Corriere della Sera - Io Donna
Fortunato Depero, l’artista totale
La mostra che inaugura a settembre a Mantova passa in rassegna la sua multiforme creatività: dalla pubblicità al teatro, dalla sperimentazione con nuovi materiali alle “macchine sonore”. Era futurista, ma soprattutto anticipatore del futuro
AMantova si apre in palazzo della Ragione una mostra su Fortunato Depero, curata, con l’esperienza di una vita, da Nicoletta Boschiero. Nato a Fondo, vicino a Trento, il 30 marzo 1892, Depero arriva a Roma nel 1913 e conosce Giacomo Balla, Francesco Cangiullo e Filippo Tommaso Marinetti, ma resta fortemente impressionato da una mostra di sculture di Umberto Boccioni. Nel 1914 realizza una serie di disegni ispirati alla simultaneità e al dinamismo futurista.
Nel 1915 entra nel movimento e a marzo firma, con Giacomo Balla, il Manifesto che aprirà una nuova stagione del Futurismo: Ricostruzione futurista dell ’universo.
Depero persegue un’arte totale, che coinvolge tutti gli ambiti dell’esistenza, dalla musica alle ricette di cucina, dalla moda al teatro, dal design alla pubblicità; crea assemblaggi di materiali diversi, che definirà “complessi plastici motorumoristi”, che producono effetti sonori, visivi e tattili.
Nel 1916 riceve nel suo studio romano l’impresario dei Balletti Russi Sergeij Djagilev, che gli commissiona la scenografia e i costumi per Le chant du rossignol, musicato da Igor Stravinskij. Nel 1917 conosce il poeta svizzero Gilbert Clavel, con il quale soggiorna a Capri e per il quale realizza le illustrazioni di Un istituto per suicidi; in questo tempo Depero crea anche
spettacoli teatrali ed elabora le prime idee del Teatro Plastico. Nel 1918 realizza un progetto teatrale con gli
attori sostituiti da marionette di legno colorato: i Balli Plastici, uno spettacolo in cinque atti scritto con Clavel, che va in scena a Roma al Teatro dei Piccoli con musiche composte da Alfredo Casella, Francesco Malipiero, Bela Bartók e Gerald Tyrwhitt.
Nel giugno del 1919 Depero torna a Rovereto; qui apre con la moglie Rosetta la Casa d’arte Futurista Depero, dove si producono tarsie in panno, collage e oggetti d’arte applicata. Depero era una
persona produttiva, “coi piedi per terra”, e per nulla affascinato da aeroplani e nuvole. Il suo punto d’osservazione era paradossalmente
più alto di quello raggiungibile con gli aeroplani futuristi: era stato nella città di New York e aveva toccato con mano “quel” futuro solo vagheggiato e teorizzato dai Futuristi italiani.
Nel 1931 pubblica il Manifesto dell’arte pubblicitaria futurista, già in bozze a New York nel 1929. Secondo Depero l’immagine
pubblicitaria doveva essere veloce, sintetica, fascinatrice, con grandi campiture di colore a tinte piatte, per così poter aumentare la dinamicità della comunicazione.
Nel 1932 espone prima in una sala personale alla XVIII Biennale di Venezia, e poi alla V Triennale di Milano. A Rovereto pubblica una rivista della quale usciranno solo cinque numeri nel 1933: Dinamo Futurista. In seguito, nel 1934, le Liriche Radiofoniche, che
declamerà anche ALL’EIAR fascista (la Rai di allora). Molti saranno i futuristi di “terza generazione” ad andare in “pellegrinaggio” a Rovereto, come altri da D’annunzio, protetto e locupletato dal fascismo (diversamente da me che esercito gratuitamente la funzione di presidente del Mart, e che non ho alcun interesse economico nelle iniziative che promuovo), per rendergli omaggio o per coinvolgerlo in qualche iniziativa. I principali committenti di Depero sono corporazioni, segreterie di partito, grandi alberghi, amministrazioni pubbliche, industrie locali. Le opere richieste sono eminentemente didascaliche, propagandistiche, decorative. Rispettosamente fasciste.
Verso la seconda metà degli anni Trenta, a causa dell’austerità dovuta alla politica autarchica da lui condivisa, contribuisce al rilancio del Buxus, un materiale economico a base di cellulosa atto a sostituire il legno delle impiallacciature, brevettato e prodotto dalle Cartiere Bosso.
Nel 1942 realizza un grande mosaico per l’e42 di Roma. Nel 1947, in parte sponsorizzato dalle Cartiere Bosso, tenta di riproporsi in America, ma la trova ostile al futurismo perché ritenuto l’arte del fascismo. Nel 1949 torna quindi in Italia disilluso e dimenticato dall’antifacismo di regime. Per rimuovere l’accusa di fascismo, Fortunato Depero aderisce al progetto della collezione Verzocchi sul tema del lavoro, nella già fascista e ora comunista Forlì. Contestualmente (1955) entra in polemica con la Biennale di Venezia, accusata di censurare lui e il futurismo, pubblicando il saggio Antibiennale contro le penose critiche politiche al futurismo.
La mostra ricca e lussureggiante creerà stupore e meraviglia, per la versatilità di un artista la cui ispirazione è costante e di sempre libera e originale invenzione.