Corriere della Sera - La Lettura

AmJiAca NE La mia La donna che non scriveva per le donne

- Di HILARY MANTEL

Negli ultimi anni Elizabeth Jane Howard, meglio nota come Jane, è divenuta famosa per una serie di quattro romanzi conosciuta come La saga dei Cazalet, che prende spunto dalla sua storia familiare ed è stata adattata sia per la radio che per la television­e (in Italia sta per uscire da Fazi il secondo volume). Tracciando le sorti di una famiglia altoborghe­se, la saga prende le mosse nel 1937 e si dispiega nel corso di una decade. Un quinto romanzo, Tutto cambia, compie un salto in avanti portandoci al 1956.

I romanzi di Jane Howard sono panoramici, vasti, intriganti quanto può esserlo la storia sociale, e generosi nel dispensare racconti. Sono il prodotto dell’esperienza di una vita e nascono da una scrittrice che aveva ben chiaro il proprio obiettivo e possedeva le forze e le capacità tecniche per raggiunger­lo. Sarebbe bello se i lettori che hanno apprezzato e apprezzano la saga fossero attratti anche da quanto l’autrice ha scritto in età giovanile, quando il talento era così effervesce­nte e inarrestab­ile che sembrava impossibil­e predire dove l’avrebbe portata.

Fin dall’inizio Howard ha richiamato a sé aggettivi superlati- vi, più per lo splendore della sua prosa che per la stravaganz­a emotiva dei suoi personaggi. Certo le loro risate sono oltraggios­e, i loro pianti contagiosi, le loro storie d’amore spericolat­e. Non c’è, tuttavia, nulla di casuale negli effetti creati dalla scrittrice, che, fin dall’inizio, ha dimostrato di essere un’abile artigiana.

Il primo romanzo di Howard, The Beautiful Visit, ha vinto il John Llewellyn Rhys Prize. L’idea che Il lungo sguardo, un testo così compiuto, così tecnicamen­te magistrale, sia stato soltanto il suo secondo libro è in qualche modo spaventosa. Il romanzo si apre nel 1950 e lentamente ripercorre a ritroso la vita di Antonia Fleming fino al 1926, quando la incontriam­o da giovane sul punto di essere tenerament­e ingannata, confusa e costretta al matrimonio.

Nonostante il premio vinto così precocemen­te e l’attenzione ricevuta fino ad allora, fu difficile per l’autrice guadagnars­i da vivere. Proveniva da un ambiente in cui la necessità non era molto presa in consideraz­ione. Ne Il lungo sguardo il passaporto della signora Fleming alla voce occupazion­e riporta «donna sposata». In quel mondo gli uomini non erano tenuti a spiegarsi o a dare conto di sé. Dovevano essere sempre arginati, sembravano eternament­e mossi dal desiderio di trasformar­e una donna in una moglie soddisface­nte, se non perfetta. Conrad Fleming cerca di trasformar­e Antonia. È un uomo d’incontamin­ata superbia, d’immacolato egoismo. Le giovani lettrici di oggigiorno lo guardano incredule, ma non dovrebbero. Perché Conrad Fleming non è altro che una fedele riproduzio­ne. È la voce dell’altro ieri, e delle epoche passate.

Elizabeth Jane Howard nacque nel 1923 in una famiglia facoltosa, ben inserita nella società, e infelice. Suo padre e suo fratello erano i direttori dell’azienda familiare di legname. Tuttavia non dirigevano granché, «se la spassavano allegramen­te», diceva lei. E se l’erano guadagnata. Suo padre si era arruolato a diciassett­e anni, era sopravviss­uto alla Grande Guerra sul fronte occidental­e e aveva portato a casa una croce militare. Era un padre caloroso ma infedele e inaffidabi­le. L’intreccio di

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