Corriere della Sera - Io Donna

Il paradosso dell’amore

La passione non ricambiata, gli equivoci, il timore di veder svanire il bene più prezioso: gli aspetti “obliqui e taciuti” della relazione amorosa trovano ampia dissertazi­one nell’opera dei poeti, da Shakespear­e a Gozzano e oltre

- Vittorio Sgarbi Critico e storico dell ’arte

Quante dichiarazi­oni d’amore! Quante finzioni! quanti sospiri! Viviamo di poesie d’amore, di canzoni d’amore, e talvolta condividia­mo anche le più sottili, e più ingegnose, come quelle di Pedro Salinas, dalla raccolta La voce a te dovuta: «ll modo tuo d’amare/ è lasciare che io t’ami./ Il sì con cui ti abbandoni/ è il silenzio. I tuoi baci/ sono offrirmi le labbra/ perché io le baci./ Mai parole e abbracci/ mi diranno che esistevi/ e mi hai amato: mai./ Me lo dicono fogli bianchi,/ mappe, telefoni, presagi;/ tu, no. E sto abbracciat­o a te/ senza chiederti nulla, per timore/ che non sia vero/ che tu vivi e mi ami./ E sto abbracciat­o a te/ senza guardare e senza toccarti./ Non debba mai scoprire/ con domande, con carezze,/ quella solitudine immensa/ d’amarti solo io».

È il paradosso dell’amore, ed è anche il dubbio che l’amore espresso non sia ricambiato. Salinas lo risolve interpreta­ndo il silenzio come offerta, come dedizione, come silenzio/assenso. Il modo tuo di amare nasconde il dubbio della indifferen­za. C’è un codice del silenzio, una discrezion­e e pudicizia dei sentimenti che talvolta sono più autentici di una dichiarazi­one. Io sono più certo di aver amato, tenendolo come un segreto, piuttosto che affermando­lo per convincerm­i di ciò che non era dentro di me. E così ho pensato che il tuo lamento per l’amore che non si manifesta è struggente. E non mi lascia indifferen­te. Ma il tacere non indica una mia insufficie­nza, bensì una tua incomprens­ione. E forse una mia timidezza o incapacità. Per non rischiare di fingere. Perché per me amarti è così semplice e naturale che è come respirare. Appena ti penso ho un moto spontaneo di felicità, non devo scriverti; per me sei come l’aria, come il cielo, come il sereno in una giornata placida. Rassicuran­te e insostitui­bile, non devo confermart­elo. Tu sei, e sei per me. Per sempre.

Ma l’amore è anche paura di perdere il bene che anche ad altri appare desiderabi­le. Nessuno lo ha espresso meglio di Shakespear­e, nel sonetto XLVIII, tradotto da Montale.

Lo vedi lì, l’amore, sempre sul punto di perderlo: «Con che animo, partendo, li ho rinchiusi,/ i miei ninnoli, e con che serrature,/ per trovarli, inusati, al mio solo uso,/ da mani d’altri, cupide, al sicuro./ Ma tu che rendi men che nulla questi/ gioielli se ti mostri, tu mio primo/ conforto e ora mio cruccio, preda resti/ d’ogni furfante che ti s’avvicina./ Non t’ho messo in alcuno scrigno, fuori/ di quello in cui non sei, ben ch’io ti senta/ qui pure: nell’asilo del mio cuore/ dove tu giungi e parti a tuo talento./ Per essermi rubato, poi: se avviene/ ch’è ladra anche virtù con un tal bene».

Il bene più prezioso è quello più in pericolo.

Forse allora, l’ironia, il ritrarsi, la prudenza di non concedersi, espressa come una propria mutilazion­e, un limite, ne L’onesto rifiuto di Guido Gozzano:

«Un mio gioco di sillabe t’illuse./ Tu verrai nella mia casa deserta:/ lo stuolo accrescera­i delle deluse./ So che sei bella e folle nell’offerta/ di te. Te stessa, bella preda certa,/ già quasi m’offri nelle palme schiuse./ Ma prima di conoscerti, con gesto/franco t’arresto sulle soglie, amica,/ e ti rifiuto come una mendica./ Non sono lui, non sono lui! Sì, questo/ voglio gridarti nel rifiuto onesto,/ perché più tardi tu non maledica./ Non sono lui! Non quello che t’appaio,/ quello che sogni spirito fraterno!/ Sotto il verso che sai, tenero e gaio,/ arido è il cuore, stridulo di scherno/ come siliqua stridula d’inverno,/ vôta di semi, pendula al rovaio…/ Per te serbare immune da pensieri/ bassi, la coscienza ti congeda/ onestament­e, in versi più sinceri…/ Ma (tu sei bella) fa ch’io non ti veda:/ il desiderio della bella preda/ mentirebbe l’amore che tu speri./ Non posso amare, Illusa! Non ho amato/ mai! Questa è la sciagura che nascondo./ Triste cercai l’amore per il mondo, triste pellegrina­i pel mio passato,/ vizioso fanciullo viziato,/ sull’orme del piacere vagabondo…/ Ah! Non volgere i tuoi piccoli piedi/ verso l’anima buia di chi tace!/ Non mi tentare, pallida seguace!…/ Pel tuo sogno, pel sogno che ti diedi,/ non son colui, non son colui che credi!/ Curiosa di me, lasciami in pace!»

Fa tv, teatro, e a fine marzo la vedremo in un nuovo film con Antonio Albanese. Lavora tanto, l’ha sempre fatto fin da piccola, quando si occupava delle giostre dei suoi genitori. E intanto si allenava a capire l’animo umano

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 ?? ?? Mario Reviglione: La poetessa Amalia Guglielmin­etti, 1911-1912, Collezione privata.
Mario Reviglione: La poetessa Amalia Guglielmin­etti, 1911-1912, Collezione privata.
 ?? ?? Virginia Raffaele, 43 anni. Dal 30 gennaio all’11 febbraio è al teatro Brancaccio di Roma con Samusà. Altre tappe poi a Cremona e a Genova. Abito N°21 by Alessandro dell’acqua, stivali Philosophy di Lorenzo Serafini, calze Calzedonia, gioielli Crivelli.
Virginia Raffaele, 43 anni. Dal 30 gennaio all’11 febbraio è al teatro Brancaccio di Roma con Samusà. Altre tappe poi a Cremona e a Genova. Abito N°21 by Alessandro dell’acqua, stivali Philosophy di Lorenzo Serafini, calze Calzedonia, gioielli Crivelli.

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