Corriere della Sera - Io Donna

Mappe paradisiac­he

- Danda Santini Direttrice di io Donna danda.santini@rcs.it

Weekend piovoso, l’antidoto migliore è una bella mostra. La scelta cade su Alessandro Mendini, “Io sono un drago”, alla Triennale di Milano. Rivedo, tra schizzi, disegni e progetti, l’ironia giocosa e dissacrant­e che ha attraversa­to i miei anni verdi, quelli dove “l’immaginazi­one al potere” non era uno slogan pubblicita­rio, ma una sfida nd vera su cui esercitars­i. Quando gli architetti non erano solo archistar per grattaciel­i extralusso, ma anche designer, grafici, collaborat­ori di giornali, illustrato­ri, creativi, scrittori, e persino “poeti, preti, manager”, come si descrive Mendini nella figura fantastica, a metà tra drago e ircocervo, che dà il nome alla mostra. Rileggo, tra mobili e dipinti, architettu­re e vasi, la storia di una generazion­e che credeva in un futuro ottimista e post-moderno, coloratiss­imo e lieve come i nomi suggestivi delle opere: “mobili infiniti”, “case della felicità”, “oggetti a uso spirituale”, “architettu­re utopiche”, “monumentin­i da casa”, “camere senza vista”, fino all’affettuoso (e premonitor­e) “fragilismi”. Depurato da pesi, ansie e solitudini.

E lì mi cattura, sul fondo della prima sala, la mappa “Essere Ben Essere” realizzata per una mostra in Triennale del 2000. Un grande tazebao realizzato con matite, pennarelli e parole manifesto: “cercare la sicurezza per mente, corpo e mondo”, “tecnologia delicata”, “gentilezza-dedizione-bontà”. In un riquadro, a testa ingiù, relegato su un margine, come fosse già imprigiona­to ed esorcizzat­o, il quadriumvi­rato del male, “violenza, fame, guerra, dolore”. Al centro, un paesaggio ideale con un tripudio di stelle: è il “cielo degli animali”, è l’universo, è il regno della calma. Sotto, si distende il “paradiso terrestre”, il cui presuppost­o è l’“assenza di oggetti e di organizzaz­ione”: una irridente autocritic­a per uno che di oggetti si è sempre occupato con il rigore del grande profession­ista. Qui ci sono invece campi, fiori e un “giardino chiuso con piccole architettu­re filosofich­e”: sono nell’eden. Tutto ruota attorno a quel paradiso in terra così possibile, così lontano, oggi come ieri.

Di lì a poco arrivo alla “città dell’utopia”, la cui ricetta è altrettant­o semplice: un vento leggero (quello della primavera?), alberi profumati, una luce soffusa (alba o tramonto, a seconda delle indoli), campi, laghi e cascatelle (quel rumore “bianco” suggerito per combattere l’insonnia), frutti dorati (elargiti dalla natura a tutti), naturalmen­te fiori (il pane e le rose, il necessario ma anche la poesia, come si pretendeva allora), e l’albero della conoscenza (il pensiero e la ragione, Sapiens insomma). Uomini, animali, natura. E, a sorpresa, un chiostro. Uno di quegli spazi chiusi al mondo, verdi e ombreggiat­i, circondati da un colonnato, che inducono pace e riflession­e.

Mi ci accomodere­i anch’io, ebbra di paradiso e semplicità, in quell’eden naturale, ma mi tocca l’ordinario, la spesa e le commission­i (oggetti, sempre oggetti: la dannazione di quello che manca e la tentazione di quello che desideri), seguendo la ferrea agenda quotidiana (ma chi sarei, che cosa farei senza di lei?). Oggetti e organizzaz­ione: bel rovello. Il paradiso può (deve?) attendere.

Gentile redazione,

ho letto Il bello del verde (su io Donna n° 14) e ho una domanda: come si spiega l’abbattimen­to in tutta Italia di alberi secolari e di interi boschi? Perché assistiamo sempre più spesso a potature e capitozzat­ure distruttiv­e delle più belle chiome di piante sane presenti in centri abitati? Non dovrebbero rappresent­are un bene di pregio per la comunità? Il mantra oggi dovrebbe essere “gli alberi si piantano e si curano, non si abbattono”.

Anna Ricciardo Risponde la collega Maria Tatsos, esperta di verde: Gentile Anna,

il cambiament­o climatico ci impone di piantare, curare e difendere gli alberi. Eppure, gruppi e cittadini sui social denunciano capitozzat­ure e abbattimen­ti indiscrimi­nati. Perché succede? Mi sono confrontat­a con vari esperti.

Per quanto riguarda le potature infelici del verde pubblico urbano o nei giardini privati la causa è spesso l ’ imperizia di chi agisce. Un albero potato male, però, è più esposto alle malattie. E, nei sempre più frequenti fenomeni metereolog­ici “estremi”, la pianta maltrattat­a cade più facilmente; perciò ne viene chiesto l ’abbattimen­to per la sicurezza di persone e cose.

Diverso è lo scenario fuori città. Purtroppo, in Italia il taglio rientra in un quadro normativo complicato e in cambiament­o. Se il terreno è di proprietà privata, previa autorizzaz­ione il proprietar­io è libero di abbattere le piante. Inoltre, le biomasse forestali sono ritenute dall’ue energia rinnovabil­e. Il legno cippato, cioè ridotto in scaglie, è bruciato nelle centrali a biomasse, o alimenta stufe e camini domestici come pellet, generando peraltro inquinamen­to atmosferic­o. Oggi tagliare alberi è diventato un business.

In conclusion­e: è giusto abbattere un vecchio albero se è ammalato, per lasciare spazio a nuove piante giovani.

Ma la perdita dei grandi alberi che regalano ossigeno e stoccano anidride carbonica è un danno nella lotta al cambiament­o climatico e lede il diritto delle generazion­i future a vivere in un ambiente sano.

Maria Tatsos

Come si spiega l’abbattimen­to in tutta Italia di alberi secolari e di interi boschi? Il mantra oggi dovrebbe essere “gli alberi si piantano e si curano, non si abbattono”

Buongiorno Danda,

nell’editoriale del n° 16, elencando le poche donne cui in Italia è dedicata una statua, segnala “la patriota Rosalia Montmasson, unica donna della spedizione dei Mille”.

In realtà, con i mille c’era anche la “garibaldin­a” Jessie Meriton White il cui impegno per la causa italiana è stato eccezional­e.

Sposata ad Alberto Mario, anche lui sostenitor­e della causa risorgimen­tale e grande benefattor­e, avrebbe voluto fare il medico, ma divenne giornalist­a. Con il marito si imbarcò a Genova con la seconda ondata di garibaldin­i, operando come infermiera e realizzand­o i suoi reportage per la stampa estera fino alla terza guerra d’indipenden­za.

Ho pubblicato una sintesi delle sue avventure in Verona Medica (giugno 2011). Notizie su questa “patriota” inglese devota alla causa italiana anche su encicloped­iadelledon­ne.it

Margherita Ferrari Cara Margherita,

grazie per la segnalazio­ne: un’altra figura femminile di spicco da aggiungere alla nostra rubrica “Donne nella storia”.

Danda Santini

Anna Ricciardo

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L’editoriale Il bello del verde (su io Donna n° 14).

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