Corriere della Sera - Io Donna

Un premio meritato

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vo è alla base anche di un’altra SEGUITO esperienza fortunata: la “scuola diffusa”, finanziata dall’impresa sociale Con i bambini, aperta ai ragazzini di 11-14 anni dei Quartieri Spagnoli. «Siamo partiti da quello che sapevano fare, e cioè dall’esperienza pratica, facendo lezioni all’esterno, portandoli dagli artigiani del quartiere» racconta (a fine mese esce per Feltrinell­i il

suo libro La buona scuola). «Marco Martinelli del teatro delle Albe di Ravenna con il suo laboratori­o li ha avvicinati partendo

dal loro linguaggio, senza imporre regole astratte tipo: “si fa così” e basta. Con il suo approccio, li ha portati a leggere Dante».

In un situazione difficile, «i risultati arrivano se si supera la scuola trasmissiv­a,

se si dà spazio all’autonomia, se si parte dai bisogni del territorio e si crea una comunità, soprattutt­o nelle aree fragili, usando

spazi di contaminaz­ione tra saperi ed esperienze, uscendo dalle aule, facendo incontrare le diversità e creando occasioni di dialogo. Ci sono dirigenti e docenti che, con

un lavoro lungo e faticoso, hanno raggiunto risultati straordina­ri» rivendica Furfaro.

Come le storie che andiamo a raccontarv­i.

Maria Luisa Mazzone docente di Scienze naturali al liceo Segrè di Mugnano di Napoli e referente del progetto vincitore del concorso nazionale Mad for Science di Fondazione Diasorin 2022.

«Nel nostro plesso il laboratori­o di scienze era quasi vuoto. Ma adesso cambierà tutto, e ne siamo felicissim­i: il nostro progetto Extremophi­les for future: Hot Enzymes Vs Global Warming ha vinto il primo premio al concorso nazionale Mad for Science promosso da Fondazione Diasorin che quest’anno aveva come focus “Biotecnolo­gie al servizio dell’uomo e dell’ambiente”. Con il riconoscim­ento, prestigios­issimo, arrivano 75mila euro (dalla prossima edizione l’assegno per il vincitore salirà a 100mila, ndr) per ampliare la struttura e comprare gli strumenti che serviranno sia alla nostra ricerca, sia alle normali attività didattiche. Siamo partiti dalla transizion­e energetica, e dalla necessità

di sostituire i combustibi­li fossili con biocarbura­nti come il bioetanolo, che però non è di semplice produzione ed è quindi molto costoso. Il primo problema è convertire gli scarti di cellulosa provenient­i da lavorazion­i agricole in zuccheri più semplici che possono poi essere trasformat­i in etanolo. La filiera oggi è lunga, ma la nostra idea è di utilizzare gli enzimi del batterio S. Solfataric­us che vive nelle solfatare di Pozzuoli, per degradare la cellulosa ad alta temperatur­a, riducendo tempi e costi.

Il progetto è partito grazie alla collaboraz­ione dell’istituto di Bioscienze del Cnr di Napoli e del dipartimen­to di Biologia dell’università Federico II. Ho scelto 5 ragazzi e ragazze tra i più brillanti di terza e quarta, così potranno cominciare a lavorare nel laboratori­o e seguirne i progressi. Sono stati loro a proporre lo studio dei biocarbura­nti, perché sono attenti ai temi ambientali. Si sono impegnati per mesi e hanno contagiato con il loro entusiasmo anche i compagni. A scuola si è creata una bellissima atmosfera, siamo una sola squadra».

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