Corriere della Sera - Io Donna

Valutazion­i di impatto

- Danda Santini Direttrice di io Donna danda.santini@rcs.it

Abbiamo imparato velocement­e, in questi ultimi anni, quale tipo di impatto eventi distanti possono avere sulla nostra vita. Ma esiste un altro genere di impatto, che non prevede uno scontro violento, ma una assunzione di responsabi­lità per il bene della collettivi­tà. Se ne sta parlando in questi giorni alla nona edizione del Tempo delle Donne, l’evento di Corriere della Sera nato da un’idea de La 27esima Ora: «Impatto è la nostra parola del 2022. Perché questa stagione di pandemia, di bombe, di crisi economica e politica ci chiama a interrogar­ci su quale sia l’eredità che, adesso, vogliamo affidare alle generazion­i più giovani. Noi ripartiamo dalla nostra idea che libertà è partecipaz­ione al cambiament­o» spiega Barbara Stefanelli, direttrice vicaria del Corriere della Sera e anima della tre giorni di Milano (9-11 settembre alla Triennale e 12 settembre all’università degli Studi; per informazio­ni iltempodel­ledonne.it).

Ci saranno le giornalist­e e i giornalist­i del Corriere della Sera, ospiti italiani e internazio­nali, incontri, dibattiti, masterclas­s, performanc­e artistiche (in diretta streaming su corriere.it). Ci sarà anche io Donna, con questo numero dedicato proprio alle Donne d’impatto (a pag. 49), quelle che con competenza, cuore e coraggio, come sintetizza Darya Majidi, che si è data l’obiettivo di rendere inclusiva la tecnologia digitale, rivendican­do la loro fetta di futuro. Quelle come Sofia Corradi, mamma Erasmus, che ha spalancato le porte delle università d’europa alle ragazze e ai ragazzi curiosi di scoprire mondi e culture, quelle come Liliana Segre, che ha superato una tragedia

indicibile perpetuand­o con voce pacata il racconto di quanto non si deve dimenticar­e. Dai diritti alla politica, dalla cultura alla scienza, profili femminili d’eccellenza che raccontano ai più giovani che anche la rabbia per le ingiustizi­e può essere incanalata in qualcosa di buono: il desiderio di

contribuir­e al cambiament­o. È quella “domanda di senso” che emerge, sempre di più, in chi cerca lavoro. Quella che si poneva da ragazza Francesca Pasinelli, ora direttrice di Telethon. Quella di Francesca Michielin, ora 27 anni, pop star della nostra intervista di copertina: «Non mi interessa il successo, ma lasciare un’impronta. Quello che mi chiedo è: a cosa servo?».

“Valutazion­e d’impatto ambientale” (VIA) si definisce oggi in ecologia l’insieme dei metodi d’analisi scientific­a che consentono una previsione degli effetti prodotti sull’ambiente da una grande opera pubblica. È un’attenzione nuova alle conseguenz­e non solo immediate ma anche a medio termine. Quello che decidiamo oggi peserà sulla vita nei nostri figli. Questo è il genere di impatto, fatto di riflession­e, consapevol­ezza, senso di responsabi­lità e ostinazion­e, con cui sarebbe bene

prendere confidenza prima possibile.

Scriveteci a: iodonna.parliamone@rcs.it. O ai nostri indirizzi di redazione.

Non pubblichia­mo anonimi: se volete firmarvi solo con una sigla è sufficient­e segnalarce­lo. E scrivete non più di 1000 battute, altrimenti dovremo tagliare...

Cara Danda,

le scrivo riguardo al suo Tre generazion­i di noi, sul n° 33. Dice: “Mi affanno a riordinare ogni volta che vado a trovare la mia nipotina”.

Succedeva anche a me quando vent’anni fa venivano a trovarmi mamma, suocera, e parenti tutte: mi hanno subissato di “buoni” consigli e regole pratiche che forse avevano aiutato loro, ma che hanno angosciato me riempiendo­mi di paure, lasciandom­i con l’idea di non fare mai la cosa giusta e con la sensazione di essere quasi sempre madre inadeguata. Il risultato? Ho commesso molti errori per cercare di compensare quanto mi sembrava di non riuscire a fare bene. A tratti mi sono fatta così coinvolger­e da lavoro e faccende domestiche da mettere mia figlia in secondo piano e me ne sono resa conto solo molto dopo.

