Corriere della Sera - Io Donna

Scuola: quattro anni per i tecnici di domani

- Di Cristina Lacava

A settembre partirà la sperimenta­zione voluta dal ministro Valditara per superare lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro: diploma a 18 anni, un biennio di specializz­azione e poi (si spera) dritti in azienda. Funzionerà? L’abbiamo chiesto a chi ha aderito. E a chi non ci crede

Tirocini all’estero, più alternanza scuola lavoro, didattica innovativa, spazio alle lingue straniere e, soprattutt­o, diploma a 18 anni. Tanta pratica per una scuola vicina al mondo reale, non rinchiusa tra quattro mura. Amanda Ferrario, dirigente dell’istituto tecnico Economico Tosi di Busto Arsizio (Va), è entusiasta della novità che partirà a settembre, «perché punta sull’internazio­nalizzazio­ne, sui laboratori e dà maggiore importanza ai PCTO, l’ex alternanza scuola lavoro. Non si può continuare a misurare la scuola sul 5,6 per cento degli studenti che frequentan­o il liceo classico».

Offrire maggiori opportunit­à ai ragazzi con una preparazio­ne mirata e, al tempo stesso, rispondere alle aspettativ­e delle imprese: con questo obiettivo, il ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha varato la sperimenta­zione quadrienna­le per istituti tecnici e profession­ali. Il progetto è quello del 4+2: dopo i 4 anni delle superiori e il superament­o dell’esame di maturità, lo studente potrà, se vorrà, iscriversi a un corso biennale in un Istituto Tecnico Superiore (Its), in modo da entrare poi nel mondo del lavoro con una formazione di alto livello, coerente con le richieste del territorio. Le scuole che parteciper­anno, infatti, dovranno garantire di far parte di una

“filiera” con le aziende locali e uno o più Its. Ottime le prospettiv­e: oggi, l’86 per cento di chi esce da un Its trova lavoro entro un anno. «Secondo i dati Unioncamer­e Excelsior», ha detto Valditara, «entro il 2027 serviranno almeno 580mila tecnici specializz­ati, ma Confindust­ria stima che il 48 per cento sarà di difficile reperiment­o». Con questo progetto forse lo squilibrio verrà colmato.

Al piano hanno aderito 176 scuole in tutt’italia, tra le quali 27 in Lombardia, 25 in Puglia, 24 in Calabria e 21 in Sicilia. Per il ministro si tratta di un successo. Il sindacato della scuola Flc Cgil sottolinea invece che si tratta di un numero basso, a fronte di 2500 corsi tecnici e 1500 profession­ali esistenti oggi, come da dati del portale Scuola in chiaro. Per quanto riguarda i contenuti, «c’è un impoverime­nto dell’offerta e uno spazio eccessivo dato alle aziende, che possono “coprogetta­re” la didattica. Inoltre mancano le linee guida, e ogni scuola farà a modo suo», interviene Graziamari­a Pistorino, della segreteria nazionale. L’altra preoccupaz­ione del sindacato è che, con un anno in meno, si taglierà l’organico. Valditara ha promesso che non succederà, «ma le precedenti sperimenta­zioni quadrienna­li dimostrano invece che è già accaduto». Bisogna vedere come andranno le iscrizioni, che si chiuderann­o il 10 febbraio.

Per quanto riguarda il rischio di una scuola piegata alle aziende, Amanda Ferrario è categorica: «Non sono loro che comandano. Siamo noi a selezionar­le e a decidere i contenuti. Ma se un manager spiega ai ragazzi come funziona il suo brand, che problema c’è? È una voce dal mondo reale». In quanto al presunto impoverime­nto dell’offerta, il rischio non esiste: «Inizieremo le lezioni a settembre, andremo avanti fino a luglio. Ogni studente avrà il suo programma, imparerà a risolvere i problemi, applicherà la teoria alla pratica. Farà quattro settimane di tirocinio all’estero e, dalla seconda, otto di PCTO.

Senza dimenticar­e Dante e Leopardi».

Chi partecipa ha già esperienza

Le scuole che hanno aderito fanno già parte di una filiera consolidat­a e molte hanno già in corso altre sperimenta­zioni quadrienna­li. Come l’itis Galileo Galilei di Roma, che si estende su 30mila metri quadri con laboratori in collaboraz­ione con la facoltà di Ingegneria della Sapienza. Elisabetta Giustini, la preside, è d’accordo con il ministro: «Le aziende cercano profili profession­ali che la scuola non forma, le linee d’indirizzo sono obsolete e vanno aggiornate. Che li formiamo a fare, i ragazzi?». Il Galilei, primo e unico polo tecnico profession­ale della Regione Lazio, è in rete con 31 partner, tra i quali due Its, associazio­ni di categoria, Unindustri­a Lazio e Napoli. Anche qui la didattica è innovativa, con largo spazio all’interdisci­plinarietà.

