Corriere della Sera - Io Donna

Maddalena donna prima che santa

In una mostra a Forlì, le opere che l’hanno per soggetto ripercorro­no la storia dell’arte, da Antonio del Pollaiolo a Chagall. Con immagini che hanno spesso una tensione emotiva e una passione più carnale che religiosa. E c’ è pure Maddalena lettrice...

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ra i grandi “metteurs en scène” delle mostre d’arte antica, fra i quali si distinse Pierluigi Pizzi, con l’allestimen­to del Seicento italiano a Parigi, c’è, certamente, oggi, Gianfranco Brunelli, che da anni allestisce mostre superbe e ambiziose nei Musei San Domenico a Forlì. Questa volta, con Maddalena. Il mistero e l ’ immagine, ha superato sé stesso. Non basta certamente il voluminoso catalogo per chi, svogliatam­ente, diserti la necessaria spedizione a Forlì, dove, senza artifici, vi si dipana davanti la storia dell’arte attraverso l’illustrazi­one di un solo soggetto, talvolta solitario, più spesso protagonis­ta, a fianco di Cristo, in un coro di dolenti. Si pensi al più emblematic­o dei “Compianti”: quello di Nicolò dell’arca nell’oratorio di Santa Maria della Vita a Bologna. Manca, ma è mirabilmen­te sostituito dal Compianto (detto I Pianzùn dla Rosa) di Guido Mazzoni, provenient­e dalla Chiesa del Gesù di Ferrara, dove drammatica­mente geme. Chi arriva a Ferrara soffre della sua assenza, ma a Forlì, nella chiesa di San Domenico, il drammatico gruppo (tanto più in tempi di guerra) è il fulcro del dolore irrimediab­ile che viene da ogni pala, da ogni crocefissi­one, intorno a lei disposta.

Dalla Croce di Mello da Gubbio ai “Compianti” di Alessandro Tiarini e di Pompeo Batoni ai “Noli me tangere” di Scarsellin­o e di Antiveduto Gramatica. È una “entrée” fatale, cui manca soltanto la impression­ante Conversion­e della Maddalena della collezione Norton Simon di Pasadena, irraggiung­ibile rappresent­azione teatrale di realismo onirico. Alla Maddalena nessun artista si è sottratto, da Giotto a Masaccio, con la inarrivabi­le Crocefissi­one di Capodimont­e, al Carlo Crivelli di Montefiore dell’aso, che anticipa Klimt. Troviamo a Forlì anche quello che non ci aspetterem­mo, dalla duecentesc­a Maddalena del Maestro eponimo a quella selvaggia, nel volo con gli angeli, di Antonio del Pollaiolo, a Staggia. Il tema, raro, ritorna nella “Maddalena” in orgasmo del Morazzone, che pure meritava di essere presente. Ci sono, imponenti, Barocci e Mosè Bianchi, Polidoro da Caravaggio e Luca Giordano, Benozzo Gozzoli e Raffaellin­o del Colle. In tutto

Til dramma esibito manca forse l’urlo di Donatello, che la grande mostra di Firenze ha trattenuto in casa. Quello che c’è, in compenso, e mozzafiato, è la carezza alle mani di Gesù nella cimasa del Bellini dalla Pala di Pesaro, a fianco dello scomparto del polittico di Capodistri­a di Cima da Conegliano dove per la prima volta è davanti a noi, disarmata e disorienta­ta, una donna. Non mancano le cene, con la Maddalena inginocchi­ata sotto il tavolo, di Romanino e Moretto; e vi è anche Savoldo, con la variante dorata della Maddalena argentina di Londra. E poi Tiziano, Reni, Guerrieri, Ribera, Furini, in un’orgia di donne pentite, addolorate, in estasi; o in abbandono, come le vogliono Rutilio Manetti, Alessandro Rosi, Simon Vouet. Il percorso è implacabil­e e va oltre le aspettativ­e, oltre Canova, oltre Hayez; e si spinge fino ai nostri giorni, ovvero fino a che resiste l’immagine sacra, benché mai tanto umana, nella pittura del Novecento: ecco allora Previati, De Chirico, Guttuso, Chagall, Crocetti. Sembrava una idea ottocentes­ca, questa delle mostre “a soggetto”, e invece, con un tema come la Maddalena, l’intera storia dell’arte compresi i precordi dell’arte romana ci sta davanti, con una tensione emotiva e una passione talvolta più carnale che religiosa: vale per Francesco Furini, per Carlo Dolci, per Hayez. Canova è presente con il gesso della Maddalena appena riapparsa in Inghilterr­a. E poi tutto l’ottocento si esercita in vario modo: dai Nazareni a Boecklin, da Fabre a Delacroix. Qui è il teatro: Domenico Induno, Antonio Ciseri, Domenico Morelli, Jeanjacque­s Henner. Dolore, piacere, penitenza, estasi: ogni emozione questa donna, peccatrice e innocente, si consente. Si esce dalla mostra sfiniti e felici, e anche con la soddisfazi­one di aver pizzicato l’incontinen­te curatore e il suo attivissim­o comitato in un piccolo errore: una delicatiss­ima Maddalena leggente, attribuita a Natale Schiavoni, veneto di Chioggia, tizianesco di progenie, e invece dipinta da Giuseppe Bernardino Bison, di Palmanova, vaporoso ed estremo erede di Giambattis­ta Tiepolo. Una piccola tavola dei Musei civici di Pavia che questa travolgent­e visita mi consente di restituire al vero autore.

Maddalena leggente, di Giuseppe Bernardino Bison (1762-1844), Musei civici di Pavia: fino al 10 luglio è nella mostra Maddalena. Il mistero ai Musei San Domenico di Forlì.

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