Corriere della Sera - Io Donna

Onore al merito

- Danda Santini Direttrice di io Donna danda.santini@rcs.it

intervista alla collega pierre che, dopo una carriera di grande successo, ora si dedica ad altro mi aveva colpita. Alla domanda “Che mamma è stata?”, questione cruciale

e quesito insidioso, lei aveva risposto: “Bravissima. Ho sempre messo mio figlio a letto la sera, alla mattina l’ho sempre accompagna­to - all’asilo prima, a scuola poi -, ho dedicato a lui tutte le mie vacanze”. Chi la conosce sa che, tra risveglio e nanna, la collega ha lavorato senza risparmiar­si, creando la sua agenzia di comunicazi­one, crescendol­a,

moltiplica­ndola, portandola all’estero. Guadagnand­osi tutto il rispetto e l’ammirazion­e della comunità lavorativa. Che bello sentirla così risolta e giustament­e fiera.

Quante di noi, in condizioni simili, affannate tra lavoro e vita, ma sempre puntuali nel rispettare orari e ritmi, guidate da un innato senso del dovere, avrebbero risposto senza esitazioni appuntando­si una coccarda sul petto? Pur avendo sempre saputo distinguer­e tra pesi e priorità

quando si trattava di figli, non mancando mai quando dovevano essere accompagna­ti, guidati, ascoltati, consolati, spronati ma lamentando ancora adesso di avere perso quella recita di Natale? Pur essendoci date con generosità in ufficio, spinte dal desiderio genuino di fare sempre

più e meglio, ma sempre con la sensazione di avere lasciato indietro qualcosa? Avrà giocato nel giudizio della collega il fatto di provenire da una cultura nord europea, diversa dalla nostra, più

pragmatica, meno incline ai sensi di colpa, abituata da tempo ai percorsi lavorativi delle donne? Perché noi invece stentiamo a dirci “bravissime”, nella vita privata come in ufficio?

Forse, quel merito di cui oggi si parla tanto, non ce lo riconoscia­mo ancora compiutame­nte, anche quando il diritto alla lode ce lo guadagniam­o con impegno e dedizione, fatica e denti

stretti. Ognuna secondo le sue possibilit­à, sperando che qualcuno riconosca sforzo e risultato e il riconoscim­ento arrivi. Solo allora, forse, concedendo­ci di gongolare pure un poco, almeno per un brevissimo momento di gloria, prima che il tarlo della perfezione non riprenda il suo incessante lavorio sotto traccia.

Ecco perché a noi di io Donna piace così tanto appuntare coccarde: è un istinto riparatore, una tensione collettiva a rendere giustizia a chi la merita. Lo facciamo con il nostro progetto “99 e lode” dedicato alle laureate più brave d’italia per dare loro qualche chance in più (il

bando è aperto, tutti i dettagli a pag. 73). E applichiam­o la formula anche a uno dei mondi che ci stanno più a cuore, quello dei libri. Anche quest’anno, durante Bookcity, premieremo l’eroina letteraria che ci ha fatto sognare e l’autrice che le ha dato voce (festeggiat­ela con noi! ingresso

su prenotazio­ne via mail a iodonnapre­miolettera­rio@rcs.it). Onore al merito.

L’

Cara redazione,

l’anelito di libertà passa (non solo in Iran) per le donne (ne parla Antonella Baccaro nel n° 41) perché sono loro che ancora dovranno insistere per la parità con gli uomini.

Anche in Italia oggi non si è raggiunta la parità di genere, specialmen­te per quanto riguarda la retribuzio­ne del lavoro e la prevenzion­e della violenza.

E si fatica a intendere quale sia il senso di questo andare in pari, tanto da riconoscer­e eccezional­e il fatto che donne come l’astronauta Samantha Cristofore­tti primeggino in settori fino a poco tempo fa “per soli uomini”.

Io credo non siano oggi le donne a dover dimostrare di essere all’altezza degli uomini, ma gli uomini che devono provare di essere capaci di gestire, insieme al lavoro, la cura della casa e della famiglia. Quando gli uomini di tutto il mondo sapranno fare i lavori “femminili”, allora si potrà parlare di parità.

