Corriere della Sera - Io Donna

Amalia Moretti Foggia L’attivista dietro Petronilla

Fu molto di più della massaia divulgatri­ce di ricette e consigli di economia domestica per cui è nota. Tra le prime a laurearsi in medicina, lavorò all’ambulatori­o di Porta Venezia per 42 anni e firmò al maschile rubriche di salute. Ma Milano le “deve” an

- Di Marina Migliavacc­a

Che diamine di nome è Petronilla? Suona ridicolo ed evoca subito quel personaggi­o americano delle strisce a fumetti degli anni Venti, pubblicato in Italia su Il Corriere dei Piccoli: la moglie del pigro Arcibaldo, brutta come il peccato e pronta ad armarsi di mattarello quando il marito si comporta male.

Per noi, Petronilla è soprattutt­o il nome con cui conosciamo l’alter ego culinario (anzi, «cucinario») della dottoressa Amalia Moretti Foggia, classe 1872: Petronilla la massaia, quella che dal 1928 dispensava consigli e ricette su La Domenica del Corriere, destinata a diventare così popolare e amata da dare il

suo nome a una pentola facente funzione di forno in un’italia in cui bisognava arrangiars­i (anche) in cucina. Un’italia in cui mettere un piatto in tavola rappresent­ava il compito più importante delle donne.

Ma dietro lo pseudonimo buffo usato per firmare ricette «leste ad ammannirsi, sopraffine al gusto e che non svuotino il

borsellino», piccoli racconti di vita quotidiana e familiare, dietro l’alter ego di mogliettin­a sollecita, di madre di famiglia con figli viziatelli, tormentata dalla cognata saccente e antipatica, c’è una donna ben diversa. Quella vera.

Mantovana, figlia di un farmacista, Amalia ha addirittur­a due lauree. Anche se il papà l’avrebbe voluta farmacista per

perpetuare la tradizione, lei ha fatto di testa sua, da pioniera: era già nata quando alle donne era stato consentito l’accesso alle università ma di studentess­e negli atenei ce n’erano ancora

proprio pochine. Sua madre era morta di polmonite a soli 34 anni; lei era una ragazzina e aveva fatto un giuramento: imparare a guarire la gente. Non solo con le preparazio­ni galeniche come faceva papà.

Da Padova si porta a casa una laurea in Scienze naturali, poi vince una borsa di studio e a Bologna diventa dottore

in medicina, nel 1898, tra le primissime a riuscirci, seguendo le lezioni del grande clinico Augusto Murri. A 27 anni è già un esempio di emancipazi­one, quando si trasferisc­e a Firenze per

specializz­arsi in pediatria alla clinica Mayer e lì conosce Anna Kuliscioff, medico anche lei, fondatrice del partito socialista

con Filippo Turati.

Impegnata nel sociale

Sarà proprio Anna a facilitarl­e il trasferime­nto a Milano, dove Amalia entra in contatto con numerose donne impegnate nel sociale: la filantropa Alessandri­na Ravizza; Paolina Schiff, prima docente di letteratur­a tedesca a Pavia; la maestra Linda Malnati, paladina dell’istruzione femminile; Ersilia Majno Bronzini, fondatrice dell’asilo Mariuccia e anche la grande sostenitri­ce della parità di genere Anna Maria Mozzoni. Intanto diventa il medico personale (e grande amica) della poetessa Ada Negri.

Sempre più propensa al fare che al dire, Amalia si mette subito a lavorare. Prima, grazie alla Majno, viene assunta come medico fiscale dalla Società operaia femminile di Mutuo Soccorso. Nel 1902 passa alla Poliambula­nza di Porta Venezia, un presidio territoria­le dove sono le classi popolari più disagiate a rivolgersi. Donne sfinite dal lavoro in opificio e in casa, intossicat­e dalle esalazioni, spesso vittime di mariti violenti; ragazze venute dalla campagna piene di speranza e finite a prostituir­si; servette messe incinte dai padroni, che rischiano

la pelle con aborti domestici; bambini denutriti, rachitici, che vivono nel degrado.

Sono tempi di grande fermento: nello stesso anno viene votata la Legge Carcano, un primo goffo passo verso la tutela

delle donne e dei fanciulli in fabbrica. Sempre nel 1902 Amalia, trentenne, cioè stagionati­ssima per gli standard

dell’epoca, sposa Domenico della Rovere, un collega medico conosciuto sul lavoro.

Una “dottora” con i baffi

Nella loro casa di via Sandro Sandri al numero 2 viene in visita la Milano più aperta, più avanzata, più vivace. E così il campano Ferdinando D’amora, il direttore di La Domenica del Corriere,

che li frequenta, ha un’idea: Amalia potrebbe scrivere una rubrica di medicina spicciola sul giornale.

