Corriere della Sera - Io Donna

Vicini vicini

- Danda Santini Direttrice di io Donna danda.santini@rcs.it

a più bella storia d’amore che ho letto negli ultimi mesi è stata una vera sorpresa. Premessa: ho spesso sospettato che l’amore fosse una favola raccontata alle ragazzine per tenerle buone mentre i ragazzi si misuravano con i super eroi. Ma con l’età si diventa più possibilis­ti (e più sentimenta­li). Forse è proprio per questo che mi ha colpita al cuore la storia di Paul e Prudence, opaca nelle premesse e insolita nello sviluppo, intrecciat­a alle carriere della politica francese, intessuta da note fulminanti sui tic e le ossessioni di una società ormai esaurita, un po’ distopica ma in fondo molto contempora­nea, complicata da un un attacco

informatic­o, da un anziano che ha perso la parola e da una famiglia normalment­e disfunzion­ale. In tutto ciò ci si diverte parecchio e alla fine si piange pure. Ma questo - il pianto finale liberatori­o - vale probabilme­nte solo per chi, come me, nasconde il lato romantico con la propension­e al melò.

Mi perdoneret­e dunque se in questo numero dedicato all’appuntamen­to con le letture delle vacanze (da pag. 42) mi presento con un libro uscito già a gennaio, ma che a oggi è imbattuto nella

mia categoria “libri che parlano di qualcosa di cui non parla mai nessuno”: “Annientare” di Michel Houellebec­q (La nave di Teseo). Dove il tema sotteso che tiene insieme, sotto traccia, il filo del racconto è la non fine di un matrimonio. La costruzion­e di un amore, cantava Ivano Fossati, spezza le vene delle mani. La distruzion­e può durare un attimo: tempo di uno sguardo. Ma la demolizion­e di un amore, insegna il libro, è una distrazion­e incessante che inizia in sordina, con ritmi che non combaciano più, tempi solo paralleli, poi si allarga, non ci si parla e non ci si tocca, e calano gelo, indifferen­za e distanza anche se sopravvivo­no, con decoro borghese, stima e rispetto reciproco.

Epperò Paul e Prudence, congelati ormai da troppi gradi di separazion­e, si ritrovano. Con una delicatezz­a infinita, quasi con stupore, ritrovando a piccoli gesti, ancora intatto, il loro mondo

segreto: bastava smuovere la memoria, riprendere la propria storia, osare senza rischiare, e l’umano desiderio di intimità era solo avvolto da un lungo sonno di cui si era perso il motivo e il senso.

Ecco, quel risveglio malinconic­o di tenerezza e nostalgia insieme, la capacità istintiva di recuperare calore, fiato e vita l’uno dall’altra, in una coppia di lungo corso ormai abituata a essere

solo compagni di strada, che comunque non è poco, mi ha parlato dei nostri giorni incerti. Vivere vicini ma a distanza controllat­a può essere giustifica­to solo da una malattia, ma di quelle da combattere subito, con i vaccini appropriat­i. Perché fa davvero troppo male.

L

Buongiorno Danda, sono quella che, fino a pochi minuti fa, pensava di essere un’elegante quasi giovane signora, anche se oggi le cinquanten­ni si fanno passare per ragazzine. Purtroppo, dopo aver sfogliato il servizio di moda su I look più belli per spose amiche e parenti sul n° 27, mi scopro essere una vecchia passata di moda.

Deve essere per forza così perché “ai miei tempi” vestirsi di nero a un matrimonio era considerat­o una cafoneria tanto quanto l’abito bianco se non eri la sposa, ed erano fuori luogo anche gli abiti trasparent­i, a meno che non fossi la spogliarel­lista alla festa di addio al celibato dello sposo.

Già faccio fatica a digerire “l’americanat­a” dell’abito lungo di giorno, ma il nero?

A un matrimonio? D’estate? In contesti così belli come quelli che illustrate? Perché?

Laura Merli

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