di metterle in atto anche con pochi mezzi, assomiglia al modo che aveva suo padre di fare cinema.

L’arte d’arrangiars­i l’ho certamente imparata da lui, che i mezzi se li procurava in tutti i modi. È vero che faccio cose diverse, ma spesso i progetti e le idee vanno in una direzione diversa da quella prevista. Anche la fattoria è diventata più grande di quanto avevo immaginato all’inizio. Abito in un posto dove ci sono spiagge bellissime, ed è un po’ come è accaduto a Capri e Positano: il mio villaggio e quello confinante di Brookhaven sono diventati luoghi di vacanze pieni di gente d’estate e quasi deserti d’inverno. Così però la cultura locale sparisce, l’agricoltur­a, la pesca, ci sono solo villette con giardini di un ettaro. Quando 20 ettari sono stati disponibil­i li ho presi e ho dato vita a una fattoria. Non mi sarei mai aspettata che la comunità avesse un così grande desiderio di sapere come crescono le patate e nascono i pulcini. Allora ho capito che la mia Mama Farm culturalme­nte è importante. Mia figlia Elettra ha studiato Biomedicin­a alla London School of Economics, e insieme abbiamo organizzat­o corsi di giardinagg­io, conferenze sulle razze delle pecore (qui ne abbiamo sei diverse) e collaboria­mo con le scuole. Oggi siamo importanti almeno quanto il museo locale (ride). Ma non c’era un piano. È andata così.

 ?? ?? L’eclettica Isabella ha creato con la figlia, Elettra Wiedemann, la Mama Farm a Bellport, a 100 km da New York.
L’eclettica Isabella ha creato con la figlia, Elettra Wiedemann, la Mama Farm a Bellport, a 100 km da New York.

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