Corriere della Sera - Io Donna
Arrivare in Italia con il tumore: una storia di speranza
Le armi uccidono, feriscono, distruggono, ma le guerre travolgono anche i sistemi di cura e la capacità di contrastare la malattia. Milioni di persone sono costrette a lasciare le loro case e situazioni sino a ieri ordinarie possono diventare drammi, anche un’infezione, una frattura o la nascita di un bambino. Medici senza farmaci, bende, insulina, anestetici, antibiotici, defibrillatori, ossigeno e ventilatori polmonari, ospedali senza generatori per l’elettricità. Pazienti, adulti e bambini, portati via dagli ospedali; terapie interrotte, che nel caso di malattie come i tumori possono significare non riuscire a guarire. Questa è la guerra, ed è la più grande minaccia alla salute pubblica, tutta creata dall’uomo. La speranza è nelle braccia dei tanti che si stanno rimboccando le maniche, nelle storie che mi racconta Franca Fagioli, direttore della pediatria dell’ospedale Regina Margherita di Torino, con cui lavoriamo ai progetti di oncologia pediatrica sostenuti da Fondazione Umberto Veronesi. Ricordo quella di Dina, arrivata col figlio sedicenne, appassionato disegnatore, malato di linfoma; racconta che il ragazzo era in condizioni difficilissime, l’hanno salvato. E con le lacrime agli occhi aggiunge che le hanno fatto avere fogli, matite, colori per aiutarlo a sorridere ancora.
Prof. Paolo Veronesi Presidente della Fondazione Umberto Veronesi e Direttore Divisione Senologia Chirurgica dello IEO
Chi è guarito dal Covid rischia di più di sviluppare una malattia cardiovascolare. Anche se non è stato ricoverato, ha meno di 65 anni e non ha fattori predisponenti, come obesità e ipertensione. A dirlo, uno studio statunitense pubblicato su Nature Medicine, che ha preso in esame dal database del sistema sanitario dei veterani, tra marzo 2020 e gennaio 2021 (prima dell’arrivo dei vaccini e della variante Omicron), più di 150mila soggetti che si sono ammalati confrontandoli con un gruppo di oltre 5 milioni di pazienti che non hanno avuto l’infezione e con altrettanti del 2017. Negli ex pazienti Covid la probabilità di un ictus aumenta del 52 per cento. Il pericolo di scompenso cardiaco o di infarto cresce del 72 per cento. Quello di pericardite e miocardite raddoppia. Quasi triplicato (+ 190 per cento) quello di malattie tromboemboliche.
«Non ci sono studi analoghi in Italia ma si può pensare che l’aumento del rischio per queste patologie si sia avuto anche qui» commenta Massimo Volpe, direttore della Cardiologia dell’ospedale Sant’andrea di Roma e presidente della Società italiana di prevenzione cardiovascolare. «La causa potrebbe essere la tempesta infiammatoria scatenata dal virus e un diminuito accesso alle cure in pandemia. Sarebbe utile, almeno per chi ha avuto il Covid in forma acuta, eseguire uno screening cardiologico entro sei mesi dalla malattia. sottolinea Volpe. «Ma i vaccini, riducendo la gravità dei sintomi, potrebbero prevenire o limitare anche le malattie cardiovascolari post Covid». Chiara Daina