Corriere della Sera - Io Donna
La casa dell’arte milanese
Mecenate, collezionista, visionario. A 200 anni dalla nascita di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, la storica casa-museo meneghina celebra il suo fondatore. E la “famiglia” che custodisce il suo sogno
Fare più che dire, eccellere senza ostentare, amare il bello, ma non apparire... Tra i cliché più autentici, l’understatement di Milano ha fatto storia almeno fra chi, un po’, i milanesi li conosce davvero. Non risulta poi così strano che un tempio d’arte della città sia stato pensato, creato e mantenuto con la stessa magnifica discrezione, grazie alla personalità di un fondatore che del piglio understated fu quasi maestro: a 200 anni dalla nascita del lungimirante Gian Giacomo Poldi Pezzoli, questa figura di mecenate e ideatore del Museo che porta il suo nome risulta infatti meno nota di ciò che la sua storia (e i suoi ideali) avrebbero potuto far immaginare.
Insomma, una tipica storia di originalità meneghina che nel bicentenario di questo istrionico collezionista dà il via a celebrazioni dedicate al personaggio, ma anche al culto del dono e del collezionismo. E così, nello splendido palazzo di via Manzoni, s’intrecciano la storia del museo con quella della città. «Di famiglia ricca e coltissima, umile e curioso, sentì subito il “dovere del privilegio”: i suoi averi e la sua fortuna dovevano contribuire alla crescita dei suoi concittadini. Questo modello, in tutte le sue caratteristiche, non fu più replicato» racconta Annalisa Zanni, direttrice del museo da venti anni. «Fu un uomo del Risorgimento e come tale appoggiò l’unità d’italia, venne punito ed esiliato, ma tornò per aiutare nella creazione di un futuro comune. E per farlo si circondò di persone abili a sostenere un progetto di Casa Museo unico al mondo, voluto per seguire lo spirito del tempo, pur re
stando sempre uguale a sé stesso». SEGUITO
Questo creativo visionario nasce nel 1822. Il padre, Giuseppe Poldi Pezzoli, erede di un enorme patrimonio, sposò la nobile Rosa Trivulzio, figlia del marchese Gian Giacomo nonché erede del museo privato più noto di Milano (collezionista di tante rarità e volumi antichi per la biblioteca di famiglia, oggi Biblioteca Trivulziana). Fin dall’infanzia, il piccolo Gian Giacomo corre nel palazzo fra tele e arazzi, educato da maestri scelti dalla madre per le loro idee libere e aperte. Buon sangue non mente: sarà forse un caso che la cugina della madre fosse quella rivoluzionaria, patriota Principessa
Cristina Trivulzio di Belgiojoso, in prima linea durante le Cinque giornate di Milano?
L’esilio in Svizzera
Poldi Pezzoli intanto inizia i suoi viaggi, conosce nuove realtà e, mosso da idee progressiste, a 24 anni affianca un gruppo di aristocratici fondatori di una società d’incoraggiamento per arti e mestieri. Il fermento rivoluzionario lo conquista: sostenitore dell’indipendenza, si mette a disposizione della causa, finanzia le truppe lombarde e per questo è costretto all’esilio, in Svizzera, viaggiando poi anche tra Francia e Inghilterra. Luoghi destinati a illuminare la sua visione artistica. Al rientro, per riscattare la sua dimora sequestrata, dovrà versare l’esorbitante cifra di seicentomila lire. Ma la sua fantasia è in gran fermento: dopo la visita alla prima Esposizione Internazionale di Londra del 1851, a Parigi ammira il nuovissimo Museo Cluny dedicato alle arti decorative in una cornice gotica. E così, rientrato a Milano, nel 1849 avvia il suo progetto di una collezione d’arte italiana dall’animo unico, quanto la Casa Museo che l’avrebbe ospitata.
Un destino scritto nel bello
Fra le sue prime collezioni spicca quella di armi antiche, che acquista in gran numero tra il 1846 e il 1850 creando una vera e propria armeria. Dal 1850 comincia ad acquistare dipinti del Rinascimento lombardo, veneto e toscano, spesso di grande valore. Questa fervida attività non lo allontana dall’allestimento del suo appartamento, affidato soprattutto all’artista Giuseppe Bertini (docente e direttore dell’accademia di Belle Arti di Brera, diventò primo direttore e amministratore del Museo Poldi Pezzoli). Una sequenza di ambienti ispirati a diversi stili del passato: scalone e camera da letto in stile barocco, anticamera in stile rocaille francese, la Sala Nera “in stile del primo Rinascimento” il suo Studiolo Dantesco...
«Ma non pensiamo alle tipiche period room, camere d’epoca allestite in modo quasi didascalico: in quelle sale tutto era affine al periodo ricreato. Poteva quasi sembrare di essere tornati indietro nel tempo» sottolinea Annalisa Zanni. «A 57 anni Gian Giacomo Poldi Pezzoli scompare celibe e senza eredi, lasciando però nel testamento una richiesta precisa: destinare la sua casa e tutte le opere alla creazione di una Fondazione artistica per la città. Stupefacente pensare come nelle disposizioni fosse previsto anche un vitalizio dedicato a sostenere non solo i costi vivi del Museo, ma anche all’acquisto di nuove opere, perché la casa non restasse identica nei decenni. Intuendo come quel luogo, per continuare a vivere, avrebbe dovuto seguire lo spirito del tempo senza smettere di supportare tanti artisti».
Negli anni, complice la svalutazione e le guerre, quel denaro non fu più abbastanza, lasciando spazio alle numerose donazioni che iniziarono ad