Corriere della Sera - Io Donna
Quello che gli uomini non dicono
Il fascino delle storie senza fine e la paura di farsi male in amore
Il genio multiforme di Massimo Gramellini ha scovato nelle necrologie del Corriere della Sera una storia straordinaria: il 15 gennaio 1986 un adolescente, Enrico, morì in un incidente automobilistico; da allora ogni anno la sua fidanzata di allora, Barbara, gli dedica un necrologio struggente, ogni volta con parole diverse, che però termina sempre con la stessa firma: “Per sempre, Barbara”.
Noi non sappiamo e non vogliamo sapere se quel “per sempre” sia un ideale o corrisponda alla realtà, se Barbara abbia trovato un altro uomo con cui costruirsi la vita o se sia vissuta nel ricordo di quell’antico amore. Soprattutto, noi non sappiamo e non vogliamo giudicare. Ho pensato alle tante donne che ho conosciuto, rimaste vedove in giovane età, che non hanno mai voluto risposarsi, perché erano ancora innamorate di un uomo che non c’era più per gli altri, ma per loro sì. Ho pensato anche alle tante donne, e ai tanti uomini, che faticano a relazionarsi con le altre persone, a corteggiare, a toccarsi, ad abbandonarsi alla “vibrante intesa di tutti i sensi in festa” (Franco Battiato) o anche solo a lasciarsi tentare dalla curiosità. Persone “vergini”, disinteressate al sesso forse perché non hanno mai accettato il proprio corpo, non sono mai entrate in quella sfera della fisicità che pure fa parte della nostra natura.
Non sappiamo se Barbara abbia rinunciato alla sua vita, o se l’abbia consacrata a un ricordo, e l’abbia fatta così diventare infinita: una vita tutta da immaginare, come Pierpaolo Pasolini definiva l’esistenza spezzata di suo fratello Guido. Sappiamo che le storie d’amore quasi mai vanno a finire bene; nel migliore dei casi, si adeguano, mutano, evolvono. Quella di Enrico e Barbara è una storia pre-social. Ho il timore che la rivoluzione digitale abbia forse facilitato e banalizzato gli approcci, ma abbia reso ancora più difficile costruire amori, storie, coppie, vite.