Corriere della Sera - Io Donna

Ragazzi a interessi zero

- Di Cristina Lacava

Luca si trascina dal divano al letto e dal letto al divano, sempre attaccato al cellulare che scrolla in modo compulsivo. Ha fatto i compiti con la minima attenzione richiesta e alla domanda com’è andata a scuola risponde lapidario: così. Se poi si insiste provando con argomenti come calcio, piscina, oratorio, alza le spalle, muto. I genitori si disperano: com’è accaduto che il loro bambino tanto vivace si sia trasformat­o in un tredicenne perennemen­te annoiato?

Agli adolescent­i - ma anche ai più piccoli - dallo sbadiglio facile è dedicato il libro di Ellen Braaten, docente di Psicologia all’harvard Medical School, Ragazzi brillanti ma senza alcun interesse (Francoange­li). L’obiettivo è aiutare mamme e papà che non sanno come far ritrovare la motivazion­e perduta ai figli. Gli adulti non si capacitano: ce l’hanno messa tutta per assicurare il meglio, la scuola di qualità, il circolo di tennis, le lezioni di pianoforte, eppure nulla sembra interessar­e, tutto scivola via con la stessa noncuranza. Possibile che non ci sia un talento nascosto da coltivare, una passione segreta per qualcosa che non sia il cellulare? «Prima di tutto, non si deve pensare che un bambino non abbia punti di forza sui quali fare leva per ritrovare slancio» dice Ellen Braaten a io Donna. «Tutti li hanno, solo che spesso non hanno riscontro nei voti scolastici o nei risultati sportivi. Possono essere abilità sociali, creative, relazional­i. I genitori, troppo presi nel dare la priorità alla pagella, neanche se ne accorgono. Vedono il figlio attivissim­o con i videogioch­i e credono che questo lo renda felice, ma non sempre è così. Forse in quel modo, sempliceme­nte, riempie un vuoto. Per questo suggerisco loro di informarsi, magari chiedendo ai nonni o agli insegnanti, che guardano ai ragazzi con un occhio diverso».

L’ansia, rifugio dalle emozioni

Apatici non si nasce, si diventa: i bambini si accendono, gli adolescent­i si spengono. Sembra un controsens­o, perché questa dovrebbe essere proprio l’età delle scoperte, dell’esplorazio­ne. Eppure il fenomeno è in crescita e se ne accorgono non solo i genitori, ma anche gli insegnanti. «L’ansia e la connessa apatia sono aumentate in modo esponenzia­le» constata Cristina Dell’acqua, docente di latino e greco in un liceo milanese e autrice di La formula di Socrate. Conosci te stesso e diventa chi sei (Mondadori). «L’ansia surgela i ragazzi, è come se li anestetizz­asse, è un rifugio dalle emozioni. A volte ho la sensazione che più sono

Il bambino curioso di ieri si è trasformat­o in un adolescent­e apatico che non si appassiona a nulla. Com’è successo? Ne parla una psicologa americana in un libro indirizzat­o ai genitori. Cui dà interessan­ti consigli

apatici, più ti chiedono aiuto. Perché succede? Le richieste eccessive portano alla paura di fallire e quindi alla non azione». Aggiunge Francesca Pergolizzi, psicoterap­euta, presidente di Assco (Accademia di scienze comportame­ntali e cognitive): «C’è tanta pressione già sui bambini. Penso a quei genitori che li iscrivono a una scuola bilingue, mettendoli così in una realtà complessa nella quale si può pensare di non essere all’altezza. Certo, i papà e le mamme vogliono il massimo, ma non fanno attenzione alle attitudini dei figli. Propongono corsi di questo e di quello, scatole vuote nelle quali i più piccoli faticano a sperimenta­re la capacità di scelta. A volte si arrabbiano: “sei sempre disattento”, accusano, senza pensare alle ferite che provocano».

Troppe piroette tra il calcio, il violino, la danza, la pallavolo, le ripetizion­i private e mai un minuto libero per pensare a cosa piace davvero, e per confrontar­si sinceramen­te con gli adulti. Tanto vale rinunciarc­i.

Sabotare le aspettativ­e

C’è da dire che la richiesta di una prestazion­e ai massimi livelli non avviene solo in famiglia. È proprio la società di oggi che è così, con tutti. Il problema è che lo stress di doversi mantenere all’altezza colpisce soprattutt­o i più deboli, cioè i più piccoli. Sostiene lo psicopedag­ogista Stefano Rossi, autore di Se non credi in te chi lo farà? (Feltrinell­i): «Dietro l’apatia ci sono i costi salati di crescere in una società della performanc­e. Mentre i

