Corriere della Sera - Io Donna

La memoria di Artemisia e l’oblio di

Processo per stupro

- Aldo Cazzullo acazzullo@rcs.it

Èstato un bell’azzardo dedicare due ore e un quarto di television­e in prima serata ad Artemisia Gentilesch­i. Settecento­mila spettatori le hanno seguite, con punte di un milione. Un piccolo miracolo: merito di La7 che ha

mandato in onda Una giornata particolar­e e della squadra di Stand by me che l’ha prodotta. È una goccia nel mare, ma è importante salvare la memoria di quel che è accaduto, ad Artemisia e ad altre milioni di donne. Qualcuno è rimasto turbato dalla storia: una violenza sessuale. Purtroppo in alcuni casi turbare lo spettatore è doveroso, è necessario. Artemisia è una pioniera, apre una strada che molte altre donne avreb

bero poi seguito, non solo perché è la prima pittrice a firmare i suoi quadri - una cosa talmente moderna che non c’era la

parola per definirla: “pittrice” non esisteva, così la chiamarono “pittora” -, ma perché è la prima donna a far condannare il proprio violentato­re, in un processo pubblico di cui possediamo tutti gli atti. E come accade spesso ancora adesso, fu la vittima, la donna violentata, a salire sul banco degli imputati. Artemisia fu torturata, perché doveva essere lei a dimostrare le sue accuse. Le spezzarono le dita, pena terribile per chiunque, a maggior ragione per un’artista. Eppure confermò. Vinse il processo. Fece condannare il suo carnefice, Agostino Tassi. Che ebbe la grazia dal Papa. Eppure un seme era stato gettato.

Nella trasmissio­ne ho ricordato un’inchiesta televisiva che mi aveva segnato quando ero ragazzo. Si intitolava Processo per stupro, la trasmise Rai Due nel 1979. Le telecamere entrarono nel tribunale di Latina per mostrare come la vittima venisse “processata” dagli avvocati difensori e dai parenti dei ragazzi accusati di violenza. Da un tweet di Michele Anzaldi ho appreso che la Rai non dispone più di quelle immagini, non essendosi opposta alla richiesta di oblio dei soggetti coinvolti nel procedimen­to. È un peccato, perché era un documento storico.

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