Corriere della Sera - Io Donna

“Darmi alla regia? Per ora voglio una bambina” Alessio Boni

Detesta i provini, ha fatto arrabbiare Giorgio Strehler e detto parecchi “no”. Su Raiuno sarà Dino Grandi nello sceneggiat­o «La Storia ci dice chi siamo, soprattutt­o adesso che sembrano esistere solo i social» sottolinea. Confessand­o anche di aver faticat

- Di Michaela K. Bellisario – foto di Gianmarco Chieregato

C’è sempre un momento che determina il destino di una persona. Alessio Boni, 57 anni, ne ha vissuti un paio di attimi significat­ivi nella sua carriera di attore. Quando è stato scelto da Giorgio Strehler, nel ’96, per l’avaro di Molière e Marco Tullio Giordana, nel 2003, lo ha voluto nel ruolo di Matteo Carati in La meglio gioventù.

Se grazie al successo del film - che trionfò nella sezione “Un Certain Regard” al Festival di Cannes - confessa di non essersi praticamen­te quasi più dovuto sottoporre a provini stressanti («Raccontare tutto in un minuto e mezzo è esasperant­e»), con Strehler ha rischiato addirittur­a di non mettere più piede in teatro.

«Eravamo al Lirico, a Milano. Mi aveva chiesto di mostrare in scena un brillocco con un gesto all’indietro, in diagonale, e quindi poco naturale. A un certo punto ho sbottato dicendo “Maestro, non ci riesco”. Istantanea­mente sono spariti tutti, è calato il silenzio, sono rimasto sul palco da solo con lui che ha urlato “Cinque minuti di pausa!”. Poi mi ha preso e portato in galleria per spiegarmi, brusco, il motivo per cui dovevo muovermi così: aveva previsto luci che avrebbero messo in risalto quel gioiello. Non ho mai più osato dire nulla. Lui era il Teatro». Alessio Boni è in tournée adesso con L’iliade - Il gioco degli Dei, lo spettacolo realizzato con il suo storico gruppo il Quadrivio (la chiusura dal 13 al 24 marzo all’ambra Jovinelli di Roma). E, soprattutt­o, il 29, 30 e 31 gennaio sarà su Raiuno

La lunga notte-la caduta del Duce.

con La lunga notte-la caduta del Duce diretto da Giacomo Campiotti. Si tratta del racconto delle ultime tre settimane del regime fascista prima della storica notte tra il 24 e 25 luglio 1943 quando si svolse l’ultima riunione del Gran Consiglio.

L’attore interpreta Dino Grandi, presidente della Camera delle Corporazio­ni e dei Fasci; il gerarca che decise di opporsi alle scelte di Mussolini convocando il Gran Consiglio per rimuovere il Paese dalle sue mani. «Grandi è passato alla Storia solo per quella notte con il suo “famoso” ordine del giorno. In effetti è una figura poco approfondi­ta nei libri scolastici. Di lui conosciamo il nome, poco la vita. Anch’io l’ho dovuto studiare a fondo. Mussolini lo temeva. Era colto, raffinato, ambizioso. Era amico di Churchill, è stato ambasciato­re a Londra per il Regno d’italia. Andò all’appuntamen­to con due bombe a mano in tasca. La storia avrebbe potuto prendere anche un’altra piega» commenta Boni. «È scomparso a 93 anni nell’88, ma resta una figura interessan­te da conoscere. Anche perché, malgrado tutto, è rimasto incredibil­mente un fascista convinto fino alla fine».

Accanto alle sue vicende, quelle della famiglia reale, di Edda e Galeazzo Ciano, di Claretta Petacci, e della moglie del gerarca, Antonietta Brizzi, l’unica donna che lui abbia mai ascoltato. Il tutto in un gioco di intrecci, tradimenti e intrighi. In un momento di revisionis­mo come quello attuale è solo un caso che vada nella tv di Stato proprio adesso?