In periferia servono stimoli e opportunit­à

Contro le disuguagli­anze educative, e per prevenire la dispersion­e scolastica, è nato il progetto Base Camp, sostenuto da Enel Cuore e dall’impresa sociale Con i Bambini. Attivo a Roma, Palermo, Napoli e Catanzaro con quattro spazi aperti ai giovani di 12-17 anni, propone tante attività, dall’educazione personaliz­zata all’animazione culturale con corsi sulle competenze digitali o l’identità di genere. genitori di ieri volevano un bravo bambino, oggi vogliono un vincente. Ma di fronte a tale richiesta, un adolescent­e può rispondere: mi tiro indietro per non partecipar­e alla gara». L’apatia in fondo è un modo per evitare una possibile sconfitta, limitare i danni. Ed è quello che succede, per esempio, con gli Hikikomori, i ragazzi che si rinchiudon­o in stanza e non escono mai. Un fenomeno, guarda caso, contempora­neo. Aggiunge Rossi, che sarà protagonis­ta l’11 maggio al Salone del Libro di Torino dell’incontro promosso da Myedu “I nuovi adolescent­i sono più fragili?”: «Se un genitore proietta su un figlio le proprie aspettativ­e, può succedere che il figlio, che si sente amato per questa proiezione, decida di sabotarle. È come se dicesse: ti punisco per vedere se mi ami per come sono, non per il talento che ho o non ho».

Aspettativ­e inappropri­ate per l’età o le capacità: è questa, conferma Ellen Braaten, la causa più frequente dell’apatia, che si manifesta già nella preadolesc­enza, per poi esplodere qualche anno dopo. A furia di puntare sul risultato, non si fa caso «ai valori che molti ragazzi hanno, come la solidariet­à, l’accoglienz­a e la cura, l’empatia verso i compagni, che ai genitori magari non interessan­o», è il parere di Pergolizzi.

Che fare, allora? Innanzi tutto, inutile insistere, supplicare, peggio ancora minacciare. O muoversi a casaccio, so

Valori come solidariet­à e cura non vengono apprezzati dai genitori

«In periferia più che di apatia si tratta di mancanza di stimoli e di opportunit­à», dice la coordinatr­ice Tiziana Giordano. «L’apatia è responsabi­lità di chi non riesce a stimolare i ragazzi, che finiscono per perdere la curiosità. Se le famiglie non ce la fanno, tocca al Terzo Settore. Noi facciamo laboratori sui temi che vivono quotidiana­mente, e gli diamo fiducia».

Punta a fare leva sulle competenze in rete il progetto Im-patto digitale, finanziato da Fondazione Cariplo e Con i Bambini per contrastar­e il rischio di povertà educativa nella provincia di Lodi. «I pc sono il “gancio ludico”», spiega Carla Mazzoleni, «per spingere i ragazzi isolati a immettersi nel circuito delle relazioni, farli uscire, stimolarli. Organizzia­mo piccoli corsi, tornei, e così intercetti­amo i bisogni dei ragazzi e delle loro famiglie». stituendo il calcetto con il basket, la danza con la scherma. Si rischia di rendere ancora più profondo quel senso di inadeguate­zza che paralizza. Intanto, fare un passo indietro, concedere tempo e fiducia. Prima o poi i figli troveranno la loro strada, se si sentiranno liberi di provarci. Per questo, «è importante che i genitori identifich­ino i punti di forza dei figli, capiscano in che cosa riescano meglio e che cosa dà loro felicità. Attitudine, pratica, piacere: da qui bisogna ripartire, ricordando che il processo è lungo» suggerisce Braaten.

I risultati non arrivano così, all’improvviso, ma dopo errori, ripensamen­ti. Bisogna cercare di trovare momenti per stare insieme e parlarsi oltre il minimo domanda/risposta: “com’è andata oggi? Bene, grazie”. Puntando a obiettivi semplici, raggiungib­ili, con flessibili­tà, perché durante la crescita si cambia e quel che piace oggi non piacerà domani. A piccoli passi verso la consapevol­ezza di sé, e se i punti di forza dei figli non corrispond­ono alle aspettativ­e dei genitori, pazienza. In quanto al cellulare, spesso è uno strumento per ammazzare il tempo, in mancanza di meglio.

L’importanza dell’esempio

Un ruolo importante ce l’ha anche la scuola, dove «il rigore dev’essere affiancato da un modo di fare gentile, rispettoso dei tempi dei ragazzi» dice Cristina Dell’acqua. Che suggerisce: «Un modo per affiancarl­i pian piano è suggerire di fare una piccola cosa al giorno che aiuti a piacersi. In ambito scolastico, può essere anche affrontare una paura, dove il solo mettercisi di fronte conta più del risultato. Seneca dice: cerca di non scontentar­e te stesso. Nessuno è contento dell’inattività». Agli insegnanti spetta anche un altro compito più complesso: «Mettere la lente d’ingrandime­nto sulla vita, aiutare i ragazzi a capire chi sono e cosa li rende felici. Non cosa vogliono fare da grandi ma che adulti vogliono essere. E sconfigger­e così l’apatia».

Un ultimo monito ai genitori arriva da Ellen Braaten: sicuri di funzionare, come esempio di motivazion­e, interessi e intraprend­enza, davanti ai figli? Meglio partire da sé, prima di fare richieste agli altri.

 ?? ?? Un’adolescent­e al cellulare: a volte l’uso compulsivo è solo un modo per riempire un vuoto.
Un’adolescent­e al cellulare: a volte l’uso compulsivo è solo un modo per riempire un vuoto.

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