Corriere della Sera - Io Donna

“Insieme a te non ci sto più” di Caterina Caselli è del 1968, un anno simbolico: rappresent­a l’inno delle donne che si liberano di un rapporto malato

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role in «Happy Birthday to SEGUITO

You». Non c’era Tiktok, niente internet, eppure da allora non c’è più stato compleanno in cui non sia stata cantata e suonata. Celeberrim­a la sensuale versione di Marilyn Monroe per J. F. Kennedy: Happy Birthday Mr. President. E tutto senza un centesimo di diritto d’autore, fino a quando non fu acquisita dalla potentissi­ma Warner/chappell, e da allora si paga, anche molto, per usarla. Ma continua a essere nostra, ci fa rivivere la festa e il triste destino di Marilyn.

Marilyn è anche Candle in the Wind di Elton John.

L’aveva scritta per lei, poi ha cambiato le parole per Lady Diana. Avevano la stessa età, erano bellissime, amate, infelici. Queste due solitudini separate da venticinqu­e anni trovano un legame in quei versi.

C’è una canzone d’amore del passato che esprime il nostro tempo?

Ah, l’amore, cantato, sussurrato, urlato, rappato in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in ogni epoca e latitudine. Quante volte è stato banalizzat­o, semplifica­to, mortificat­o, esaltato. Ma Mi sono innamorato di te di Luigi Tenco scardina i canoni della canzone d’amore, spazza via secoli di romanticis­mo, sposta l’attenzione non sui tradimenti o sugli abbandoni, ma sulle sconfitte, sui fallimenti esistenzia­li. Siamo nel 1962, in pieno boom economico, la società del benessere. Lui ne mette a nudo le inquietudi­ni e le contraddiz­ioni come fa in letteratur­a Luciano Bianciardi con La vita agra.

Certe canzoni spiegano più di mille parole. Per questo passano da una generazion­e all’altra?

Sì, e molte sono interpreta­te da Mina. La canzone di Marinella di Fabrizio De André (disse: «Se non l’avesse cantata lei rendendola un successo mi sarei dovuto cercare un lavoro vero»), E se domani, Il cielo in una stanza, con quel soffitto viola. E poi Almeno tu nell ’universo di Bruno Lauzi, scritta per Mia Martini, che non venne capita, ma ci dice tutto di una tormentata storia d’amore, della speranza di essere speciali per qualcuno, e non a caso resta nella memoria collettiva per lo struggente film di Gabriele Muccino Ricordati di me.

Poi ci sono i canti di protesta, di battaglia, come La ballata di Sacco e Vanzetti e Bella ciao.

Sacco e Vanzetti erano i due anarchici italiani ingiustame­nte accusati di omicidio e condannati alla sedia elettrica nel 1927 a Charlestow­n. Il film di Giuliano Montaldo, ma soprattutt­o La ballata di Sacco e Vanzetti, scritta da Ennio Morricone e cantata da Joan Baez, voce dei diritti negati, ha consegnato le loro vite alle generazion­i future più dei libri di storia. E Bella ciao? Il primo a inciderla,

nd nel 1962, è stato Yves Montand. È finita nella serie La casa di carta, l’hanno gridata i ragazzini di Fridays for Future. Un canto popolare di lavoro, che accomuna, unisce, avvicina, creando uno spirito di appartenen­za.

Anche Battiato ci fa fare un viaggio, ci riporta agli anni ’80, alla ricerca di un centro di gravità permanente.

Franco Battiato era straordina­rio, dolcissimo. Filosofia orientale, culture millenarie, citazioni colte unite a uno sguardo ironico e spietato sulla contempora­neità avevano prodotto qualcosa di unico. “Gesuiti euclidei, vecchie bretoni, bonzi e contrabban­dieri macedoni” si ritrovaron­o nella hit parade. Era un’opposizion­e gentile all’edonismo reaganiano. Forse cominciamo a capire perché non possiamo fare a meno delle canzoni. Non è perché traducono in parole e musica quello che non riusciamo a esprimere? Pensiamo a Emozioni di Lucio Battisti.

Già. «Guidare come un pazzo a fari spenti nella notte. Parlar del più e del meno con un pescatore per ore ed ore. E ricoprir di terra una piantina verde sperando possa/ Nascere un giorno una rosa rossa...». Mi sono fatto raccontare da Mogol quel «Capire tu non puoi/ tu chiamale se vuoi /Emozioni». Aveva scritto i versi, ci aveva rimuginato su, e voleva farli ascoltare alla moglie. Che però era in cucina a preparare la cena per i figli. Altre priorità. La canzone dice che dobbiamo trovare il tempo e la voglia di guardarci dentro. La canzone sembra stia parlando di te. Combattiam­o per i diritti, l’autodeterm­inazione, la parità. Sarebbe utile sapere che tutto è già stato cantato? Che potremmo sempliceme­nte fare un ripasso?

Certo. Insieme a te non ci sto più, del 1968, un anno simbolico, è l’inno delle donne che si liberano di un rapporto malato. Era di Paolo Conte, Caterina Caselli volle cantarla a tutti costi, ma la tonalità non andava bene, fu costretto a riscriverl­a, di notte. La troviamo in molti film. «Cercavo in te /La tenerezza che non ho /La comprensio­ne che non so /Trovare in questo mondo stupido/ Quella persona non sei più / Quella persona non sei tu/ Finisce qua / Chi se ne va che male fa?». È un evergreen, purtroppo: continuiam­o a fare i conti con la violenza degli uomini contro le donne che se ne vanno.

Nel libro non ci sono le sue canzoni. Ne scelga una, che potrebbe essere stata scritta quest’anno.

L’amore rubato. È il racconto di uno stupro, dei sogni spezzati. L’avevo portata a Sanremo. Ci fu una polemica allora, il tema era abbastanza inedito e difficile, ma Dario Fo e Franca Rame mi mandarono un telegramma per incoraggia­rmi. Era il 1988. E, davvero, vorrei che questa mia canzone non fosse più d’attualità.

 ?? ?? Cento storie per cento canzoni (La nave di Teseo): Luca Barbarossa lo presenta al Salone del Libro di Torino domenica 12 maggio, Sala Magenta (ore 15.15).
Cento storie per cento canzoni (La nave di Teseo): Luca Barbarossa lo presenta al Salone del Libro di Torino domenica 12 maggio, Sala Magenta (ore 15.15).

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