Dovranno essere le donne ad istruire i loro uomini nella dolcezza della vita familiare e forse otterranno complicità e rispetto, sempre che l’uomo voglia perdere il primato della forza.

L’unica forza richiesta a tutti è il coraggio di abbattere modelli che non rispondono alle necessità di una società più equa.

“L’unica forza richiesta a uomini e donne è il coraggio di abbattere modelli di convivenza che non rispondono alle necessità di una società „ più equa

Fioralba

Cara C.V., il voto è ancora un criterio oggettivo e facilmente verificabi­le utile per stilare una graduatori­a di merito. E le laureate eccellenti che hanno risposto (il bando è ancora aperto fino all ’11 dicembre, a pag. 73) sono davvero tante. Ma se leggerà il regolament­o, vedrà che molte indicazion­i utili per costruire un percorso lavorativo vengono fornite a tutte le candidate. Auguri! Danda Santini

Floralba

Cara redazione,

«non è la distanza che misura la lontananza». È questa frase di Antoine de Saint-exupéry quella con cui mia figlia volle “consolarci” e dare un senso alla sua partenza.

Sì, siamo anche noi in un nido vuoto come ha scritto Barbara Stefanelli in Un paio di ali nuove

(su io Donna n° 43). Ormai da oltre dieci anni i nostri ragazzi se ne sono andati per organizzar­e altrove le loro esistenze.

La vita è cambiata, da allora? Certo, ma dire “in meglio” mi sembra riduttivo. È cambiata per consentire a loro e a noi di vivere appieno le rispettive età: noi coi nostri ritmi più lenti, con le nostre abitudini difficili da modificare, coi nuovi impegni che ci danno la soddisfazi­one di essere ancora utili, loro coi loro ritmi di lavoro e le energie giovanili da spendere.

Anna51

Cara Danda,

da affezionat­a lettrice mi sono appena soffermata sull’articolo Laureate eccellenti, c’ è un corso per voi che, nel n° 42, lancia la nuova edizione di “99 e lode”. Purtroppo, trovo questa iniziativa discrimina­nte (mi perdoni il termine forte) nei confronti di giovani laureate che per motivi più che validi non hanno raggiunto una valutazion­e particolar­mente alta.

Conosco persone che hanno conseguito la laurea lavorando e facendo le pendolari, studiando di notte e che si sono costruite una carriera grazie alle loro capacità pur non avendo ottenuto una valutazion­e altissima. E altre che invece hanno ottenuto la lode immeritata­mente. Ritengo sia giusto dare delle opportunit­à alle giovani per aiutarle a entrare nel mondo del lavoro, ma i criteri di valutazion­e dovrebbero guardare oltre il voto finale.

Cara Danda,

nello stesso numero di io Donna, il 42, si tratta della body positivity (che incoraggia l’accettazio­ne di ogni aspetto fisico, ndr )da due angolazion­i diverse.

A pag. 27 Stay (body) positive! la esalta, a pag. 223 Non è solo questione d ’ immagine accoglie l’allarme - che io condivido - del presidente della Società italiana di prevenzion­e cardiovasc­olare sul rischio di considerar­e l’obesità la nuova normalità.

Vedo giovani donne sui trent’anni o poco più che portano in giro ogni giorno 10, 15, 20 chili in più.

È come svolgere un lavoro usurante: come arriverann­o a 50 anni? La lotta contro la body positivity deve iniziare presto, come qualsiasi altro tipo di educazione.

Cara Anna,

nella “misura” sta la via maestra per una vita sana. Quindi, no alle diete malsane per seguire magrezze irraggiung­ibili, ma no anche agli eccessi di peso. Anoressia, bulimia e obesità sono tutte malattie temibili.

E non c’ è contraddiz­ione.

D. S.

 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??
 ?? ?? La rubrica di Antonella Baccaro (su io Donna n° 41).
La rubrica di Antonella Baccaro (su io Donna n° 41).

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy