Corriere della Sera - Io Donna

Hopper e la solitudine di chi ama

La condizione di chi si isola in mezzo agli altri, assorbito dal telefonino, non è diversa da quella - straniata e straniante - ritratta nelle opere del pittore americano. Non alienazion­e, ma ardente vicinanza a chi è lontano. E amore che, nella distanza,

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L’essere altrove, l’assenza di comunicazi­one, l’isolamento dalle innumerevo­li cabine, assorbito nelle conversazi­oni, chi scriveva in mezzo agli altri sembrano rappresent­ati dall’uso usava macchine da scrivere. Oggi è tutto nel telefonino, che del telefono portatile, cui siamo legati come a una ci consente di evitare l’ipocrisia di dialogare con diversi estranei. continuazi­one del nostro corpo, una protesi con gravi Il più desiderato è a portata di cellulare, e possiamo essere felici effetti di asocialità. Si sta a un tavolo insieme, e ognuno raggiungen­dolo. Siamo in tre a tavola e ognuno ha il suo. Non ci parla con un altro lontano, ignorando il vicino che può essergli sono più riti di circostanz­a, forzate opportunit­à. amico o amante, ma meno importante dell’assente. Non era così con E il mondo che si disegna, per chi lo osserva dall’esterno, il telefono di casa, che poteva disturbare e far muovere allo squillo riscontran­do solitudini, è quello, straniato e straniante, di Edward della suoneria, intermitte­nte e marginalme­nte invadente. Ben di- Hopper. Solitudine e assenza ne sembrano, ne sono, la sostanza versa è la situazione ora, dove ognuno insegue la sua solitudine, vive proprio come nei gruppi al bar, Nighthawks/i nottambuli, del pittore altrove, e il telefono ci consente di stare dove è il nostro desiderio, e americano. dove il nostro interesse è più forte. E infatti si chiamano gruppi e chat

Che non si tratti di alienazion­e, le sedi di questo forum di simili che si ritrovano nonostante i diversi avvisi, sembra riconosciu­to a parlare e a scrivere in apparente solitudine, nel racconto della singolare esperienza ognuno vicino a chi gli è più caro. di Michele Masneri in visita al carcere Riflettend­o oggi, davanti a tre solitari femminile della Giudecca di Venezia, sede in compagnia, ognuno con il suo pensiero del padiglione Vaticano alla Biennale. ardente, non penso che non dialogano

Le restrizion­i nell’accesso determinan­o fra loro, che vivono una condizione di queste sue condivisib­ili osservazio­ni: alienazion­e, ma ai versi di Pedro Salinas: «Soprattutt­o si devono lasciare i telefonini, «Il modo tuo d’amare/ chi non si è armato di carta e penna si ritrova Edward Hopper, I nottambuli (Nighthawks), È lasciare che io ti ami./ catapultat­o in un mondo pre-iphone, Art Institute of Chicago. Il sì con cui ti abbandoni/ senza note elettronic­he, e senza macchina È il silenzio. I tuoi baci/ fotografic­a... Intanto passano i minuti e noi tutti senza cellulari Sono offrirmi le labbra/ Perché io le baci./ siamo sollevati e sperduti. Che ore saranno? Nessuno possiede più Mai parole o abbracci/ Mi diranno che esistevi/ un orologio fisico. Qualcuno vocifera che siano le 10 e 48. Siamo E mi hai amato: mai./ Me lo dicono fogli bianchi,/ tutti lì a scambiarci informazio­ni sul mondo fuori, pezzi di carta mappe, telefoni, presagi,/ tu, no./ e penne per scrivere appunti perché ormai abbiamo la memoria E sto abbracciat­o a te/ Senza chiederti nulla, per timore/ di una noce di cocco. “Come ha detto?”, “Chi è l’artista?”, “Come Che non sia vero/ Che tu vivi e mi ami./ si scrive?”. Senza Google siamo perduti. Altro che CHATGPT. E sto abbracciat­o a te/ Senza guardare e senza toccarti./

Qualcuno pensa anche, però: “Non è mica male, ’sto carcere. Si Non debba mai scoprire/ con domande, con carezze,/ vede il cielo, c’è l’orto biologico, e pure il cinema…”». quella solitudine immensa/ d’amarti solo io»

L’esperienza riabilita, nel luogo del forzato isolamento, i (in La voce a te dovuta, Torino, Einaudi 1997, ndr). rapporti umani, ma indica anche la condizione di estensione dei Soli, distanti, per amarsi di più. Non diversamen­te l’aveva nostri sensi del telefonino, che è block notes, dizionario, encicloped­ia, risolta l’altro grande poeta, Paul Éluard: giornale e telegiorna­le, casa, lettera. Chi era un tempo innamorato «E tanto t’amo che, quando non ci sei, non so chi di noi due è scriveva lettere, oggi sono Whatsapp, chi voleva parlare l ’assente». con l’amata si dotava di gettoni per interminab­ili telefonate 1942.

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