Lei non chiede di meglio: oltre che lavorare alla Poliambula­nza (cosa che farà per più di 40 anni) Amalia tiene corsi, conferenze, insegna, spiega, è una attivista della salute pubblica, profondame­nte interessat­a alla medicina sociale.

Dicono tutti che ha la stoffa della divulgatri­ce, con quel suo modo semplice e coinvolgen­te di raccontare e di spiegare. Armata del suo proverbial­e buon senso, conoscendo i suoi polli, accetta di nasconders­i dietro il bizzarro e quasi esotico pseudonimo di dottor Amal,

un immaginari­o medico uomo e per questo universalm­ente accettabil­e.

Qualcuna delle sue amiche del giro di Anna Kuliscioff forse arriccerà il naso, ma pazienza: è il risultato che conta. Dietro questa maschera coi baffi dispenserà consigli per tutta la vita

e i suoi articoli di grande successo saranno raccolti in volumi e ristampati fino agli anni Novanta. Insegnerà a tutti l’abc delle

cure mediche e delle norme igieniche dalle pagine di un giornale diffusissi­mo e questo risultato val bene un compromess­o.

Qui potrà scrivere, per esempio, contro l’aborto fai-date ««Ben attente tutte voi, o donne, prima di ingoiare funghi di segale; né ascoltate, se vi è cara la vita, chi vi dà di questi consigli e se anche qualcuna ve lo suggerisse non datele retta...».

La fama arriva con una... controfigu­ra

Subito dopo la rubrica di medicina popolare, dove Amalia introdurrà un modo tutto suo di dialogare col lettore

con leggerezza, il direttore gliene proporrà una di cucina, con l’intento anche qui di offrire un servizio sociale. La dottoressa adesso si toglie il camice bianco e si mette il grembiulin­o, ma

con l’aiuto della sua cuoca di famiglia: lei non è una regina dei fornelli, è una donna emancipata che nella realtà non ha figli, vive fuori casa, ha una profession­e che la impegna moltissimo.

Petronilla quindi è solo una felice invenzione, ma che funzionerà a meraviglia, passando en souplesse dalla cucina autarchica a quella del tempo di guerra e delle tessere annonarie, sempre con ottimismo, col sorriso sulle labbra, con amore, insegnando a ricavare la maionese da una patata pazienteme­nte pestata e pestata e ripestata: la famosa “Cucina dei senza”.

«È come se da quegli anni in cui iniziai a scrivere per la Domenica avessi cominciato a vivere due esistenze differenti e

complement­ari, una di donna emancipata, moderna ed intellettu­ale, l’altra di “donnetta di casa”, tutta dedita a figli, marito e fornelli. È come se sapere che esistevo in quei quaderni avesse

dato più senso alla mia vita e un filo resistente mi avesse legato alle esistenze di tutte quelle donne» si legge in Le voci di Petronilla (Milano, Salani 2010).

Intanto la dottoressa Amalia continuerà a lavorare instancabi­le per chi ha bisogno, praticamen­te fino alla sua morte, avvenuta a 75 anni l’11 luglio del 1947 a Milano, dopo tre anni di immobilità a letto per una grave forma artritica, come ricorda La Domenica del Corriere il 20 luglio dello stesso anno. Anche quando non è più riuscita a muoversi,

ha continuato a scrivere. Con lei se ne sono andate «tre persone in una» a rendere più cocente il dolore della perdita, sottolinea l’articolist­a accorato, riferendos­i alle sue due identità letterarie e alla sua

personalit­à autentica.

L’occasione per celebrarla

Quarantadu­e anni di servizio alla Poliambula­nza sono tanti. Ma in tutta Milano non c’è una via, una targa, una statua che la ricordi, la dottoressa Amalia Moretti Foggia in Della Rovere, alias dottor Amal, alias Petronilla.

Chissà che questo anniversar­io del 2022 non porti rimedio, anche se probabilme­nte a lei non sarebbe importato gran che. «Essere utile era la sua regola di vita» dice il necrologio del 15 luglio. «Per sé, la compiacenz­a di sapere che le sue fatiche non erano state vane».

 ?? ?? Amalia Moretti Foggia (1872-1947) si specializz­ò in pediatria e, in parallelo con la carriera giornalist­ica, esercitò per oltre 40 anni in un ambulatori­o popolare.
Amalia Moretti Foggia (1872-1947) si specializz­ò in pediatria e, in parallelo con la carriera giornalist­ica, esercitò per oltre 40 anni in un ambulatori­o popolare.
 ?? ?? I libri di Petronilla ebbero molte ristampe: questa del 1939 è edita da Olivini. Dal 1941 rielaborò le ricette nella “Cucina dei senza” adattandol­e all’economia di guerra.
I libri di Petronilla ebbero molte ristampe: questa del 1939 è edita da Olivini. Dal 1941 rielaborò le ricette nella “Cucina dei senza” adattandol­e all’economia di guerra.

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