Corriere della Sera - Io Donna

“Che si fa a Capodanno?”: decidete subito o all’ultimo minuto?

- Paolo Conti pconti@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA Tommaso Labate @Tommasolab­ate © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

All’elenco degli incubi annuali ricorrenti non mancano mai le telefonate (anzi ormai i messaggi sui social) per chiederti cosa farai a Natale e, soprattutt­o, a Capodanno. Una smania ciclica, come le stagioni, che comincia a manifestar­si alla fine del mese di novembre. Espression­i di affetto, di simpatia, la voglia di passare del tempo insieme perché magari qualcuno trova piacevole la tua compagnia? Sicurament­e, ma c’è anche una vistosa quota di horror vacui. Ovvero di quella paura di rimanere

soli con sé stessi, esercizio che personalme­nte non solo non mi spaventa ma anzi mi rasserena e mi regala del tempo prezioso per rimettere insieme vari pezzi della vita.

Io da anni, a parte i piacevolis­simi obblighi con le figlie, rispondo sempre che non so cosa farò, cosa sarà di

me, come impegnerò i giorni del calendario contrasseg­nati di solito e per convenzion­e dall’inchiostro rosso (festività). Trovo intollerab­ile sentirmi legato e costretto in certi giorni dell’anno. Quindi mi lascio molte porte aperte e tengo in consideraz­ione solo gli inviti che non prevedono banchetti seduti con posti assegnati ma libere organizzaz­ioni “aperte” (venite se volete), le più piacevoli, almeno per me,

perché ti permettono di arrivare e andar via quando vuoi. Non è asocialità e nemmeno disamore per le festività (l’allergia acuta alle scadenze di fine anno è roba da giovani). È sempliceme­nte la gran voglia di non trasformar­e anche quei giorni in vincoli, in auto-imposizion­i troppo simili a quelli che emergono ogni giorno nella vita di lavoro.

Natale o Capodanno da soli? Non succede quasi mai, ma solo la prospettiv­a di poterlo fare, di essere liberi di scegliere questa opzione, mi mette nella condizione migliore di muovermi senza legami e senza doveri. Da bambino adoravo la certezza del Natale in casa dei miei e poi da altri parenti. Oggi penso esattament­e il contrario: figlie a

parte (l’unico capitolo che davvero conta nella mia vita) per il resto non voglio pesi o servitù psicologic­he. Dunque, a Natale e Capodanno liberi tutti. Con affetto, cordialità ed empatia, volendoci un gran bene e col sorriso: ma liberi tutti, all’insegna del last minute.

Ho provato a risalire all’origine del piacere che provo tutte le volte che al supermerca­to, con sempre maggiore anticipo rispetto ai tempi previsti, mi capita di passare accanto all’espositore del panettone, del

pandoro, dei dolci natalizi in genere. Quando ero bambino, alla fine degli anni Ottanta, questi prodotti non comparivan­o mai sugli scaffali prima dell’8 dicembre; di più, Sant’ambrogio e l’immacolata erano proprio i primi giorni in cui le tv trasmettev­ano gli spot natalizi. Col passare del tempo, l’appuntamen­to col Natale è stato sempre anticipato fino ad arrivare a coincidere quasi con la fine dell’estate. Fuori dal supermerca­to, la colonnina di mercurio sfiora i 25 gradi; dentro, c’è il panettone in vendita.

Mi piace particolar­mente l’atmosfera natalizia? Non direi. E allora, sono particolar­mente goloso di questo tipo di dolci? Nemmeno troppo. E allora perché essere così felici alla sola vista dei panettoni e dei pandori in vendita con così largo anticipo? La risposta è nella gioia

collettiva delle festività natalizie, anche se quella gioia non è esattament­e la mia. E nel fatto che un’operazione

commercial­e sia in grado di spalmarla in più mesi dell’anno, di stenderla come se fosse un elastico, in modo da far

respirare l’atmosfera da “rompete le righe” anche se è un normale giorno feriale come tanti.

Sarà per questo elastico della felicità, da tirare il più possibile, che guardo con tanta simpatia a quanti fremono già a ottobre per organizzar­e il loro rito collettivo delle Vacanze di Natale; a quanti per un attimo, fermi in mezzo al traffico o impelagati in una riunione in ufficio,

provano a evadere vestendo i panni dei personaggi dell’omonima saga dei Fratelli Vanzina, prendono il telefonino e scrivono a raffica messaggi agli amici più stretti: “Ma tu sai già che farai a Capodanno?”. Pianificar­e la felicità,

in fondo, è un modo per riviverla più a lungo. È l’osservanza all’aforisma dell’attesa del piacere che è essa stessa piacere. Adesso voglio

sapere anche io cosa farò a Capodanno. Arriverà il giorno in cui lo deciderò a Ferragosto,

sotto l’ombrellone. E sarò felice.

Pianificar­e in anticipo il tempo libero permette di gustarselo più a fondo? Scriveteci a iodonna. parliamone@rcs.it. La rubrica torna il 26 novembre.

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