Corriere della Sera - La Lettura
La ricomparsa di Majorana
che non sia davvero questa la scelta migliore per rappresentare un uomo di cui non si sa più nulla da quasi ottant’anni.
Beveva molto latte, Ettore Majorana, e per questo soffriva d’ulcera, ci svela la voce narrante di Marco Foschi, velata e segreta proprio come quella del nostro fisico geniale, davvero troppo geniale per non soffrire di scompensi, anche se nel docu-film Guerra e Rebotti si ostinano a volerlo descrivere come «normalissimo» ed è forse questa l’unica cosa alla quale è difficile credere nella loro ricostruzione che ha il timbro della scienza.
Davvero si può dire che Ettore Majorana fosse «normalissimo»? Uno che metteva in seria difficoltà intellettuale Enrico Fermi e che nessuno dei ragazzi di via Panisperna ricorda di aver mai visto con una donna, nemmeno nel segreto dei bordelli della Suburra. Doveva avere una sensibilità che lo ha schiacciato, questo fisico che quando era bambino di tre anni si metteva sotto il tavolo della cucina e — su richiesta — era capace di estrarre a mente radici quadrate a tre cifre. Quanto deve essergli pesato che fosse proprio Enrico Fermi a firmare per lui l’assegnazione a Napoli della cattedra per chiara fama, così da non disturbare il concorso di Roma? Quanto deve avere sofferto che fosse proprio Enrico Fermi a scippargli lavori da pubblicazioni senza mai mettere il suo nome in calce? Quanto deve aver capito in anticipo tutto sulle scoperte nucleari che avrebbero aperto la strada alla bomba atomica?
Anche nel docu-film questa rimane la tesi in qualche modo prevalente come motivazione: Ettore Majorana sparisce dal mondo dopo aver ripetuto che «siamo sulla strada sbagliata». E con questo metteva in dubbio tutte le scoperte e il lavoro dell’istituto di via Panisperna.
Ma forse, come al solito, la spiegazione più semplice è sempre alla fine la più vera. Ce la racconta la voce narrante, all’inizio del film, quando Ettore, figura animata, attraversa la pellicola con un cappello a tese larghe e scopriamo che sì, lui «soffriva per mancanza di amore».
Nessuno mi troverà arriverà nelle sale in alcune città italiane — tra queste Roma, Torino, Milano, Firenze, Bologna — e chissà se all’Istituto Luce si sono accorti di aver scelto per l’uscita una data assai emblematica: il 15 aprile.
Perché il 15 aprile 1987 spariva dalle scene della storia un altro grandissimo, la cui vita rimane altrettanto misteriosa come la sua scomparsa: l’economista Federico Caffè.