Corriere della Sera - Io Donna
Per fare belle vacanze va pianificato tutto senza sprecare tempo. O no?
Il grande musicista Nicola Piovani ha raccontato in diverse occasioni un meraviglioso aneddoto felliniano. Lui e il Maestro lasciano Cinecittà sulla via Tuscolana dopo un giorno di lavorazione di Ginger e Fred. Fellini annuncia di aver scoperto una scorciatoia per raggiungere
il centro grazie alle indicazioni di un amico. Piovani è al volante, segue le sue spiegazioni, però sempre più vaghe e incerte. Improvvisamente i due si perdono nell’aperta campagna romana, smarriscono la strada, Google Maps è ancora ben di là da venire. Il Maestro, fellinianamente, ammira il cielo, il silenzio, il verde, la luna. Appare felicissimo. Poi ritrovano la strada. Il giorno dopo i due ripartono. Piovani dice a Fellini: «Oggi studiamo bene l’itinerario altrimenti ci perdiamo un’altra volta come ieri». E Fellini, sorridendo: «Magari...».
Meravigliosa parabola adatta a qualsiasi viaggio. Io per decenni, negli spostamenti familiari estivi, ho programmato ogni itinerario al millimetro e ogni tabella di marcia al
secondo, dando sfogo a un’ansia organizzatrice tipicamente nevrotica. Poi gli anni passano, il tempo di attesa di vita si riduce e sempre più diventa nitido il celeberrimo messaggio contenuto nel finale di Itaca di Konstantinos Kavafis: «Itaca ti ha dato il bel viaggio/ senza di lei mai ti saresti messo sulla strada….» Insomma, quando si viaggia e si parte meglio lasciarsi andare alla scoperta, alla decisione del momento. Vivendo a Roma e seguendo le corse di tanti turisti incolonnati nei viaggi organizzati di gruppo sotto al sole e sull’asfalto rovente, con le cuffiette alle orecchie, si ha più la sensazione di una condanna da scontare che di un piacere, di uno stacco dagli obblighi. Forse è rassicurante sapere che
si parte per l’alpe di Siusi alle 7 da Roma e si arriva, dopo due tappe calcolate con attenzione, alle 15 (faccio un tipico caso della mia vita personale). Ma magari è indimenticabile soffermarsi su un cartellone stradale, abbandonare l’a1 a Parma e raggiungere improvvisamente l’assoluto miracolo del Palazzo Ducale di Sabbioneta, con le statue equestri lignee dei
Gonzaga. C’è un nesso con la montagna? Nessuno. Consultare Kavafis per capire.
QTommaso Labate uando non ce l’ho tento di farmela venire, l’ansia pre-partenza, quella specie di formicolio allo stomaco, così simile alla spia dell’innamoramento giovanile, che traghetta l’essere umano dall’ultimo giorno di lavoro al primo delle ferie estive. Chiunque dovrebbe provare questa meravigliosa sofferenza; chiunque,
per assaporare fino in fondo lo stacco tra l’ufficio e il mare (o la montagna), dovrebbe passare attraverso questa specie di ansia che poi non è proprio ansia, ma voglia di inseguire il miraggio della partenza intelligente, il sogno di una strada senza traffico nei giorni del “bollino nero”, il “viaggiare informati” come nello slogan del CCISS che rimbalza ogni dieci secondi dall’autoradio.
Il kit dell’ansioso da viaggio prevede una di liturgia che, solitamente, le compagne e i compagni di viaggio
mal tollerano o non tollerano affatto. Se si parte in macchina, il giorno prima è dedicato alla meticolosa pianificazione degli orari: l’ansioso da viaggio sogna di partire prima
dell’alba (glielo impediscono sempre), magari con i bagagli già caricati in auto (mai capita l’obiezione di chi dice: «Ma
sei scemo? Così se si rubano la macchina si rubano anche i bagagli!», come se lo choc per il furto di un’automobile lasciasse al derubato il tempo di interrogarsi su qualche camicia, ma vabbè). Sempre a proposito di valigie l’ansioso da viaggio pretende di essere il monarca assoluto del portabagagli (a cui applica nozioni apprese giocando al videogioco Tetris), il dominus incontrastato degli spazi attorno al sedile di guida, la Cassazione sulla scelta delle stazioni radio («C’è il bollettino del traffico!»), l’ideatore, preparatore e decisore ultimo degli annessi e connessi al rito della colazione al sacco ed è l’unico in macchina che passando
sotto il casello dell’autostrada teme sempre che la sbarra del Telepass non si alzi (mai successo ma il brivido resta). Anche con treno e aereo, vale il primo comandamento: ci si rilassa solo all’arrivo, si punta ad arrivare a destinazione prima dell’ora di pranzo (o di cena, se si parte dopo pranzo). Se ne avete uno in casa, di ansiosi da viaggio, fatelo
felice per una volta. Fategli fare come gli pare.
Le vacanze servono a fare quel che piace di più o soprattutto a riposarsi? Scriveteci a iodonna. parliamone@rcs.it. La rubrica torna il 20 agosto.