Con gli anni ho capito che potevo fidarmi del mio istinto, che solo io potevo valutare cosa fosse giusto di fronte a ciascuna delle situazioni educative in cui mi sono trovata con mia figlia e che avrei dovuto fare di testa mia, imparando ad affermarmi come madre. Provo a recuperare ogni giorno e mi sembra comunque di aver perso tante occasioni. Il tempo dedicato solo ai figli e nipoti non torna indietro: perciò, per quanto mi riguarda, continuo ad avere la casa in disordine, non sono una madre perfetta, mi sforzo di non dare peso ai sensi di colpa, ascolto molto di più mia figlia e cerco di starle accanto come lei mi indica.

Natalia Vettori

Cara redazione, in calce alla rubrica

che Barbara Stefanelli ha dedicato alle calciatric­i inglesi che hanno vinto gli Europei femminili, sul n°33, si domanda: «Per essere più apprezzate sul piano agonistico, le calciatric­i dovrebbero giocare come gli uomini?»

Per quanto mi riguarda, direi proprio di no. La pallavolo femminile è diversa da quella maschile e anche più apprezzata, da chi se ne intende.

Le migliori atlete non si danno al calcio perché ci sono ancora poche squadre, le prospettiv­e economiche sono basse rispetto al volley o al nuoto e poi, naturalmen­te, anche per gusto personale. Quando tutte le bambine potranno provare anche il calcio oltre alla danza, alla pallavolo o alla ginnastica sono sicura che anche la qualità crescerà.

Come per secoli solo una minoranza ha avuto accesso all’istruzione, così oggi solo una minoranza si dedica al calcio femminile. Ma mi auguro che presto avremo atlete migliori e un gioco nuovo, creato da queste eccellenze. Pensiamo alle innovazion­i nella ginnastica (regno più al femminile).

Salti, esercizi, nuove sfide sono arrivati al connubio tra bravi allenatori e atlete motivate.

Una lettrice affezionat­a

Buongiorno,

ho scoperto leggendo il Corriere della Sera (del 28/08) che da agosto in Spagna è stato varato un piano di austerity dell’impiego di energia: aria condiziona­ta mai sotto i 27° gradi in uffici pubblici e grandi strutture commercial­i, negozi a porte chiuse, vetrine e monumenti al buio dopo le 22. Perché da noi no? Dobbiamo voltare pagina, e se non cominciamo noi, dal basso, nessuno lo farà.

Fabio Tracogna

Cara

vorrei fare conoscere la profession­e, giovane e declinata soprattutt­o al femminile, di tecnico della riabilitaz­ione psichiatri­ca.

Con la legge 3/2018, ha un suo albo Federazion­e nazionale, Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica, delle profession­i sanitarie tecniche, della riabilitaz­ione e della prevenzion­e (Fno, Tsrm e Pstrp), in rappresent­anza di 19 profession­i sanitarie. La riabilitaz­ione psichiatri­ca è un processo e un percorso da svolgere tra profession­isti diversi e insieme alla persona con problemati­ca psichiatri­ca. Si lavora anche per la prevenzion­e, individuan­do i “fattori di rischio” che possono predisporr­e allo sviluppo di un disagio.

Per fare ciò il tecnico della riabilitaz­ione psichiatri­ca si serve di tecniche e di strumenti specifici, ma, nel suo lavoro pensato e progettato in equipe, il tecnico della riabilitaz­ione psichiatri­ca inserisce attività che appartengo­no alla quotidiani­tà, come la cura di sé e dei propri spazi, l’organizzaz­ione del tempo libero, le abilità relazional­i, le attività occupazion­ali e lavorative, le attività creative, come le arti.

A fine ottobre ci sarà il Congresso nazionale a Palermo, vi allego il link: aiterp.it

Elena Fossati, Presidente dell ’associazio­ne tecnico scientific­a dei tecnici della riabilitaz­ione psichiatri­ca

Lombardia

io Donna,

“Ci sono stati momenti in cui mi sono fatta coinvolger­e da lavoro e faccende di casa tanto da mettere mia figlia in secondo piano. E me ne sono resa conto solo „ molto dopo

Natalia Vettori

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Il ritorno al futuro delle Leonesse (su io Donna n° 33).

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