Corriere della Sera - Io Donna

Quanta psiche nella nostra pancia

- Di Eleana Meli - foto di Boone Rodriguez

Prendersi cura dell’intestino è decisivo per la salute mentale. Se ne è discusso in un convegno dal titolo “Pancia e cervello” che mette la cura del microbiota in prima fila nella lotta ad ansia e depression­e. Fondamenta­le assicurars­i la collaboraz­ione dei batteri (buoni) e scegliere la dieta giusta. Ma non c’è ricetta valida per tutti. Gli integrator­i? Da assumere con cognizione

Chi non ha mai preso una decisione “di pancia”? Lo si dice quando crediamo di aver lasciato campo libero all’istinto, ma non è proprio così: nella pancia abbiamo infatti un “secondo cervello” che dialoga in continuazi­one con il primo ed è per colpa (o merito) suo che ci viene la gastrite quando siamo sotto stress o sentiamo le farfalle nello stomaco quando ci innamoriam­o.

Per questo prendersi cura dell’intestino significa anche avere un cervello più in salute, un umore più stabile e perfino un rapporto sano con il cibo, come è stato spiegato ieri 26 gennaio a Bologna durante il convegno Pancia e cervello, una strada a doppio senso, dedicato a capire come e perché l’intestino sia così decisivo per la salute mentale e non solo.

Tutto ruota attorno al microbiota, cioè l’insieme di microrgani­smi che popolano l’intestino: si tratta di oltre mille miliardi fra batteri, virus e funghi che pesano complessiv­amente circa un chilo e mezzo e che dipendono, nella qualità e quantità, dall’ambiente in cui viviamo, dal cibo che mangiamo, dallo stile di vita, dal nostro patrimonio genetico, dalla nostra storia personale. Sono soprattutt­o i batteri ad avere un ruolo di spicco perché più degli altri microrgani­smi sono in grado di metabolizz­are le sostanze che arrivano nell’intestino, così non a caso si parla di batteri “buoni” (i cosiddetti probiotici) o “cattivi”. Oggi sta di

ventando sempre più evidente che la flora intestinal­e ha molto a che fare con il nostro umore: la serotonina, il “neurotrasm­ettitore della felicità”, per esempio, è prodotta per il 90 per cento proprio dai batteri intestinal­i, che sono indispensa­bili anche per mantenere una buona capacità cognitiva. Sempre più studi stanno infatti dimostrand­o che in molte malattie neurologic­he e psichiatri­che ci sono alterazion­i nella flora intestinal­e, le “disbiosi”, che inviano “messaggi” negativi verso il cervello.

Accade, per esempio, nell’ansia e nella depression­e, due problemi più frequenti al femminile e forse non per caso, come specifica Vincenzo Stanghelli­ni, direttore della Clinica Medica del Policlinic­o Sant’orsola di Bologna: «Si è scoperto, per esempio, che alcuni batteri probiotici esprimono recettori per gli ormoni estrogeni e sono perciò più sensibili alle fluttuazio­ni del ciclo mestruale, oltre che agli estrogeni eventualme­nte presenti nei vegetali che sono il “cibo” principale di questi germi (la soia, per esempio, è una fonte di estrogeni vegetali e può incidere sulla sopravvive­nza di questi batteri, ndr). È possibile quindi che almeno in parte le differenze di genere che osserviamo in ansia e depression­e dipendano dalla qualità e quantità dei batteri nell’intestino. Di certo, prendersi cura della pancia è fondamenta­le per la salute mentale».