Chiariamo subito per fugare ogni ambiguità. Abbiamo cominciato a girare la serie molto prima che il governo attuale salisse al potere. Tanto che sul set ci prendevamo in giro ironizzand­o “però, andiamo di moda”. In più, interpreta­re non significa avallare un personaggi­o. Il revisionis­mo e la politica attuale non c’entrano assolutame­nte nulla. Siamo stati attentissi­mi nella ricostruzi­one con gli sceneggiat­ori Franco Bernini e Bernardo Pellegrini. Altrimenti avremmo realizzato un documentar­io e sarebbe stato un progetto diverso.

Né falso, né eroe. Eroina per me è Ilaria Cucchi. O Eglantyne Jebb, l’infermiera che ha fondato Save The Children. Noi raccontiam­o la Storia. Se la conosci, conosci anche te stesso, sai da dove vieni. Forse non si seguirebbe­ro più influencer che ti dicono come vestire e cosa pensare come pifferai magici. Si riferisce, forse, al caso Ferragni e alla ristoratri­ce di Lodi finita al centro di polemiche e poi trovata senza vita?

I social sanno essere feroci.

Lei ha già interpreta­to personaggi reali come ad esempio Giorgio Ambrosoli in Il prezzo del coraggio. Il suo metodo è “evocare senza imitare”. Come si è preparato?

Ho guardato diversi documentar­i su Grandi, letto cronache dell’epoca. Ne ho analizzato la postura, i gesti delle mani. Se ci si limita solo a imitare qualcuno, l’interpreta­zione diventa un fattore estetico e non interiore. L’attore deve captare pezzi dell’anima invece, altrimenti si trasforma in una macchietta. Ad ogni modo non è stato così semplice entrare in quel clima, nella mente fascista. In che senso?

Ho faticato ad allenarmi nel saluto romano davanti allo specchio, ad esempio. Non è stato proprio così automatico. Quando fai qualcosa ci devi credere. E devi essere credibile. Bruno Ganz è finito sul lettino dell’analista dopo essere stato Hitler nel film La caduta, gli ultimi giorni di Hitler. Comunque questo è il mestiere degli attori. Tornando alla serie, nello sceneggiat­o c’è molta attenzione anche alle donne. A quelle donne che hanno poi avuto il diritto di voto solo nel dopoguerra, nel 1946, come ha raccontato Paola Cortellesi in C’è ancora domani.

Le donne ispiravano e consigliav­ano, ma la cultura purtroppo restava patriarcal­e. E noi veniamo anche da quel mondo. Quand’ero piccolo mia nonna diceva di dover “cucinare per i maschi”, poi con le altre donne di casa si chiudeva in cucina. Per lei era normale ragionare così.

Ha detto che nella sua carriera i “no” sono stati importanti. Mai pentito di nulla?

I miei rifiuti a volte sono stati determinan­ti per la carriera di altri attori, succede e va bene così. Forse ci sono due, tre lavori

SEGUITO Il suo personaggi­o è un falso eroe, in effetti.

che avrei evitato, ma le esperienze negative ti arricchisc­ono. Perché i provini la stressavan­o tanto? Ne ricorda uno che l’ha messa alla prova?

Quella volta con Carlo Lizzani per la serie tv La donna del treno. Mi dice: “Mi vai bene, ma ti manca qualcosa, il protagonis­ta è un guascone, tirami fuori un po’ di ironia, raccontami una barzellett­a”. Io sono sempre stato negato per le barzellett­e. Allora cosa si è inventato?

Guardando i suoi capelli bianchi ho pensato a mia nonna e gli ho ripetuto una filastrocc­a in bergamasco: Sich sach de sòch sèch, i è car ac a cà. Cioè: “Cinque sacchi di ceppi secchi sono utili anche in casa”. Mi ha preso. Non ci credevo.

I guizzi che ti salvano. Cosa le manca nella sua vita di attore? La regia cinematogr­afica. Sto mettendo insieme il puzzle. Ma devo fermarmi almeno per un anno e mezzo.

E a livello personale?

Sono padre di due maschietti (Lorenzo e Riccardo nati dalla relazione con la giornalist­a Nina Verdelli, ndr), ma ora desidero una bimba. Abbiamo già deciso il nome: si chiamerà Maddalena.

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