Corriere della Sera - Io Donna
Quante sorprese al Palio di Siena...
In occasione dell’evento, si possono visitare le ricchezze di palazzi di solito inaccessibili. E così, tra le Biccherne nell’archivio di Stato e un busto di Bernini a Palazzo Chigi Zondadari, un’allegoria si è rivelata una “mistificazione” finora sconosci
ra le opportunità che il Palio di Siena offre ai viaggiatori curiosi di una liturgia che si ripete uguale da secoli, c’è la circolazione nei palazzi che si affacciano su piazza del Campo, chiusi e non facilmente accessibili, e talvolta sorprendenti per decorazioni e oggetti sconosciuti. Si parte dal Palazzo pubblico con gli affreschi del Buono e del Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti, oggi visibili da vicino nel cantiere di restauro aperto per volontà del sindaco, che in essi rispecchia la
condizione desiderata da ogni cittadino grazie a una politica responsabile.
I documenti attestano che Ambrogio Lorenzetti lavorò agli affreschi dal febbraio del 1338 al maggio del 1339, firmando in lettere capitali sotto la parete di fondo, dove si trova l’allegoria del Buon Governo: “Ambrosius Laurentii de Senis hic pinxit utrinque...” (Ambrogio di Lorenzo da Siena mi ha dipinto da entrambi i lati...).
Il ciclo è una delle prime opere di carattere totalmente laico nella storia dell’arte
medievale. Gli affreschi dovevano ispirare l’operato dei governatori cittadini, che si riunivano in queste sale. L’assunto dottrinale risale al pensiero di san Tommaso d’aquino che pone come caratteri fondamentali dell’ordine politico l’autorità (nelle allegorie) e la socialità (negli effetti). Agli stessi principi si tiene chi, a essi ispirandosi, oggi amministra. Uscendo da Palazzo Pubblico, all’angolo corto della piazza, si entra in Palazzo Piccolomini, sede dell’archivio di Stato, ricco e perfettamente ordinato. A piano terra c’è l’agenzia delle entrate. Tutti ti accolgono per mostrarti, dall’affaccio di balconi e finestre, la “carriera”.
Ma il 16 agosto, dopo i riti degli alfieri sbandieratori delle contrade, la pioggia veloce e maligna ha intriso d’acqua la terra battuta della pista costringendo a rimandare la corsa. Così la direttrice dell’archivio, Cinzia Cardinali, ci mostra lo spazioso deposito delle 60mila pergamene. Alcuni tra i documenti più importanti sono
esposti a rotazione, in mostre come quella sui personaggi della Divina Commedia (autografi di Brunetto Latini e Pier della Vigna,
l’alleanza siglata tra Farinata degli Uberti e i ghibellini senesi, le
Tcondanne di Casella, di Cecco Angiolieri, i diplomi di Manfredi e Corradino di Svevia...). Una teca neogotica accoglie il prezioso testamento di Boccaccio. Ma l’emozione più grande è la serie delle Biccherne: coperte lignee dipinte di libri contabili delle amministrazioni finanziarie delle magistrature della Biccherna e della Gabella, opera
dei maggiori artisti senesi dal 1258 al 1682, Ambrogio Lorenzetti, Giovanni di Paolo, Taddeo di Bartolo, il Vecchietta, Sano di Pietro, Francesco di Giorgio, Guidoccio Cozzarelli, Domenico Beccafumi. Una esposizione che consola del Palio sospeso. Nell’ufficio del direttore si impone una remota e potente pala di Bernardino Mei.
A pochi metri dall’archivio si entra in Palazzo Chigi Zondadari, con la facciata settecentesca più estesa della piazza. Si apre nei giorni del Palio grazie alla disponibilità e alla affabilità di Marzia e Piero Misciatelli. Ti aspetta, furbo e arguto, l’alessandro VII Chigi di Gianlorenzo Bernini, al rientro da qualche mostra nel mondo. Le sale ampie del palazzo sono affrescate da Marco Benefial, Placido Costanzi e Giuseppe Colignon. Alle pareti,
sontuosi, i cuoi decorati di fiori, detti di Cordoba, in realtà operati a San Quirico d’orcia.
Proseguendo lungo la via si incontra il gotico Palazzo Sansedoni, sede del Monte dei Paschi e di una parte delle sue collezioni. Chiude la piazza Palazzo d’elci Panocchieschi, dove, al piano della marchesa Cesarina, o in quello del notaio Guiso, vidi tanti Palii in anni lontani: memorabile era per le tavole di Daniele da Volterra, turbato michelangiolesco, ora acquisite dallo Stato per gli Uffizi. Compiendo un giro più largo, in questa giornata indolente, ho visto per la prima volta la sede della
prefettura, Palazzo Petrucci, il palazzo del Governatore, simbolo della perduta libertà per Siena, in un luogo fra i più importanti della città, la Piazza del Duomo. Nella ben dotata quadreria avrei avuto la sorpresa di trovare una allegoria misteriosa, di ispirazione giorgionesca, ottimisticamente attribuita al Romanino: si tratta invece di una tipica “mistificazione” del pittore esoterico e grottesco Pietro della Vecchia, fin qui sconosciuta.