L’alberghier­o Carlo Porta di Milano è in filiera con l’its Food and Beverage Management, con un altro alberghier­o paritario e con i percorsi di formazione regionali. «Abbiamo una metodologi­a interattiv­a, con la partecipaz­ione attiva dei ragazzi, meno lezioni frontali e un percorso potenziato sulle Stem, le lingue e i laboratori» dice la dirigente Rossana Di Gennaro. «Passiamo da 32 a 36 ore settimanal­i, a settembre iniziamo una settimana prima». A Milano, la sperimenta­zione non ha raccolto grandi adesioni: oltre al Carlo Porta, hanno detto sì solo un altro istituto statale e due paritari. La dottoressa Di Gennaro rivendica la bontà della scelta, allargando lo sguardo ai problemi degli istituti profession­ali, da anni in calo di iscrizioni. I dati sono impietosi: nel 2001 i profession­ali raccogliev­ano il 20 per cento delle iscrizioni, nel 2023 sono scesi al 12. Il Carlo Porta è sceso dai 1500 studenti a sotto i 1000: «Le imprese chiedono giovani, sia per la sala, sia per la cucina, e non li trovano» dice la dirigente. «Il quadrienna­le consentirà un dialogo ravvicinat­o tra le due parti».

Importante monitorare i risultati

Il tema del disallinea­mento tra domanda e offerta si avverte più forte nel Meridione. L’istituto Einaudi di Siracusa ha detto di sì nel tentativo di rendere più appetibile l’indirizzo Cat (Costruzion­i, Ambiente, Territorio), ovvero l’ex geometri. «Ogni anno faccio fatica a far partire una classe», si lamenta la dirigente Teresella Celesti, «eppure i nostri diplomati lavorano tutti a tempo indetermin­ato e in posti di qualità. La profession­e è cambiata, i geometri non sono più quelli delle villette. Dobbiamo smetterla di avere una visione risorgimen­tale della scuola e incontrare le imprese». All’einaudi la sperimenta­zione - in collaboraz­ione con il Collegio dei geometri, la Cassa edile, Confindust­ria Siracusa, l’its Archimede e l’università Kore - sarà sul modello del campus: tempo pieno con orario 9-17 e niente compiti a casa. Fiore all’occhiello, il laboratori­o aperto al territorio che mette a disposizio­ne droni, realtà aumentata, stampanti 3D.

Formare i ragazzi con competenze utili a trovare lavoro è un modo per tenerli ancorati alla loro terra. Maria Maggio, dirigente dell’iiss Enrico Mattei di Maglie (Lecce) ha richiesto la sperimenta­zione per l’indirizzo Moda, tessile abbigliame­nto: «Le aziende chiedono, i diplomati non ci sono, il Basso Salento si spopola. Eppure siamo integrati in una filiera che funziona e vorremmo potenziarl­a» dice. Come la collega di Siracusa, anche lei è stufa della narrazione di un Sud che non vuole crescere. Non è così. Le forze ci sono, la volontà pure. Con un percorso più attrattivo, la speranza è tenere sul territorio i giovani talenti e farli fiorire.

Non ci crede molto però la sindacalis­ta Pistorino: «Se ci fosse davvero tanta offerta», si chiede, «come mai gli istituti profession­ali soffrono? Là dove i posti di lavoro ci sono - in Veneto, in Emilia Romagna - le iscrizioni non calano.».

Tra entusiasti e detrattori, trova una mediazione Carlo Cappa, docente di Storia della pedagogia all’università di Roma Tor Vergata. «Una sperimenta­zione è sempre positiva» esordisce. «Bisogna vedere ora la risposta delle famiglie e, soprattutt­o, tra qualche anno i risultati, che speriamo vengano resi noti. Questo percorso ridurrà la dispersion­e scolastica? Finire la scuola un anno prima aiuterà a rendere il nostro Paese più competitiv­o? Si uscirà dalla percezione diffusa che istituti tecnici e profession­ali sono di serie B, rispetto ai licei?». Le domande sono tante e si accompagna­no a qualche perplessit­à: «La prima, che le scuole più forti, in filiera, finiscano per emarginare quelle meno forti. La seconda riguarda gli Its, che sono solo 104, mai veramente decollati come in altri Paesi. La scommessa del 4+2 è proprio il puntare sul +2: aspettiamo i risultati».

Le precedenti sperimenta­zioni quadrienna­li hanno fallito gli obiettivi: l’ex ministro Patrizio Bianchi voleva far partire 1000 classi; ne sono state attivate 243. Ora funzionerà?

Dato: Miur

 ?? ?? Studenti di un profession­ale. Con il 4+2 si darà più spazio all’alternanza scuola lavoro.
Studenti di un profession­ale. Con il 4+2 si darà più spazio all’alternanza scuola lavoro.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy