Corriere della Sera - Io Donna
Onore al merito
intervista alla collega pierre che, dopo una carriera di grande successo, ora si dedica ad altro mi aveva colpita. Alla domanda “Che mamma è stata?”, questione cruciale
e quesito insidioso, lei aveva risposto: “Bravissima. Ho sempre messo mio figlio a letto la sera, alla mattina l’ho sempre accompagnato - all’asilo prima, a scuola poi -, ho dedicato a lui tutte le mie vacanze”. Chi la conosce sa che, tra risveglio e nanna, la collega ha lavorato senza risparmiarsi, creando la sua agenzia di comunicazione, crescendola,
moltiplicandola, portandola all’estero. Guadagnandosi tutto il rispetto e l’ammirazione della comunità lavorativa. Che bello sentirla così risolta e giustamente fiera.
Quante di noi, in condizioni simili, affannate tra lavoro e vita, ma sempre puntuali nel rispettare orari e ritmi, guidate da un innato senso del dovere, avrebbero risposto senza esitazioni appuntandosi una coccarda sul petto? Pur avendo sempre saputo distinguere tra pesi e priorità
quando si trattava di figli, non mancando mai quando dovevano essere accompagnati, guidati, ascoltati, consolati, spronati ma lamentando ancora adesso di avere perso quella recita di Natale? Pur essendoci date con generosità in ufficio, spinte dal desiderio genuino di fare sempre
più e meglio, ma sempre con la sensazione di avere lasciato indietro qualcosa? Avrà giocato nel giudizio della collega il fatto di provenire da una cultura nord europea, diversa dalla nostra, più
pragmatica, meno incline ai sensi di colpa, abituata da tempo ai percorsi lavorativi delle donne? Perché noi invece stentiamo a dirci “bravissime”, nella vita privata come in ufficio?
Forse, quel merito di cui oggi si parla tanto, non ce lo riconosciamo ancora compiutamente, anche quando il diritto alla lode ce lo guadagniamo con impegno e dedizione, fatica e denti
stretti. Ognuna secondo le sue possibilità, sperando che qualcuno riconosca sforzo e risultato e il riconoscimento arrivi. Solo allora, forse, concedendoci di gongolare pure un poco, almeno per un brevissimo momento di gloria, prima che il tarlo della perfezione non riprenda il suo incessante lavorio sotto traccia.
Ecco perché a noi di io Donna piace così tanto appuntare coccarde: è un istinto riparatore, una tensione collettiva a rendere giustizia a chi la merita. Lo facciamo con il nostro progetto “99 e lode” dedicato alle laureate più brave d’italia per dare loro qualche chance in più (il
bando è aperto, tutti i dettagli a pag. 73). E applichiamo la formula anche a uno dei mondi che ci stanno più a cuore, quello dei libri. Anche quest’anno, durante Bookcity, premieremo l’eroina letteraria che ci ha fatto sognare e l’autrice che le ha dato voce (festeggiatela con noi! ingresso
su prenotazione via mail a iodonnapremioletterario@rcs.it). Onore al merito.
L’
Cara redazione,
l’anelito di libertà passa (non solo in Iran) per le donne (ne parla Antonella Baccaro nel n° 41) perché sono loro che ancora dovranno insistere per la parità con gli uomini.
Anche in Italia oggi non si è raggiunta la parità di genere, specialmente per quanto riguarda la retribuzione del lavoro e la prevenzione della violenza.
E si fatica a intendere quale sia il senso di questo andare in pari, tanto da riconoscere eccezionale il fatto che donne come l’astronauta Samantha Cristoforetti primeggino in settori fino a poco tempo fa “per soli uomini”.
Io credo non siano oggi le donne a dover dimostrare di essere all’altezza degli uomini, ma gli uomini che devono provare di essere capaci di gestire, insieme al lavoro, la cura della casa e della famiglia. Quando gli uomini di tutto il mondo sapranno fare i lavori “femminili”, allora si potrà parlare di parità.
Dovranno essere le donne ad istruire i loro uomini nella dolcezza della vita familiare e forse otterranno complicità e rispetto, sempre che l’uomo voglia perdere il primato della forza.
L’unica forza richiesta a tutti è il coraggio di abbattere modelli che non rispondono alle necessità di una società più equa.
“L’unica forza richiesta a uomini e donne è il coraggio di abbattere modelli di convivenza che non rispondono alle necessità di una società „ più equa
Fioralba
Cara C.V., il voto è ancora un criterio oggettivo e facilmente verificabile utile per stilare una graduatoria di merito. E le laureate eccellenti che hanno risposto (il bando è ancora aperto fino all ’11 dicembre, a pag. 73) sono davvero tante. Ma se leggerà il regolamento, vedrà che molte indicazioni utili per costruire un percorso lavorativo vengono fornite a tutte le candidate. Auguri! Danda Santini
Floralba
Cara redazione,
«non è la distanza che misura la lontananza». È questa frase di Antoine de Saint-exupéry quella con cui mia figlia volle “consolarci” e dare un senso alla sua partenza.
Sì, siamo anche noi in un nido vuoto come ha scritto Barbara Stefanelli in Un paio di ali nuove
(su io Donna n° 43). Ormai da oltre dieci anni i nostri ragazzi se ne sono andati per organizzare altrove le loro esistenze.
La vita è cambiata, da allora? Certo, ma dire “in meglio” mi sembra riduttivo. È cambiata per consentire a loro e a noi di vivere appieno le rispettive età: noi coi nostri ritmi più lenti, con le nostre abitudini difficili da modificare, coi nuovi impegni che ci danno la soddisfazione di essere ancora utili, loro coi loro ritmi di lavoro e le energie giovanili da spendere.
Anna51
Cara Danda,
da affezionata lettrice mi sono appena soffermata sull’articolo Laureate eccellenti, c’ è un corso per voi che, nel n° 42, lancia la nuova edizione di “99 e lode”. Purtroppo, trovo questa iniziativa discriminante (mi perdoni il termine forte) nei confronti di giovani laureate che per motivi più che validi non hanno raggiunto una valutazione particolarmente alta.
Conosco persone che hanno conseguito la laurea lavorando e facendo le pendolari, studiando di notte e che si sono costruite una carriera grazie alle loro capacità pur non avendo ottenuto una valutazione altissima. E altre che invece hanno ottenuto la lode immeritatamente. Ritengo sia giusto dare delle opportunità alle giovani per aiutarle a entrare nel mondo del lavoro, ma i criteri di valutazione dovrebbero guardare oltre il voto finale.
Cara Danda,
nello stesso numero di io Donna, il 42, si tratta della body positivity (che incoraggia l’accettazione di ogni aspetto fisico, ndr )da due angolazioni diverse.
A pag. 27 Stay (body) positive! la esalta, a pag. 223 Non è solo questione d ’ immagine accoglie l’allarme - che io condivido - del presidente della Società italiana di prevenzione cardiovascolare sul rischio di considerare l’obesità la nuova normalità.
Vedo giovani donne sui trent’anni o poco più che portano in giro ogni giorno 10, 15, 20 chili in più.
È come svolgere un lavoro usurante: come arriveranno a 50 anni? La lotta contro la body positivity deve iniziare presto, come qualsiasi altro tipo di educazione.
Cara Anna,
nella “misura” sta la via maestra per una vita sana. Quindi, no alle diete malsane per seguire magrezze irraggiungibili, ma no anche agli eccessi di peso. Anoressia, bulimia e obesità sono tutte malattie temibili.
E non c’ è contraddizione.
D. S.