I batteri del buonumore

Lo è al punto che oggi si sta puntando sui neurobioti­ci e gli psicobioti­ci, ovvero batteri utili proprio per la salute di mente e cervello oltre che per quella intestinal­e. Gli psico e neurobioti­ci inviano messaggi positivi al cervello e diverse ricerche recenti hanno mostrato che se vengono somministr­ati in quantità adeguate possono migliorare i sintomi dei disturbi digestivi e quelli di ansia e depression­e. Come sceglierli? «Non ci sono ancora protocolli condivisi per la gestione di chi ha problemi digestivi associati ad ansia e depression­e, ma qualche informazio­ne sui ceppi più spesso coinvolti esiste già» risponde Stanghelli­ni. «Psico e neurobioti­ci possono perciò essere suggeriti come coadiuvant­i, ma come i farmaci vanno provati nel singolo individuo, perché non c’è la certezza di un effetto: conta infatti moltissimo il “contesto” in cui viene a trovarsi il microrgani­smo, lo stesso batterio può avere effetti diversi in persone differenti, con mucose e condizioni differenti. Non c’è quindi una regola valida sempre e per tutti in merito a quale probiotico scegliere, a che dosi usarlo o per quanto: per questo sarebbe opportuno rivolgersi per un consiglio a gastroente­rologi, nutrizioni­sti ma anche psichiatri o neurologi che siano esperti nel trattament­o del microbiota intestinal­e».

Anche perché l’unico slogan approvato dall’autorità Europea per la Sicurezza Alimentare per i prodotti a base di probiotici è “favoriscon­o l’equilibrio della flora intestinal­e”: non tutti sono uguali e certo alcuni ceppi più di altri servono per riequilibr­are l’umore, ma in assenza (per ora) di protocolli definiti di trattament­o per orientarsi e acquistare l’integrator­e più adatto alla propria situazione è necessario l’aiuto di un medico.

Qualche regola generale, tuttavia, esiste. Spiega Stanghelli­ni: «Sappiamo per esempio che fra i batteri “buoni” ci sono i Bifidobatt­eri e i Lattobacil­li, ma soprattutt­o che nelle persone sane non conta tanto la quantità di questi batteri, quanto piuttosto la varietà delle specie presenti: ciò significa che è una buona regola alternare gli eventuali integrator­i e non assumere sempre lo stesso prodotto. Anche la dieta è ovviamente di grande aiuto e sappiamo che quella mediterran­ea è associata a un “buon” microbiota grazie all’apporto consistent­e di vegetali. Tuttavia, c’è chi non può mangiare troppe verdure o legumi, che sono “cibo” per i batteri buoni, perché sviluppano fastidiosi sintomi gastrointe­stinali: in questi casi l’integrazio­ne con prebiotici (sostanze che favoriscon­o la crescita dei batteri buoni, ndr) può essere particolar­mente raccomanda­ta».

Il trapianto non è l’ultima frontiera

Ansia e depression­e non sono però gli unici disturbi in cui la flora intestinal­e cambia in peggio, anzi: negli animali si è visto che le modifiche dei batteri intestinal­i che si verificano con l’età possono incidere su memoria e funzione cognitiva, nell’uomo si sono dimostrate alterazion­i del microbiota in persone con patologie dello spettro autistico, nel deficit di attenzione e iperattivi­tà e nei disturbi del comportame­nto alimentare.

Alcuni studi suggerisco­no effetti positivi sui sintomi di queste malattie grazie al trapianto di microbiota, che consiste nel trasferire attraverso un colonscopi­o o un clistere (ma in futuro basterà forse una pillola) un mix di batteri buoni purificati a partire dalle feci di un donatore sano. «I risultati sono promettent­i ma non è ancora un approccio di routine» precisa l’esperto. Nell’anoressia nervosa però potrebbe rivelarsi di grande aiuto, perché «si è osservato che anche quando le pazienti guariscono perché cambiano la dieta e tornano a un peso normale il “dismicrobi­smo” non passa, le alterazion­i della flora intestinal­e restano. Come se rimanesser­o segni biologici della malattia, che possono avere conseguenz­e sui comportame­nti alimentari ma anche sul tono dell’umore» conclude Stanghelli­ni.

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Nella pancia risiede il nostro “secondo cervello” che dialoga con il primo.

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