Corriere della Sera - La Lettura
Senza regole. Come un letto verticale
Un gruppo di casette sparse nel bosco, realizzate con gli artigiani del luogo. La scuola di Trébédan, in Francia, costruita con l’aiuto delle maestre, del sindaco, degli abitanti. Una serie di specchi per guardarsi dentro, prima di dedicarsi agli altri. E lasciare la presa del presente. Il design secondo Matali Crasset. Una visione che va oltre l’oggetto e la sua funzione. Ma abbraccia la comunità, coinvolge le persone e il loro stare insieme, coniuga lo spazio con le esigenze di chi lo vive, mettendo l’uomo al centro. Per Reinventare un mondo comune, come suggerisce la mostra dedicata alla poliedrica progettista in programma all’UniCredit Pavilion di Milano dal 14 al 17 aprile. «Una piccola utopia su scala umana».
Installazioni, opere a tema, laboratori e animazioni per interrogarsi sul legame tra il design e il sociale, per arrivare a una nuova riflessione sulla comunità. È il percorso avviato da Crasset, designer francese che con le sue creazioni sconfina nell’arte, nell’antropologia, nella sociologia. E persegue «la volontà di stimolare un pensiero, suscitare curiosità, incoraggiare la creatività individuale». Perché il designer «è colui che, attraverso la sperimentazione, prende per mano la collettività, si dà alla gente per realizzare un percorso partecipativo e di aiuto reciproco». Una concezione ampia del lavoro di progettista. «Ma molto flessibile, a differenza dell’architettura, che rende tutto più complicato, troppe regole, troppi numeri». Meglio una dimensione piccola, umana. «Come le mie casette nel bosco, venti metri quadrati senza alcun permesso».
Minuscoli rifugi tra gli alberi. Che saranno riproposti a Milano, in Reinventare un mondo comune, nella sezione (sono in tutto quattro) Vent des Forêts, programma realizzato per il centro d’arte contemporanea a cielo aperto nella foresta della Lorena, in cui dal 1997, ogni anno, dieci artisti creano opere monumentali. Si tratta appunto di case in legno, Les Mai s o n s S y l v e s t r e s , d ot a te d i o g n i comfort, costruite per ospitare i visitatori; ideate da Crasset e «fatte» dagli artigiani locali (forniture interne comprese) lungo il sentiero che collega sei villaggi agricoli. Tutto in esposizione. «Non è il mio progetto, è il loro, io ho solo fornito una suggestione iniziale». Come Le Blé en Herbe, altra «utopia» di Crasset che rappresenta la ristrutturazione della scuola di Trébédan, villaggio francese con 360 anime. «Abbiamo creato un amb i e nte a p e r to , d i c o ndi v i s i o ne . Con un’anima artistica e pedagogica, inclusiva, ecologica, sostenibile». Sempre per i piccoli, questa volta però a Milano, c’è una mostra nella mostra: al Pavilion troveranno posto i personaggi Fl’om nella Blobterra e Globo e i castelli d’acqua, oltre al gioco di costruzione interattivo Tubuland. La consapevolezza: «Progettare per i bambini non è più difficile del disegnare per gli adulti, ma è sicuramente più gratificante. Immaginare lo spazio per loro, con loro, è un piacere senza filtro». Ed è solo l’inizio.
Un’attività collettiva. Condivisa. Sharing design si potrebbe dire. Tutti mettono a disposizione competenze individuali ed energie diffuse. «E visto che — continua Crasset — per fare le cose con gli altri devi stare bene con te stesso», ecco che l’esposizione milanese prevede un’altra sezione. È un’installazione artistica, La Trama Ancestrale, e propone tre dispositivi sperimentali che creano una distorsione spaziale e temporale. «Durante il Salone del Mobile — illustra a “la Lettura” Crasset, che sarà a Milano nei giorni della mostra e, quindi, del Salone stesso — ci si aspetta sempre qualcosa di forte, di diverso e stupefacente. Quello che ho voluto fare all’UniCredit Pavilion è esplorare la parte spirituale dell’oggetto analizzando il mondo interiore». Uno spazio nell’io. Che parte da una serie di specchi collegati a sensori «per unire l’immagine esteriore che abbiamo di noi e ciò che abbiamo dentro». Segue il «facilitatore per lasciare la presa», pedana circondata da schermi: «Per lasciarsi andare, staccarsi dalle cose che pesano, dimenticare la quotidianità». La struttura esagonale è composta da schermi che proiettano animazioni interattive e invitano lo spettatore a imitare ciò che appare sul video, in una sorta di fluttuazione aerea. «L’uomo ha i piedi per terra e la testa fra le nuvole». Infine, per guardare nella nostra memoria: una cascata di immagini artistiche proiettate sui diversi livelli invita a pensare alla propria genealogia. Nel segno dell’introspezione. «Dobbiamo stare bene in casa nostra per poter parlare con i vicini».
Filosofia applicata al progetto: «In un’epoca in cui guardiamo troppo l’aspetto esteriore, la facciata, dobbiamo tornare a vedere come funziona la nostra testa. A poco a poco saremo più forti».
Il motore introspettivo, il facilitatore, la cascata mnemonica. Visioni di una creativa fuori dagli schemi, amatissima, considerata un’artista più che una designer. Lei non si scompone e precisa: «E invece sono una designer, il che non vuole dire solo fare mobili o oggetti. L’oggetto è spazio nello spazio, va pensato nella sua collocazione. Il letto che ho realizzato nel 1995 e intitolato Quand Jim monte à Paris, quando Jim va a Parigi, è una colonna verticale (srotolabile) che scardina il concetto di letto e i codici del nostro abitare quotidiano».
All’interno dell’esposizione — fortemente voluta da UniCredit «per creare un luogo al servizio della comunità», come spiega Serena Massimi, curatrice e responsabile del Pavilion — saranno presenti anche giovani designer italiani e internazionali, selezionati da Matali Crasset e impegnati a rispondere a una serie di interrogativi sulle sfide del design e della società. Isabelle Daëron e i collettivi Rond Point, Studio Fludd e Woodskin potranno esporre le loro creazioni e, sempre nel Pavilion, lavoreranno insieme a un nuovo progetto. Matali Crasset sembra soddisfatta: «Se il design prende direzioni diverse migliora, si arricchisce. La sua strada è escogitare tante strade. Per una nuova convivenza». Condivisa.