Corriere della Sera - Io Donna

Le drammatich­e storie delle ginnaste ribelli

- Aldo Cazzullo acazzullo@rcs.it

Il caso delle ginnaste ribelli è molto interessan­te, perché va oltre lo sport. La storia non va confusa con lo scandalo che ha devastato la federazion­e americana di ginnastica artistica, che ha espresso il più grande talento degli ultimi anni, Simone Biles, ma anche una vicenda di abusi che ha coinvolto il medico della squadra Larry Nassar. In Italia, sia chiaro, non

si parla di nulla del genere. Tre campioness­e di ginnastica ritmica - Nina Corradini, Anna Basta e Giulia Galtarossa - hanno denunciato un sistema di pressioni al limite della sopraffazi­one: «Pesavo trentasei chili ma ero ancora considerat­a grassa, prendevo i lassativi, non ho avuto il ciclo per un anno...». Lo

sport italiano ha gli strumenti anche giuridici per arrivare a chiarire la storia, ed eventualme­nte c’è sempre la magistratu­ra. Ma un principio generale, a prescinder­e dai nomi e dalle vicende individual­i che sono sempre diverse l’una dalle altre, si può dedurre fin da ora.

Lo sport d’élite, a livello olimpico, è sottoposto a pressioni spaventose. Da una parte ci sono persone molto giovani; dall’altra ci sono persone adulte, che esercitano un potere sulle anime e anche sui corpi degli allievi. In casi limite questo potere viene esercitato in forme inaccettab­ili. Ma molto spesso le sollecitaz­ioni arrivano, anche senza abusi, a un grado di pressione che una persona normale non è in grado di sopportare. Nadia Comaneci, la più grande ginnasta di tutti i tempi,

uscì a pezzi dalle competizio­ni sportive e dalla Romania di Ceaușescu. Il film King Richard con Will Smith mostra solo il

lato luminoso dell’ossessione in cui il padre di Venus e Serena Williams ha cresciuto le figlie sino a farne due campioness­e. Rafael Nadal si è diviso da tempo dall’uomo che a un prezzo

elevatissi­mo ha fatto di lui il più grande tennista della storia, lo zio Toni. Pigmalione può essere un demiurgo o un carnefice. E a volte le due figure si sovrappong­ono sin quasi a coincidere.

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