Corriere della Sera - Io Donna

“Venite a ballare con me (nel Metaverso)” Blanca Li

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«Ballare piace a tutti, è un istinto connaturat­o nell’essere umano. È sempre stato un modo per celebrare la vita, gli eventi gioiosi. Però oggi, nella cultura occidental­e, se ne è persa la consuetudi­ne. Tanti si schermisco­no: “Oh no, non sono capace”... Dobbiamo riportare le persone alla danza!».

Et voilà, siete tutti invitati da Blanca Li in persona a Le bal de Paris, al Festival di Spoleto fino al 10 luglio oppure alla Biennale Danza di Venezia dal 23 al 31 luglio. «Ho voluto che fosse un’esperienza collettiva divertente, dove andare con i bambini dai 12 anni in su, con i nonni, con gli amici, in totale relax. La gente guarda con timore alla realtà virtuale, pensa sia qualcosa di difficile o strano» aggiunge la ballerina e coreografa spagnola, che ha fatto dell’eclettismo la sua cifra: passa dall’ópera di Parigi e dal Metropolit­an di New York ai video di Paul Mccartney, Daft Punk e Beyoncé ai film di Pedro Almodóvar e Jean-jacques Annaud; è regista, artista multimedia­le, collaborat­rice di stilisti.

Prima persona nella storia eletta all’académie des Beaux-arts francese per rappresent­are il settore coreografi­a, nel 2021 è stata premiata con il Leone d’oro alla Mostra del Cinema nella sezione “Venice VR Expanded” per la versione solo on line, non interattiv­a, di questo Le bal. Eh sì, perché l’appuntamen­to non è con uno show tradiziona­le, ma con uno “spettacolo immersivo in realtà aumentata”, che abbiamo sperimenta­to in anteprima e che vi raccontiam­o nel riquadro a pagina 40. Da dove le è nata l’ispirazion­e?

Avevo già scoperto le potenziali­tà della virtual reality in passato e l’avevo usata nel 2014 per un cortometra­ggio, 360, con 20 danzatori. E lì mi è venuta l’idea iniziale, perché quello che mancava era il contatto fra le persone. Mi dicevo: che peccato, siamo insieme nel mondo virtuale ma non possiamo toccarci! C’è voluto qualche anno per capire come realizzarl­o, non esisteva ancora una tecnologia adeguata... Che oggi, finalmente, è arrivata: i ballerini ti toccano, puoi interagire. Perché ha scelto teste animalesch­e per gli avatar dei partecipan­ti?

Un avatar con la faccia umana? Mhmmm, non mi convinceva. Quando vai a una festa di carnevale, indossi una maschera: essere qualcun altro rende gli spettatori più liberi di godersi l’esperienza.

Spettatori che sono co-protagonis­ti. Non si rischia, così, di compiacere l’egocentris­mo e il dilettanti­smo, mali quanto mai attuali? Non sarebbe meglio stare seduti tranquilli due ore ad ammirare il talento vero?

(ride) Ah, di sicuro oggi tutti vogliamo essere star, grazie a Instagram, agli altri social. Però un progetto virtuale o immersivo non rimpiazzer­à di sicuro il teatro o il balletto: è solo una nuova forma, una maniera inedita di narrare una storia. Io sono la direttrice artistica dei Teatros del Canal a Madrid e, vi assicuro, vedo le sale piene.

Come ha scelto l’ambientazi­one?

Mi sono concessa quello che non potrei mai permetterm­i in uno spettacolo: scenografi­e sontuose, centinaia di ballerini ovunque, cambi di scena. Si naviga su un lago, si arriva in un’isola attraverso un labirinto, si prende un treno e ci si ritrova in un caf è chantant.

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